Un documentario del 2021 di 46 minuti, diretto da Leonardo Lo Frano visibile su RaiPlay. L’emblematico titolo di questo documentario rende perfettamente l’idea di quanto la plastica abbia creato una vera e propria guerra dove si fronteggiano interessi economici enormi e alcune coscienze che, soprattutto ultimamente, si sono rese conto di quanto questo diffusissimo materiale, che negli anni del secondo dopo guerra sembrava avesse risolto tanti problemi, sia dannoso per l’ambiente. Gli autori vogliono comunicare fin da subito quale realmente sia, anche visivamente, il differente approccio che c’è fra le parti che si confrontano in questa battaglia. Con un ben studiato gioco cromatico di foto in bianco e nero e riprese a colori differenziano distintamente una visione artistica e di denuncia da quella che svela quanti retroscena, quante cose non dette ci siano sull’argomento plastica. Quanti comportamenti opachi nel dare vero impulso a un riciclo che, ben lontano dall’essere totalmente risolutivo, è certamente una pratica corretta ed indispensabile.
Nel susseguirsi delle immagini, due mondi paralleli si delineano: Castel Volturno e Bruxelles. A Castel Volturno il fotografo Giovanni Izzo da anni testimonia, con i suoi inconfondibili scatti, l’inaccettabile degrado di quei luoghi un tempo bellissimi e ritrae il giovane migrante Steven, che guarda ai rifiuti con creatività artistica trasformandone l’osservazione in utilità. Bruxelles dove le lobbies, società di consulenza privata come “Eamonn Bates”, regolarmente iscritte nei registri e quindi legalmente riconosciute, tutelano gli interessi di petrolieri e grossi produttori di materiali plastici ma anche di aziende d’imballaggi e della grande distribuzione di cibi e bevande come Burger King, Mcdonald’s e Sturbucks. Là si decide il destino di 27 paesi e di 446 milioni di persone. Un business che produce 396 milioni di tonnellate di plastica su scala globale ogni anno, con un indotto di 840 miliardi di euro cui non si vuole rinunciare usando ogni mezzo lecito ma talvolta anche arbitrario, come riuscire a ritardare la scadenza della direttiva Europea SUP (Single Use Plastics), che di fatto proibisce l’uso della plastica monouso, o di sostenere il riciclo come sola e unica soluzione pur di non modificare il modello di produzione e non rinunciare ad un lucroso business. L’influenza delle lobbies è così grande da condizionare scelte e decisioni politiche che vadano principalmente a vantaggio dei loro clienti. Associazioni del settore come Plastics Europe, che ogni anno spende milioni di euro per fare attività di lobbying, possono contare sull’influenza che sempre più i lobbisti hanno presso le Istituzioni Europee. Partecipano alle riunioni del Consiglio, trattano direttamente con uomini politici, convincendo, talvolta sotto forma di velata minaccia, che certe restrizioni imposte alle aziende del settore porterebbero ad una perdita di milioni di posti di lavoro.
Attivisti e ONG continuano a battersi contro questo sistema e per il suo radicale cambiamento, ma anche per una maggiore responsabilità da parte dei cittadini che devono compiere un effettivo cambiamento culturale che modifichi vecchie abitudini ormai insostenibili fino a raggiungere lo “zero rifiuti”. Poiché come dice un personaggio nel filmato, «non è vero che il mare distrugge tutto come si credeva una volta, il mare viene distrutto». Dopo 60 anni la plastica economica e di largo consumo creata dal premio Nobel per la Chimica Giulio Natta insieme a Karl Ziegler nel 1963 mostra sempre di più il suo lato oscuro.
[di Federico Mels Colloredo]