A una settimana dallo scoppio della crisi istituzionale, il Parlamento del Pakistan si è riunito oggi per votare il nuovo primo ministro, dopo che Imran Khan ha incassato un voto di sfiducia. A succedergli sarà Shebhaz Sharif, le cui posizioni politiche sono più vicine all’Occidente di quelle dell’ex primo ministro. Le motivazioni addotte al voto di sfiducia nei confronti di Khan risiederebbero nella sua incapacità di risollevare l’economia dopo la pandemia da Covid e nella cattiva gestione pubblica, ma Khan sostiene che dietro la sua caduta vi siano gli Stati Uniti, non contenti delle sue posizioni politiche e della sua vicinanza con Putin e la Cina.
Da quando ha ottenuto l’indipendenza dalla Gran Bretagna nel 1947, il Pakistan non ha mai visto arrivare a fine mandato nessuno di coloro che hanno ricoperto la carica di primo ministro. Tuttavia, è la prima volta in cui un leader viene costretto a rinunciare alla carica per via di un voto di sfiducia. Questo è quanto accaduto a Imran Khan, salito al potere nel 2018 dopo 75 anni di governo militare nel Paese. Il programma conservatore di Khan era ben visto dai militari, ma con il tempo il sostegno sembra essere venuto meno a causa della sua incapacità di tirare fuori il Pakistan dalla crisi economica che ha seguito la pandemia, oltre che per alcune scelte in materia di politica estera. Nella prima settimana di aprile il dissesto economico ha causato uno dei più alti aumenti dei tassi di interesse da decenni.
Thank you to all Pakistanis for their amazing outpouring of support & emotions to protest against US-backed regime change abetted by local Mir Jafars to bring into power a coterie of pliable crooks all out on bail. Shows Pakistanis at home & abroad have emphatically rejected this
— Imran Khan (@ImranKhanPTI) April 10, 2022
L’ex primo ministro è tuttavia convinto che dietro alla propria destituzione vi sia la mano del governo americano, nonostante Washington neghi il tutto. Il giorno dello scoppio della guerra in Ucraina, infatti, Khan si trovava in visita a Mosca per incontrare il presidente russo Putin, mossa non gradita agli Stati Uniti, che ostentano un pacato disinteresse per la crisi istituzionale in corso. Lisa Curtis, ex direttrice senior del Consiglio di sicurezza nazionale di Trump per l’Asia meridionale, ha definito la visita di Khan a Mosca “un disastro” in termini di relazioni con gli USA e che un nuovo governo potrebbe aiutare a riparare “in qualche misura” i legami. “Poichè è l’esercito che decide le politiche che interessano davvero agli Stati Uniti, cioè l’Afghanistan, l’India e le armi nucleari, gli sviluppi politici interni pakistani sono in gran parte irrilevanti per gli Stati Uniti” ha detto Curtis.
Il Pakistan, che consta di 220 milioni di abitanti, si trova tra Afghanistan, Cina e India, una posizione geografica di strategica importanza e interesse per gli Stati Uniti. Si stima che il Paese disponga inoltre di 165 testate nucleari nel 2022 e, secondo le stime di Arms Control, il suo arsenale si sta espandendo più velocemente di qualsiasi altro Paese al mondo. Washington ha sanzionato il Pakistan in più occasioni, in passato, proprio a causa delle violazioni degli accordi di non proliferazione.
Recentemente Khan aveva espresso il desiderio di avvicinarsi alla sfera di influenza cinese e russa: lui stesso non si definiva antiamericano, ma si sosteneva di opporsi allo sfruttamento del suo Paese per gli scopi degli Stati Uniti. Dopo aver ricevuto il voto di sfiducia, Khan ha apertamente accusato Washington di aver messo in atto un “cambio di regime”, motivato dal fatto che contrariamente ai suoi oppositori lui non poteva essere “usato come un burattino dall’Occidente”. Migliaia di sostenitori dell’ex leader si sono riversati nelle strade delle principali città pakistane, questa domenica, per protestare contro l’estromissione di Khan. I manifestanti hanno bloccato diverse strade e urlato slogan contro gli USA.
[di Valeria Casolaro]