In tutta Italia si sono moltiplicate, in queste settimane, le iniziative contro la guerra e l’invio di armi in Ucraina, sostenute da varie fasce della popolazione civile. Nella giornata di oggi, nel porto di Genova, il Coordinamento nazionale dei lavoratori portuali USB ha indetto uno sciopero di 24 ore, con un presidio iniziato alle 6 di questa mattina a ponte Etiopia. Contemporaneamente, a Roma, studenti afferenti a diversi movimenti e collettivi hanno occupata la facoltà di Lettere dell’Università “La Sapienza”. Le rimostranze, viste da ottiche differenti, convergono nel medesimo punto fermo: un “no” deciso alla guerra e all’invio di armi da parte dell’Italia nei contesti di conflitto.
Da Roma a Genova, una linea rossa di solidarietà vede due contesti differenti mobilitarsi per uno stesso scopo: l’opposizione netta e irremovibile alla guerra. Nel più grande porto italiano i lavoratori afferenti al Coordinamento nazionale dei lavoratori portuali USB hanno indetto una giornata di sciopero, ritrovandosi nelle primissime ore di questa mattina per il presidio a ponte Etiopia. La protesta coincide con l’arrivo, nel porto di Genova, della nave saudita Bahri “carica di armamenti statunitensi”. Le ragioni della mobilitazione sono tanto ideologiche quanto pragmatiche. Il tema della guerra e del lavoro, scrivono i portuali sul portale del sindacato, sono strettamente collegati: pensarla diversamente “sarebbe un errore, soprattutto per noi lavoratori portuali che lavoriamo a stretto contatto con le merci e non vogliamo essere complici della guerra movimentando armamenti di qualsiasi tipo e qualsiasi destinazione nei nostri scali”.
Da un lato, ricordano i portuali, il punto fermo del ripudiare la guerra è stato messo da parte da decenni “in ossequio a interessi industriali e geopolitici del tutto estranei ai lavoratori”. Dall’altro, a pagare le spese del conflitto “saranno proprio i lavoratori e le lavoratrici […] attraverso l’aumento del costo dei beni energetici come gas e petrolio e delle spese militari. Tutto ciò porterà a contraccolpi devastanti per il nostro Paese. I licenziamenti di massa e le ristrutturazioni, che non si sono mai fermate, andranno avanti senza sosta”. La popolazione, riporta il comunicato, non si è ancora ripresa dalle conseguenze della pandemia e già deve subire le ripercussioni della guerra, senza che all’aumento del carovita corrispondano adeguati aumenti salariali.
Contemporaneamente, a Roma, un centinaio di studenti provenienti da varie realtà e movimenti ha occupato la facoltà di Lettere dell’Università “La Sapienza” a partire dalle ore 20 di ieri, mercoledì 30 marzo. L’iniziativa, scrivono, è volta a ricordare come “Garantire un’università pubblica necessita la fine degli accordi di Sapienza con la multinazionale Leonardo, ottava multinazionale al mondo che fa profitto con i soldi delle bombe, delle armi, e dei mezzi militari venduti in tutto il mondo, che alimentano i conflitti che Sapienza dice di ripudiare. Saperi critici e liberi non possono esistere senza eliminare le ingerenze da chi ciò che studiamo lo influenza per i propri profitti”.
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Gli studenti hanno espresso piena solidarietà con la mobilitazione dei portuali, ricordando come le proteste contro l’invio di armi in contesti di guerra non siano nate nell’ambito del conflitto ucraino ma si protraggano da anni, nel silenzio della narrazione mediatica mainstream. La mobilitazione di Genova di oggi, inoltre, conferma la partecipazione del sindacato alla mobilitazione operaia generale che si terrà a Roma il prossimo 22 aprile.
[di Valeria Casolaro]
Era ora che qualche studente si svegliasse, ma non mi stupisce il tempo di reazione…
La Costituzione ormai è carta igienica, l’Italia ripudia la guerra e vi partecipa o invia armi a chi la fa.