Assolto da tutte le accuse in quanto “il fatto non sussiste”: così si conclude la vicenda giudiziaria di Andrea Costa, presidente della onlus romana Baobab Experience, che lo ha visto accusato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Costa aveva infatti aiutato 9 migranti ad acquistare biglietti di treni e autobus per recarsi presso il Campo della Croce Rossa di Ventimiglia, dopo che il presidio dove avevano trovato rifugio a Roma era stato sgomberato dalle forze dell’ordine. È stato lo stesso pubblico ministero chiedere di far decadere tutte le accuse. La vicenda, pur nel suo esito positivo, è da inscrivere in un più ampio contesto di criminalizzazione dell’attività umanitaria che avviene in Italia ai danni degli operatori delle ONG, dalla quale questi non sono tutelati per via di una legislazione incompleta.
Le indagini a carico di Andrea Costa sono state avviate nel 2016, quando la Direzione nazionale antimafia inizia a indagare su presunti guadagni illeciti dell’associazione intascati con il pretesto dell’accoglienza. Il via libera alle indagini lo ha fornito una conversazione telefonica, giunta dopo mesi di intercettazioni, nel corso della quale Costa parlava di aiutare 8 migranti somali e uno proveniente dal Ciad a raggiungere il campo della Croce Rossa a Ventimiglia acquistando biglietti di treni e autobus. Il presidio di Via Cupa, a Roma, all’interno del quale erano ospitati i migranti era infatti stato sgomberato proprio pochi giorni prima. La condotta di Costa è stata in quel frangente equiparata a quella dei trafficanti di esseri umani, motivo per il quale lui e altri volontari dell’associazione sono finiti nel mirino degli inquirenti.
La nozione stessa di trafficante, tuttavia, implica la definizione di un soggetto che trae vantaggio (verosimilmente economico) dal commercio che porta avanti, in questo caso quello di vite umane. In molti stati europei (non in Italia) la legislazione prevede una distinzione tra l’intervento delle azioni umanitarie e quello dei trafficanti proprio in base al profitto materiale che se ne ricava. Per tale motivo è stato possibile perseguire Costa e per tale motivo, denuncia Amnesty, è quantomai urgente una riforma dell’art. 12 del Testo Unico sull’Immigrazione, riguardante le Disposizioni contro le immigrazioni clandestine.
Baobab Experience è una realtà nata nel 2015 “per sopperire alle mancanze delle Istituzioni nella tutela delle persone migranti”. Il 2015 è infatti uno degli anni di maggior afflusso dalle coste nordafricane e le Istituzioni italiane, con le loro carenze e la mancata volontà di costruire un sistema di accoglienza integrato e funzionante, hanno fatto molta fatica a gestire i flussi. Come fatto notare dalla stessa onlus sul proprio sito, anni di lotta all’immigrazione illegale non hanno mai portato all’arresto dei “trafficanti di esseri umani” contro i quali si scaglia la politica. Al contrario, ad essere attaccate sono state più e più volte le ONG e i loro operatori. Nemmeno l’operato della Guardia Costiera Libica, nonostante le evidenze riguardo la sua condotta criminale, è mai stato messo in discussione.
La solidarietà nei confronti di Andrea Costa ha valicato i confini nazionali. Mary Lawlor, relatrice speciale dell’ONU sui difensori dei diritti umani, ha sottolineato in un tweet come il processo “non avrebbe mai dovuto avere inizio” e come “Bisogna smettere di criminalizzare la solidarietà con i migranti”.
The sentence in the trial of Andrea Costa from @BaobabExp in 🇮🇹#Italy is expected next Tuesday. Hoping for a clear resolution to the case, which should never have been pursued in the first place. Criminalising solidarity with migrants must be put to an end.
— Mary Lawlor UN Special Rapporteur HRDs (@MaryLawlorhrds) April 27, 2022
Il portavoce di Amnesty, Riccardo Noury, ha anch’egli ricordato come questa indagine si incardini nel contesto “di quel filone della criminalizzazione della solidarietà che ha fatto sì che in questi anni singole persone e organizzazioni di ricerca e soccorso di solidarietà siano state ostacolate e bloccate nella loro azione di difesa dei diritti umani”.
[di Valeria Casolaro]