domenica 22 Dicembre 2024

L’Italia non vuole le trivelle, il ministero di Cingolani portato davanti al Tar

Cinque regioni e ventiquattro comuni hanno fatto ricorso al Tar del Lazio contro le decisioni, in materia di estrazione di idrocarburi, dei ministeri della Transizione ecologica, della Cultura e dello Sviluppo economico. Ad essere contestato, in particolare, il controverso Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee (PiTESAI) pubblicato lo scorso 11 febbraio in Gazzetta Ufficiale. Un Piano, da subito fortemente criticato dalle principali associazioni ambientaliste, che individua mezza Italia come idonea per l’estrazione di gas, nonostante una Transizione ecologica che dovrebbe portare all’abbandono di ogni fonte fossile. Così, ora, le critiche si sono trasformate in azioni di opposizione concrete.

Con la firma dell’avvocato Paolo Colasante e con la collaborazione del costituzionalista Enzo Di Salvatore, a ricorrere sono i Comuni di: Alba Adriatica, Martinsicuro, Pineto e Silvi, in provincia di Teramo; Baragiano, Barile, Lavello, Maschito, Montemilone, Rionero in Vulture, Ripacandida e Venosa, in provincia di Potenzia; Atena Lucana, Buonabitacolo, Monte San Giacomo, Montesano sulla Marcellana, Padula, Polla, Sala Consilina e Teggiano, in provincia di Salerno; Carpignano Sesia, in provincia di Novara; Lozzolo, in provincia di Vercelli; Noto, in provincia di Siracusa. A questi si aggiungono le regioni Abruzzo, Basilicata, Campania, Sicilia e Piemonte. La loro richiesta è semplice: il PiTESAI è illegittimo e va quindi annullato, in primo luogo, a causa del ritardo nella sua adozione. Secondo legge n.12 del 2019, infatti, il Piano avrebbe dovuto essere adottato entro il 30 settembre 2021, ben sei mesi prima di quando effettivamente è stato reso pubblico.

Inoltre, è il contenuto stesso del documento a far discutere poiché – a detta dei ricorrenti – in contrasto con la normativa e la giurisprudenza europee. Il Piano non tiene infatti conto degli effetti cumulativi dei progetti esistenti o futuri. «La pianificazione voluta dal legislatore – scrivono – avrebbe dovuto valutare se la sommatoria dei progetti esistenti e potenziali possa recare danno al bene ambientale». Invece, non vi è traccia alcuna di valutazioni di questo tipo. L’accento viene poi messo sulle recenti modifiche costituzionali le quali hanno incluso la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni, tra i principi fondamentali, subordinando la libertà di iniziativa economica alla tutela ambientale. «Tali modifiche della Carta fondamentale – sottolineano quindi regioni e comuni – non possono rimanere prive di effetti concreti». Contestato poi il carattere generale del Piano il quale, anziché definire nettamente dove è possibile e dove non è possibile svolgere attività estrattive, rappresenta un «atto di indirizzo generale al fine di guidare la gestione delle procedure».

In ultimo, il PiTESAI, sebbene garantisca che nelle aree idonee il procedere delle attività connesse ai permessi di ricerca di idrocarburi si limiti esclusivamente al gas, i ricorrenti fanno notare che, in realtà, tutte le volte in cui si menzionano dette concessioni, non si fa distinzione tra idrocarburi liquidi e gassosi e spesso ci si riferisce espressamente a entrambe le tipologie, gas e petrolio. Difatti – evidenziano i ricorrenti – non è possibile conoscere prima delle perforazioni «il contenuto di quanto deve essere ancora cercato e, pertanto, non potranno mai essere accordati permessi per una sola tipologia di idrocarburi». In definitiva il ricorso, sostenuto anche dal Coordinamento No Triv, mette in luce le falle di un Piano controverso e paradossale fin dal suo intento iniziale. Secondo quale logica sia possibile accostare i termini ‘sostenibilità’ ed ‘estrazione degli idrocarburi’, resta infatti un mistero. Un Piano, tra l’altro, inutile, dato che impedisce nuove attività di ricerca solo in regioni prive di giacimenti fossili e in aree già da tempo interdette per legge alle trivelle.

[di Simone Valeri]

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1 commento

  1. No Tav, No Trivelle, No Nucleare… in questa Italietta tutto è sempre NO e il Governo MUTO.
    Quando si tratta di colpire i “SINGOLI” 60Ml di Italiani con la scusa del “LO FACCIAMO PER IL VISTRO BENE”, basta una cabina di regia e tutto si attua in 48h.
    Quando si tratta di dedicare il 2% del pil alla guerra, basta un colpo di fiducia e tutto passa.
    Basta ipocrisie, adesso serve l’autosufficienza energetica, i soldi del PNRR DEVO SERVIRE PER QUESTO SCOPO, non per nuove inopportune basi militari.
    Ma forse non è che con l’autosufficienza energetica l’Italia può diventare diciamo… TROPPO autonoma???
    Le rane ormai purtroppo sono bollite!!!

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