Da più di due anni il Libano si trova a fare i conti con una delle più grosse crisi finanziarie mai affrontate nel paese, negli ultimi 10 anni. In questi giorni la situazione è diventata ancora più drammatica, insinuandosi sempre più nel quotidiano della vita dei cittadini: comincia a scarseggiare il pane. Per quale motivo? Manca il grano, conseguenza diretta della guerra tra Russia e Ucraina, che qui sta mostrando, probabilmente più di ogni altro paese, i suoi frutti già maturi. Infatti, una nota pubblicata da Farid Belhadj, vicepresidente della Banca mondiale per la regione del Medio Oriente e del Nord Africa, ha evidenziato che il Libano importa oltre il 90% dei suoi cereali da Ucraina e Russia.
Mentre alcuni panifici si sono già arresi, abbassando definitivamente la saracinesca, altri sono in procinto di farlo, lamentando una penuria di farina tale da non poter più soddisfare il fabbisogno della popolazione. Le scorte, infatti, possono arrivare a coprire la richiesta di pane per soli ulteriori 10 giorni, dopo i quali i granai saranno definitivamente vuoti. Che la situazione sia critica, lo ha confermato anche la Federazione dei sindacati dei mulini e dei fornai del Libano, secondo la quale il paese “è sull’orlo di una crisi dei farinacei dopo che diversi mulini hanno interrotto il loro lavoro”. E quando alla popolazione manca il pane di bocca, non è raro che si verifichino episodi di violenza. Negli scorsi giorni, ad esempio, nella periferia di Beirut una persona è stata ferita da alcune pallottole sparate in coda davanti ad un panificio. Questo episodio potrebbe essere solo il primo di una lunga escalation. Cosa che la classe politica non si augura affatto, viste le imminenti elezioni legislative del 15 maggio prossimo.
Anche se il Ministro dell’Economia Amin Salam continua a ribadire che una soluzione sarà trovata nell’arco di pochissimo tempo (in ore, addirittura), e il Governo ha recentemente previsto l’impiego di 15 milioni di dollari per gli acquisti urgenti di grano, la Banca centrale non avrebbe comunque i fondi necessari per poter pagare a lungo importazioni di grano estero (con i prezzi attuali). Per il Libano la mancanza di pane aggrava ulteriormente una situazione che, secondo l’Onu, vede più di due terzi della popolazione vivere in povertà, con il valore d’acquisto della moneta (la lira) che è praticamente sprofondato nell’arco di due anni (ha perso più del 90%). Eppure, c’era un tempo in cui il Libano si fregiava dell’appellativo di “Svizzera del Medio Oriente”, soprannome guadagnatosi grazie alla prosperità che aveva costruito.
Ad oggi, invece, per il paese sta diventando quindi di vitale importanza rafforzare e incrementare la produzione interna. Proprio lo scorso mese il Consiglio dei ministri del Libano aveva dato il via libera ad un progetto agricolo nazionale, per garantire l’autoproduzione di almeno il 30 per cento del fabbisogno di grano tenero della popolazione locale. Potrebbe tuttavia essere arrivato troppo tardi: quelle che il Libano sta scontando, sono solo le prime conseguenze di una guerra che sta lasciando (e continuerà a farlo) strascichi in tutto il mondo. E se anche il prezzo del grano dovesse scendere o stabilizzarsi, non potremmo dirci salvi: il costo e la reperibilità del pane non dipende solo dalla farina con cui è impastato. Bisogna tener conto del carburante, della logistica, della manodopera…
[di Gloria Ferrari]