Il quadro che emerge dall’ultimo rapporto Antigone, sulla situazione delle carceri italiane, non mostra segnali rassicuranti. I dati raccolti dall’associazione evidenziano prima di tutto che – dopo un iniziale calo dovuto alla pandemia – il problema del sovraffollamento è tornato a farsi sentire: si è passati infatti dalle 53.364 presenze della fine del 2020 alle 54.134 della fine del 2021, con un ulteriore aumento registrato a fine marzo del 2022. Nelle ultime settimane, infatti, i detenuti hanno toccato quota 54.609, dato che si traduce in un tasso di affollamento medio del 107,4% (anche se per Antigone il numero reale è certamente più alto).
Le situazioni più critiche si registrano in Puglia, dove il sovraffollamento medio raggiunge il 134,5% e in Lombardia che arriva a quota 129,9%. Qui, nello specifico, l’affollamento ha raggiunto l’apice in alcuni centri cittadini. Tra questi c’è Varese, con il 164%, Bergamo e Busto Arsizio con il 165% e a Brescia il 185%.
Significa che ci sono più persone che commettono reati?
No. Antigone riferisce che i numeri sopra elencati vanno contestualizzati e che se in realtà guardiamo agli ingressi degli ultimi anni, questi sono via via diminuiti. Quello del sopraffollamento, infatti, è un problema che si protrae nel tempo e che tende a peggiorare, ma che non va confuso con l’aumento dei reati. Che gli ingressi in carcere siano due, o dieci, ad oggi purtroppo il problema sussiste. Per fare un esempio più concreto, prendendo dati reali, si è passati dai 92.800 ingressi in carcere del 2008 ai 35.280 del 2020: cifra che nel 2021 si è stabilizzata attorno ai 36.539.
E, andando ancora di più nello specifico – escludendo il 2020 che ha visto una netta diminuzione dei reati a causa del lockdown – nonostante il 2021 abbia visto una leggera ripresa delle infrazioni commesse, la tendenza è comunque in calo rispetto al 2019: si è passati dai 2,1 milioni di reati agli 1,8 del 2021. Un calo cioè del 12,6%.
Ma c’è un elemento che invece ad oggi desta preoccupazione e che, rispetto al passato, mostra i continui peggioramenti del sistema carcerario: la recidività, cioè “la condizione di chi ricade nelle stesse colpe o è incline a ricadervi”. Tradotto in numeri, in media Antigone ha calcolato che per ogni detenuto vi è una percentuale pari a 2,37 reati. Numero che, se confrontato con il 2008, mostra chiaramente in che direzione sta andando l’attuale strategia governativa: all’epoca, infatti, il numero di reati per detenuto era di 1,97. “Diminuiscono i reati in generale, diminuiscono i detenuti in termini assoluti ma aumenta il numero medio di reati per persona”, ribadisce l’associazione.
Questi dati ci portano ad un’unica conclusione: il carcere non reinserisce, soprattutto se pensiamo che solo il 38% delle persone detenute, come riferisce Antigone, è alla sua prima carcerazione. Invece il restante 62% è già stato detenuto almeno una volta (il 18% anche più di 5 volte). Gli istituti penitenziari, infatti, dovrebbero promuove percorsi di reintegrazione in società ma per arrivare a questo obiettivo mancano le basi: non ci sono abbastanza percorsi scolastici, o lavoro o altro tipo di formazione. Nel più grave dei casi questo deficit si trasforma in un aumento del numero di suicidi, che nei primi mesi del 2022 sono già stati 21 (nel 2021 sono stati in tutto 57). E rispetto all’Europa? I detenuti italiani si tolgono la vita l’11,4% in più di volte rispetto alla media europea.
Di che reati stiamo parlando? Quelli più presenti sono quelli contro il patrimonio: sono 31mila e corrispondono a furti, rapine, estorsione, usura, truffa e molti altri. A seguire quelli contro la persona (come omicidio, percosse) che sono a quota 23mila. Tuttavia gli omicidi sono in diminuzione: erano 289 nel 2021 (metà dei quali in ambito affettivo, con il 40% di vittime donne), cioè +4 sul 2020 ma -25 rispetto al 2019. Numeri rimangono comunque alti ma drasticamente calati rispetto agli anni ’90: nel 1990, infatti gli omicidi erano 3.012.
“Abbiamo bisogno di dare un senso alla pena, perché lo abbiamo smarrito. Non possiamo trasformare il carcere nell’ultima frontiera di un welfare in stato di crisi”, dice Patrizio Gonnella, presidente nazionale di Antigone.
Quali potrebbero essere delle altre soluzioni alternative?
Al 31 dicembre 2021 quasi 20mila detenuti dovevano scontare una pena residua di 3 anni (o meno). Per Antigone la risposta è semplice: per diminuire il sovraffollamento bisogna permettere a molti più detenuti di scontare i residui di pena con misure alternative.
[di Gloria Ferrari]