Lo scorso 11 aprile si è tenuta l’assemblea dell’Ordine dei Medici di Torino per l’approvazione del bilancio consuntivo annuale: quest’ultimo, però, è stato sorprendentemente bocciato grazie all’opposizione di 126 medici, che hanno espresso voto contrario. Una vera e propria mossa strategica che di certo non è stata fine a se stessa, essendo in realtà servita ad esternare quello che è un disagio diffuso all’interno della classe medica. Ad essersi schierati contro l’approvazione del bilancio, infatti, sono stati medici sia vaccinati che non vaccinati, e dunque sia in attività che sospesi, che ritengono si debba dare vita ad una discussione sul ruolo del medico e dell’Ordine dei Medici nella cura dei pazienti, il quale “negli anni e soprattutto con la pandemia è stato fortemente modificato e influenzato dalle politiche governative”. A sottolinearlo è un documento, redatto dalla dott.ssa Rossana Becarelli e dal professor Ciro Isidoro, a nome dei medici torinesi che hanno bocciato il bilancio ed in rappresentanza delle Associazioni di professionisti di area medica e cittadini tra cui ContiamoCi!, Società Italiana di Medicina, ed Eunomis. All’interno dello stesso, infatti, viene specificato che i 126 medici di Torino non sono soli, bensì “si muovono in modo coordinato e organizzato all’interno di varie associazioni di professionisti dell’area medica che includono anche altri operatori della sanità”, tra cui quelle sopracitate.
“I medici di Torino non sono No Vax: sono professionisti seri e responsabili che difendono l’etica del loro ruolo, l’indipendenza della professione e il fondamentale principio di autodeterminazione“, si legge poi nel documento, nel quale si sottolinea che però “questi sanitari, in prima linea nel 2020, molto spesso anche guariti dall’infezione, non possono più lavorare se non si sottopongono al vaccino”. Tuttavia si tratta – precisano gli autori del testo – di un vaccino che “presenta molte incognite e ci obbliga ad una riflessione sul reale rapporto beneficio/rischio di una campagna vaccinale di massa” nonché “ad una accurata valutazione personalizzata dell’effettiva utilità della vaccinazione caso per caso”. È dunque evidente che per assolvere al compito fondamentale della professione medica – ovverosia quello di curare i pazienti in scienza e coscienza – quest’ultima debba assolutamente essere autonoma ed indipendente, e quindi per forza di cose “libera da conflitti di interesse tanto quanto da coercizioni e ricatti”. È questa la convinzione dei “Medici per la Medicina Umanistica”, denominatisi in tal modo proprio poiché aventi l’obiettivo di recuperare la dimensione umanistica della medicina. Per farlo, però, c’è bisogno di smuovere l’Ordine, che dovrebbe aprire un “dibattito franco ed approfondito” su diversi temi.
Nello specifico, la discussione dovrebbe riguardare innanzitutto il “ruolo autonomo e indipendente” che l’Ordine dovrebbe “riaffermare in contrasto con la posizione subalterna alla politica subita nel corso della recente pandemia a detrimento e mortificazione della posizione lavorativa e di ruolo professionale dei propri iscritti”. Inoltre, dovrebbe avere ad oggetto gli “effetti e le conseguenze della politica sanitaria condotta in Italia per il contenimento della pandemia”, le “terapie domiciliari precoci”, “l’efficacia e la sicurezza dei vaccini in commercio”, “tutte le prove scientifiche relative a tali punti”, “l’informazione corretta e realmente trasparente da fornire alla popolazione a tutela della sua salute” e “la formazione agli iscritti in base a quanto emerso dai punti precedenti”. Infine, l’Ordine dovrebbe assumere pienamente la propria funzione di rappresentanza di tutta la categoria medica ed intervenire in ogni sede istituzionale per discutere “dell’opportunità della sospensione di medici in un momento di particolare emergenza sanitaria e di ingravescente decurtazione degli organici” e “degli investimenti finanziari indispensabili per garantire un servizio efficiente al paziente”. Sono queste, dunque, le rivendicazioni dei Medici per la Medicina Umanistica, i quali ritengono che in tal modo verrebbe perseguito l’intento comune: “ristabilire una medicina umanistica per la salute degli individui e della comunità”.
[di Raffaele De Luca]