giovedì 21 Novembre 2024

SHEIN: cosa c’è dietro il logo più famoso della fast-fashion

Difficile non conoscere Shein, il rivenditore di abbigliamento online che in poco tempo ha saputo imporsi nel mercato della fast fashion raggiungendo colossi quali Zara, H&M, Pull&Bear, Primark. Con un piano marketing studiato a puntino, l'azienda cinese offre agli utenti capi di abbigliamento per tutti i gusti, sospettosamente troppo economici e che appassionano i clienti. Tanto che nel 2020 "L'azienda internazionale di e-commerce di fast fashion B2C" - come si legge sul sito ufficiale - valeva 15 miliardi di dollari, assicurandosi il primo posto nel mondo come e-commerce in oltre 220...

Questo è un articolo di approfondimento riservato ai nostri abbonati.
Scegli l'abbonamento che preferisci 
(al costo di un caffè la settimana) e prosegui con la lettura dell'articolo.

Se sei già abbonato effettua l'accesso qui sotto o utilizza il pulsante "accedi" in alto a destra.

ABBONATI / SOSTIENI

L'Indipendente non ha alcuna pubblicità né riceve alcun contributo pubblico. E nemmeno alcun contatto con partiti politici. Esiste solo grazie ai suoi abbonati. Solo così possiamo garantire ai nostri lettori un'informazione veramente libera, imparziale ma soprattutto senza padroni.
Grazie se vorrai aiutarci in questo progetto ambizioso.

L'Indipendente non riceve alcun contributo pubblico né ospita alcuna pubblicità, quindi si sostiene esclusivamente grazie agli abbonati e alle donazioni dei lettori. Non abbiamo né vogliamo avere alcun legame con grandi aziende, multinazionali e partiti politici. E sarà sempre così perché questa è l’unica possibilità, secondo noi, per fare giornalismo libero e imparziale. Un’informazione – finalmente – senza padroni.

Ti è piaciuto questo articolo? Pensi sia importante che notizie e informazioni come queste vengano pubblicate e lette da sempre più persone? Sostieni il nostro lavoro con una donazione. Grazie.

Articoli correlati

2 Commenti

  1. Complimenti per l’articolo che sicuramente aiuta a sensibilizzarci sulle realtà di sfruttamento del lavoro. Purtroppo anche in Italia esiste una crescente propensione allo sfruttamento del lavoro e a tutti i livelli, dalla mano d’opera all’impiego di giovani (e meno giovani) con qualifiche universitarie. Si tratta di sfruttamento legalizzato dalle varie forme di “contratti”, dallo stage (gratuito o per max 600 euro) all’apprendistato(800-900 euro), che alla scadenza vengono ripetutamente rinnovati su persone diverse in modo da creare un ciclo continuo di risorse a bassissimo costo, portando i nostri giovani a vagare di azienda in azienda ogni 6 mesi (per gli stage) o ogni anno(apprendistati e simili) spesso senza peraltro ricevere alcuna reale formazione. L’altra faccia della medaglia sono aziende che rincorrendo il costo minimo mancano di vero sviluppo e innovazione. Questi contratti palliativi per un costo del lavoro tra i più alti in Europa portano i nostri ragazzi ad abbandonare l’Italia verso paesi dove non solo gli inquadramenti seguono una coerenza di remunerazione e crescita ma anche dove la meritocrazia esiste ancora. Un paese come il nostro nostro dove persino la ricerca segue logiche di corruzione e raccomandazioni – e spesso per garantirsi un posto per una manciata di euro al mese- è destinato ad invecchiare e degradare. Mi piacerebbe leggere analisi e denunce su questa situazione a mio avviso gravissima.
    Una mamma di due “cervelli in fuga”.

    • Ha ragione, dovremo guardare prima a casa nostra dove lo sfruttamento e’ legalizzato e tutelato da sindacati incapaci.
      In Italia ci sono gli open space con le uscite di emergenza e senza sbarre alla finestre, ma la liberta’ ci viene tolta fuori dagli ambienti di lavoro.

Comments are closed.

Iscriviti a The Week
la nostra newsletter settimanale gratuita

Guarda una versione di "The Week" prima di iscriverti e valuta se può interessarti ricevere settimanalmente la nostra newsletter

Ultimi

Articoli nella stessa categoria