Di recente sono affiorati alle cronache parecchi scandali alimentari in cui aziende di caratura internazionale hanno dovuto riconoscere gravi colpe nei loro processi di produzione, in particolare per quanto riguarda la sicurezza microbiologica degli alimenti. E si sono registrati parecchi casi in Europa di ricoveri in ospedale, intossicazioni acute e persino decessi causati da batteri come l’Escherichia coli.
Quello che desta perplessità è però il fatto che tali spiacevoli episodi non siano successi nella bottega del contadino di paese, dove magari le condizioni microbiologiche non sono regol...
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Il tema dell’educazione alimentare a 360° dovrebbe essere un argomento fondamentale nelle scuole di ogni ordine e grado al fine di sensibilizzare tutta la popolazione, puntando sulle nuove generazioni ad un consumo più consapevole e sostenibile, in un paese come l’Italia nel quale è stata “inventata” la dieta mediterranea.
Purtroppo le dinamiche di mercato, molto spesso con la complicità delle insegne della GDO, stanno portando la situazione, già esasperata, ad un livello di insostenibilità evidente e gli episodi di allerta alimentare sono un campanello d’allarme, a volte troppo sottovalutato da chi siede nella “stanza dei bottoni”, che fa emergere solamente le situazioni più eclatanti.
Sicuramente filiere brevi e selta di alimenti industriali con liste ingredienti corte dovrebbero guidarci nella scelta dei prodotti che portiamo in tavola.
Per quanto riguarda l’ultimo punto, riguardante il km0 e l’acquisto dei prodotti locali direttamente dal produttore (contadino, aziende agricole, ecc), ci sono già delle cooperative composte da famiglie che preferiscono questo genere di consumo critico e consapevole (ne faccio parte anche io dal 2015 e mi trovo benissimo). Queste cooperative sono composte da soci volontari e si chiamano GAS (Gruppo di Acquisto equo e Solidale) e hanno creato una micro-economia direttamente coi produttori locali selezionati (requisito minimo la coltivazione biologica e l’utilizzo esclusivo di prodotti biologici per le lavorazioni di prodotti non grezzi come frutta e verdura), pagando un prezzo equo a coloro che si rompono la schiena per deliziare i nostri delicati palati, senza passare da intermediari della GDO (Grande Distribuzione Organizzata) che pagano una miseria i produttori per gonfiarsi le tasche col sudore altrui. Anche questi GAS sono dotati di un proprio controllo di qualità, che settimanalmente fa controlli a campione a sorpresa, anche in loco nelle aziende agricole per accertarsi della salutarità e genuinità dei prodotti acquistati
La globalizzazione colpisce ancora
Bellissimo articolo che dovrebbe far capire ai consumatori che una delle cose da fare sempre durante gli acquisti è di leggere le etichette e i luoghi di provenienza ma per quello che vedo la maggior parte delle persone ha: fretta quando acquista, segue la pubblicità e cosa più importante (anche x motivi di scarsità di denaro) compera in base al prezzo più basso.
Bell’articolo, anche se un paio di punti non mi sono chiari (ad esempio se la salmonella supera o no i trattamenti termici a cui è sottoposto il latte in polvere: mi sembra di capire che ci siano pareri discordanti tra gli esperti in merito). Comunque complimenti.
Riguardo all’ultimo paragrafo, purtroppo noi consumatori dovremmo fare fronte comune e capire che dobbiamo essere noi a indirizzare le politiche aziendali nella direzione delle filiere corte e dei produttori locali. Se aspettiamo i politici, campa cavallo…
Molto probabilmente la salmonella viene a contatto con il prodotto, ma dopo essere stato trasformato in polvere
Buongiorno William, sono l’autore dell’articolo. Le rispondo sulla presenza di Salmonella nei latti in polvere: il batterio può rimanere anche dopo tali trattamenti, come ha spiegato il dottor Antonello Paparella nel brano che ho riportato sull’articolo relativo al caso Lactalis. L’altra possibilità è che la contaminazione avvenga dopo i trattamenti termici nelle successive fasi di produzione del prodotto (smistamento in altri reparti, dosaggio del prodotto per grammi, trasferimento presso altre fabbriche di confezionamento finale ecc.). Come spiego nell’articolo, i prodotti alimentari contaminati con Salmonella sono all’ordine del giorno da anni e sono la contaminazione principale in Europa tra quelle in ambito alimentare, quindi non si tratta di eccezioni ma di regola. Questo dimostra che il processo produttivo di tipo industriale, tanto decantato come il più sicuro da un punto di vista di sicurezza batteriologica, altro non è che una mitizzazione delle cose. Se prova a digitare su Google “salmonella contaminazione alimentare” troverà migliaia di casi di cronaca…purtroppo rendere sicuro un cibo che subisce mille passaggi produttivi e che viene prodotto in quantitativi enormi non può riuscire. La soluzione è quella di produrre il cibo in tante mini-fabbriche (tanti piccoli produttori anziché pochi grandi gruppi multinazionali) dove ogni produttore può garantire il massimo controllo prima di far uscire dalla fabbrica il prodotto, proprio perchè le quantità sono minori e controllabili non solo a campione ma nella loro interezza o perlomeno a campioni molto più estesi.
Mucca pazza ebbe origine per una alimentazione a base di farine proteiche di ruminante , ai bovini in Inghilterra . In quel caso fu un passaggio di specie .