È stato inaugurato ieri 21 aprile, a Taranto, Beleolico, il primo parco eolico off-shore dell’intero bacino del Mediterraneo. L’impianto ha una potenza complessiva di 30 Megawatt (Mw) e, a regime, potrà coprire il fabbisogno annuo di circa 60mila persone, con le sue dieci turbine in grado di generare 58 mila Megawatt/ora (Mwh) di energia. Nelle intenzioni del governo Draghi, Beleolico è il primo passo di una marcia che si vorrebbe spedita, data la recente decisione da parte del Consiglio dei Ministri di sbloccare la costruzione di sei parchi eolici tra Puglia, Sardegna e Basilicata. Il parco inaugurato ieri in una area di circa 131 mila metri quadrati nel golfo della città più inquinata d’Italia è certamente una speranza per un futuro migliore per una zona che ha legato il proprio sviluppo industriale alle industrie dell’acciaio e degli idrocarburi e ai malanni di salute da queste provocati. Anche se la presenza all’inaugurazione, al fianco dei ministri Giorgetti (Sviluppo) e Giovannini (Infrastrutture), del presidente delle Acciaierie d’Italia, Enrico Giovannini, sarà parsa quantomeno di infausto presagio a molti cittadini.
Il parco eolico rappresenta un investimento totale da 80 milioni di euro e la sua costruzione è stata realizzata da una società per azioni di nome Rexenia, secondo i cui calcoli nell’arco del suo ciclo di vita Beleolico consentirà un risparmio di circa 730mila tonnellate di CO2.
Rimane però il bisogno di velocizzare le tempistiche, perché per quanto la notizia di oggi sia positiva, ci sono voluti ben quattordici anni per arrivarci. Contro gli iter europei che invece, solitamente, durano circa sei mesi. Il problema di movimenti tanto lenti, oltre all’urgenza energetica e ambientale, sta nel fatto che nel frattempo gli impianti diventano obsoleti. Se si vuole davvero arrivare a 20 mila megawatt di potenza dell’eolico entro il 2030, nei prossimi otto anni il Bel Paese dovrebbe essere in grado di snellire certe procedure e aumentarne la velocità di almeno tre volte. Una situazione che Legambiente ha ben chiara, tanto da indire un flash mob proprio mentre il nuovo parco eolico veniva inaugurato. I partecipanti hanno fatto appello al premier Mario Draghi perché si renda conto dell’urgenza di un decreto sblocca rinnovabili, mentre al ministro della Cultura Dario Franceschini è stato chiesto di smettere di “ostacolare” la transizione ecologica, dopo fin troppi ostracismi da parte di Sovrintendenze, Regioni, Comuni e comitati locali.
L’esempio di Taranto è centrale perché luogo in cui è esistita un’acuta noncuranza, tra casi come la raffineria Eni e le ciminiere inquinanti dello stabilimento siderurgico più grande d’Europa (l’ex Ilva). Nonostante le proteste e le battaglie legali, l’Italia iniziò davvero ad agire per la salute pubblica e ambientale solo dopo la spinta da parte della Commissione europea che invitò il Paese ad adeguarsi alla nuova Direttiva 2010/75/UE (Direttiva IED) sulle emissioni industriali e i grandi impianti di combustioni. Era il 2013 e dalle prove di laboratorio fu chiaro l’inquinamento dell’aria, delle acque e del terreno di Taranto. Che Beleolico, possa quindi far tirare “una nuova aria” e rappresentare un primo step verso l’accelerazione sul fronte delle rinnovabili.
[di Francesca Naima]
Speriamo, anche perchè sperare è l’unica cosa che ci è rimasta.