In Irlanda del Nord si è assistito a una svolta politica di portata storica: per la prima volta il partito nazionalista a maggioranza cattolica Sinn Fein ha vinto le elezioni al Parlamento locale, acquisendo così il diritto di eleggere il primo ministro. Il Partito Democratico Unionista (DUP), a maggioranza protestante, si è aggiudicato il secondo posto e il diritto a scegliere il viceministro, ma i rappresentanti hanno già manifestato l’intenzione di boicottare qualsiasi tentativo di formare un governo guidato da Sinn Fein. La vittoria dei cattolici rappresenta la più grande svolta politica in cento anni di storia del Paese, aprendo le porte a quella che la leader di Sinn Fein Michelle O’Neil ha definito una “nuova era” per la politica irlandese.
This has been an historic election.
An election of real change.
I will lead the Sinn Féin team to Stormont on Monday, ready to get the Executive up and running right away.
To put money in people’s pockets.
To invest in our health service.
And to build a better future for all pic.twitter.com/orrFtCIVwl
— Michelle O’Neill (@moneillsf) May 7, 2022
Sinn Fein, il principale partito nazionalista irlandese, si è aggiudicato la maggioranza dei seggi nell’Assemblea dell’Irlanda del Nord: 27, contro i 24 andati al DUP. Si tratta della prima vittoria per un partito che desidera l’Irlanda unita. Il DUP, che desidera invece che l’Irlanda del Nord rimanga parte del Regno Unito, era al potere da quasi un quarto di secolo, ovvero dalla firma degli accordi di pace di Belfast (Belfast Agreement), nel 1998, quando fu creato un sistema di governo a obbligatoria condivisione di potere tra le due parti. Durante la campagna elettorale Sinn Fein, ex ala politica dell’organizzazione cattolica paramilitare IRA (Irish Republican Army), non ha posto particolare insistenza sul tema della riunificazione dell’Irlanda, ma con tutta probabilità ora cercherà di organizzare un referendum per proporre il distacco dalla Gran Bretagna e la riunificazione con la Repubblica d’Irlanda. Tuttavia, per il momento sarà Londra a decidere: secondo quanto stabilito dagli accordi di pace, infatti, il voto popolare sarà concesso solo quando sarà chiaro che la maggioranza è a favore.
Il Belfast Agreement aveva messo fine a decenni di lotte definendo un confine aperto sull’isola e bilanciando il potere unionista, protestante e di maggioranza, con quello nazionalista, cattolico e in minoranza. Tuttavia le tendenze demografiche hanno cambiato questo equilibrio, segnando una rapida crescita della popolazione cattolica. Inoltre, secondo alcune analisi, la Brexit avrebbe avuto un importante ruolo nel determinare l’esito di queste elezioni. Non vi sarebbe, infatti, un’improvvisa svolta nel sentimento nazionalista irlandese, quanto più un profondo sentimento di insoddisfazione dell’elettorato unionista, che ha dato maggior peso alle questioni economiche rispetto che alle lotte di parte.
La Brexit ha infatti complicato lo status dell’Irlanda del Nord, parte del Regno Unito ma confinante con un Paese membro dell’Unione europea, la Repubblica d’Irlanda. Una delle conseguenze è stata la stipula di un complesso accordo commerciale, il Protocollo dell’Irlanda del Nord, che impone controlli al confine per le merci in ingresso provenienti dal Regno Unito e che, secondo molti unionisti, ha contribuito ad aumentare il sentimento di separazione tra i due lati del Mare d’Irlanda. Il DUP ha inizialmente approvato l’accordo, salvo poi cambiare idea e ritirarsi dall’ultimo governo dell’Irlanda del Nord in segno di protesta, mossa non gradita all’elettorato.
Con il risultato di queste elezioni Sinn Fein avrà diritto a scegliere il primo ministro locale, mentre PDU sceglierà il viceministro. Tuttavia, gli unionisti hanno già dichiarato di non voler entrare a far parte di un governo a guida nazionalista. L’eventuale stallo che così si viene a prefigurare renderebbe il passaggio in gran parte simbolico e imporrebbe l’amministrazione diretta da parte di Londra.
[di Valeria Casolaro]