Le dichiarazioni di ieri da parte del governo britannico sulla possibilità di colpire il territorio russo con armi NATO rafforzano il procedimento di escalation verbale avviato nelle scorse settimane, mostrando l’evidente fallimento della diplomazia. Il viceministro della Difesa, James Heappey, ha affermato che il governo britannico considera interamente legittimo l’uso da parte ucraina di armi fornite dal Regno Unito «per prendere di mira obiettivi all’interno del territorio della Russia». Mosca ha prontamente risposto, ritenendo legittimo colpire, nel caso in cui l’indiscrezione britannica prendesse forma, i paesi NATO. Mentre continuavano gli attacchi nelle città ucraine, si sono registrate nella notte delle tensioni anche all’interno del territorio russo, precisamente a Belgorod, dove un deposito di munizioni è andato in fiamme. A queste si aggiungono poi le tre esplosioni avvenute in Transnistria, uno stato a confine con l’Ucraina proclamatosi indipendente ma non riconosciuto dalla comunità internazionale.
Se da un lato gli Stati Uniti hanno ricoperto, per qualche ora, il ruolo di paciere con il segretario di Stato, Anthony Blinken, che ha dichiarato: «Siamo aperti a un accordo su Ucraina neutrale e fuori dalla NATO, se Kiev è d’accordo», dall’altro lato Boris Johnson ha rincarato la dose, affermando che «Putin ha lo spazio politico per porre fine all’invasione in Ucraina, grazie in parte alla censura dei media in Russia». Con «spazio politico», il primo ministro britannico fa riferimento alla possibilità da parte di Putin di manipolare il fronte interno, anche spacciando una ritirata per una vittoria o comunque per un’azione dalle conseguenze irrisorie, grazie al controllo dei mezzi di comunicazione. «Dato il massiccio sostegno russo per ciò che sta facendo, l’apparente indifferenza dei media russi per ciò che sta realmente accadendo in Ucraina, il paradosso è che Putin ha molto spazio politico per fare marcia indietro e andarsene», ha infine aggiunto. In un contesto così scarno di colloqui e incontri, che soltanto un mese fa facevano sperare in un accordo, l’ONU ha finalmente deciso di agire per cercare una soluzione diplomatica. Lo ha fatto attraverso il suo segretario generale, Antonio Guterres, che a Mosca ha incontrato prima il ministro degli Esteri Sergej Viktorovič Lavrov per un «dialogo molto aperto» e in seguito il presidente Vladimir Putin, che ha spiegato le condizioni del Cremlino per arrivare a una svolta nel conflitto in Ucraina, affermando che «nessuna garanzia di sicurezza potrà avere successo senza prima un accordo sulla Crimea e sul Donbass». Dall’incontro sarebbe comunque emersa la disponibilità russa, su richiesta di Guterres, a permettere alla Croce Rossa e ai rappresentanti dell’ONU di verificare il trattamento dei prigionieri di guerra ucraini.
A più di due mesi dall’inizio del conflitto, è evidente ciò che era emerso già nelle guerre precedenti, spesso dimenticate dall’opinione pubblica: il sistema internazionale non funziona e rappresenta una cornice vuota. Le relazioni bilaterali e multilaterali sono tenute spesso insieme da interessi solitari, lontani dai principi di pace, sicurezza e coesione su cui sono sorti negli anni accordi e organizzazioni internazionali, tra cui le Nazioni Unite. Cosa accade in un sistema vuoto? Le crisi non rientrano e, se lo fanno, si trovano spesso a seguire un percorso lontano dalla diplomazia ma incentrato sulla forza. La non risoluzione pacifica di un conflitto segna una sconfitta generale, e se è vero che prevenire è meglio che curare, va ricordato che alle spalle di una crisi si nascondono una o più cause. Dunque, soltanto la cooperazione, la trasparenza e l’affidamento a quei valori a cui si è deciso di sottostare per “salvare le future generazioni dal flagello della guerra, riaffermare la fede nei diritti fondamentali dell’uomo, nella dignità e nel valore della persona umana, nella eguaglianza dei diritti degli uomini e delle donne e delle nazioni grandi e piccole”¹ possono evitare l’insorgenza di conflitti a cui, abbiamo visto in passato e vediamo tuttora con il “rischio concreto di una terza guerra mondiale”², è difficile porre un rimedio diplomatico.
¹Carta delle Nazioni Unite
²Dichiarazioni del ministro degli Esteri russo, Sergej Viktorovič Lavrov
[Di Salvatore Toscano]
Chiunque vinca, noi perdiamo.
La verità è che dopo due anni di pseudo-pandemia, hanno capito che i popoli sono totalmente assueffatti al sistema e non hanno la forza di ribellarsi alle politiche dei loro padroni, perchè ormai questo sono, non di certo governanti, e quindi la guerra è sempre una grande opportunità per le classi dominanti, tanto più che a rimetterci sarà sempre e solo la popolazione di qualsiasi schieramento sia. Vittime sacrificali sull’altare del profitto, questo siamo diventati, e c’è ancora chi parla di libertà e democrazia! Che pena.
L’Onu è impotente di fronte alla politica spregiudicata, i politici che vogliono la guerra dovrebbero indossare l’elmetto e andare a farsela tra loro.