Un film del 2018 di 121 minuti, del regista Sergei Loznitsa. Presentato in apertura nella selezione “Un Certain Regard” del 71° Festival di Cannes e vincitore del premio per la miglior regia. Sicuramente un film che a pieno titolo esprime il significato intrinseco che ”Un Certain Regard” ricerca nelle opere presentate in concorso. Il regista guarda con “uno sguardo particolare”, una diversa prospettiva, a volte spietata, eventi per lo più sconosciuti e talmente intricati che uniscono indissolubilmente dinamiche umane snaturate da un malessere profondo deteriorandosi sempre più con il passare del tempo e il progressivo aumento della perdita di ogni regola di comportamento. E’ dunque un viaggio attraverso il caos che regna nella regione del Donbass situata nel bacino del Donec nell’Ucraina orientale. Un quadro fittizio ispirato a eventi realmente accaduti tra il 2014 e il 2015, ricco di personaggi di vario genere, che si suddivide in un mosaico di 13 graffianti episodi, differenziati nei fatti ma allineati per le dinamiche di fondo, in cui le regole della civiltà sono ormai compromesse. In un clima gelido dominato da un celo costantemente plumbeo, Loznitsa delinea con maestria un film di finzione drammaticamente reale, in cui la verità si mescola all’inverosimile. Un ritratto tragico e satirico di un paese dilaniato nel suo tessuto sociale, dove è ormai impossibile fidarsi l’uno dell’altro, dove nessuno ne esce pulito e dove tutti tirano fuori il peggio di se mostrandoci anche con quanto cinismo i media e la TV, con l’onnipotenza delle nuove tecnologie, mescolano gli eventi fino ad alterarne i fatti solo a beneficio della spettacolarità. Con grande lucidità il regista analizza dinamiche umane ormai deteriorate e snaturate che vanno ricercate in radici profonde tanto intricate da rendere impossibile il ristabilirsi di un qualsiasi ordine civile e morale. Una spietata critica politico-sociale e anti-militarista accompagnata da un sottile umorismo caustico e grottesco che sfocia talvolta nella commedia nera. E’ un tutti contro tutti in un caos generale che regna ormai da otto anni, un inferno quotidiano che pochi di noi conoscevano prima dei recenti e consequenziali accadimenti che vedono fronteggiarsi Russia e Ucraina in un conflitto diretto. Un film kafkiano che ha il merito, pur attraverso episodi rappresentati come in un crudele specchio deformante, di far capire che quanto accade oggi ha origini molto lontane e ha motivazioni assai difficili da comprendere. Più difficili e complesse di quanto i tanti servizi giornalistici potranno mai spiegare. Tecnicamente il regista dimostra di saper fare bene il suo lavoro, alternando riprese con macchina a mano in stile reportage di guerra, suggestive inquadrature fisse e lunghi piani sequenza ben costruiti che uniti all’ottima fotografia livida e al minuzioso e raro lavoro sul suono fuoricampo riescono a immergere lo spettatore sempre di più nel atmosfere e nel vivo della situazione.
[di Federico Mels Colloredo]