Nei giorni scorsi Larry Fink ha dichiarato che pandemia e guerra in Ucraina sono destinate “a segnare tre cambiamenti epocali all’interno dell’attuale ordine globale”, tra cui la fine della globalizzazione “così come l’abbiamo conosciuta fino ad oggi”. Sulla stessa lunghezza d’onda sembrerebbe essere il Fondo Monetario Internazionale (FMI) che, attraverso un documento di lavoro di uno dei suoi più alti funzionari, Gita Gopinath, ha dichiarato che: “Le sanzioni finanziarie senza precedenti imposte alla Russia dopo l’invasione dell’Ucraina minacciano di diluire gradualmente il predominio del dollaro USA e di tradursi in un sistema monetario internazionale più frammentato. Il dollaro rimarrebbe la principale valuta globale anche in quel panorama, ma la frammentazione a un livello più piccolo è del tutto possibile”.
Verso questa direzione potrebbero essere letti alcuni eventi avvenuti nei giorni scorsi. Primo fra tutti l’incontro di ieri fra i rappresentanti di India e Russia basato sulla volontà di fondare un meccanismo di pagamento rupia-rublo. L’obiettivo delle autorità indiane sembrerebbe essere quello di intensificare i rapporti commerciali con il Cremlino, bypassando così le sanzioni imposte alla Russia nelle ultime settimane. Va ricordato, infatti, che a inizio marzo l’Assemblea generale dell’ONU ha approvato la risoluzione di condanna dell’invasione russa dell’Ucraina con 141 voti a favore, 5 contrari e 35 astenuti, tra cui proprio l’India. Creare un meccanismo di pagamento rupia-rublo vorrebbe dire intensificare i rapporti bilaterali, in linea con la direzione presa dalla Comunità internazionale negli ultimi decenni e a dimostrazione di come le analisi di Larry Fink e Gita Gopinath siano basate sulla concretezza di possibili scenari futuri. Uno di questi è condiviso da entrambi gli esperti e riguarda l’adozione generalizzata di monete digitali, citata sia nella lettera inviata dall’amministratore delegato di BlackRock agli investitori sia nel documento del Fondo Monetario Internazionale riportato dal Financial Times. Al suo interno emerge anche un altro dato interessante, che dimostra come negli ultimi vent’anni le riserve di dollaro possedute a livello mondiale rappresentino non più il 70% ma il 60% del totale accumulato, segno di una maggiore rilevanza acquisita negli ultimi due decenni da altre valute. Parte del declino è dovuto, secondo Gita Gopinath, al massiccio uso del renminbi, moneta cinese.
Un ulteriore indizio a favore della tesi che vedrebbe il dollaro statunitense in crisi è rappresentato dalle dichiarazioni del Presidente venezuelano Nicolás Maduro riguardanti la creazione di un nuovo sistema finanziario. Secondo Maduro, i cosiddetti Paesi BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa) sono «i cinque Paesi emergenti che hanno iniziato a costruire un’architettura di cooperazione finanziaria e politica» attraverso accordi bilaterali non incentrati sul dollaro e che «mirano a essere i principali protagonisti del mondo che sta nascendo». Il Presidente venezuelano ha poi ribadito la necessità di un nuovo sistema di pagamenti internazionali, «stabile e capace di sostituire l’attuale sistema SWIFT», da cui il Venezuela è stato rimosso in seguito alle contestate elezioni del 2018.
[Di Salvatore Toscano]