Nella giornata di oggi l’Aula del Senato ha dato il via libera, con 198 voti a favore, nessun contrario e 17 astensioni, al cosiddetto ddl Salvamare. Il provvedimento, avente ad oggetto il recupero dei rifiuti in mare e nelle acque interne nonché la promozione dell’economia circolare, è stato approvato in via definitiva. Il percorso che ha portato a tale esito, però, è stato alquanto lungo: l’iter parlamentare, infatti, era cominciato nel lontano 2019 su iniziativa dell’allora ministro dell’ambiente Sergio Costa, che oggi esulta per il risultato ottenuto. Il fatto che ci sia voluto del tempo per giungere all’approvazione definitiva del ddl, infatti, quasi passa in secondo piano analizzando quello che è il contenuto del provvedimento, che tutela in maniera importante l’ecosistema marino. È quanto emerge soffermandosi sui dettagli del testo che, seppur non ancora pubblicati sul sito del Senato, sono stati diffusi dall’agenzia di stampa parlamentare PublicPolicy.
In tal senso, innanzitutto il provvedimento disciplina la gestione dei rifiuti pescati casualmente. Questi ultimi, definiti rifiuti accidentalmente pescati (Rap), sono precisamente i rifiuti raccolti in mare, nei laghi, nei fiumi e nelle lagune dalle reti durante le operazioni di pesca nonché quelli raccolti occasionalmente nei medesimi luoghi con qualunque mezzo. Ebbene, il comandante della nave o semplicemente il conducente del natante potrà portare, dopo averli pesati, tali rifiuti all’impianto portuale appositamente predisposto per la raccolta dall’Autorità di sistema portuale o dal Comune. Il conferimento è gratuito per il soggetto in questione, in quanto i costi di gestione sono a carico della collettività: una componente – di cui sostanzialmente si occupa l’Arera (Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente) – viene infatti aggiunta alla tassa o tariffa sui rifiuti. Tali disposizioni sono in linea con la direttiva europea n. 883 del 2019 dell’Ue, la quale infatti prevede che anche i rifiuti accidentalmente pescati debbano essere raccolti.
Il ddl, poi, definisce anche i rifiuti volontariamente raccolti (Rvr), facendo rientrare in tale deonominazione tutti quelli raccolti mediante i sistemi di cattura, purché questi ultimi non interferiscano con “le funzioni ecosistemiche dei corpi idrici”. In tal modo, pare che si voglia dunque agevolare ed incentivare le attività di raccolta effettuate volontariamente, finora rese difficoltose, se non addirittura vietate. Vere e proprie campagna di pulizia possono inoltre essere attuate in modo da favorire la raccolta volontaria dei rifiuti, che può dunque essere effettuata mediante i sistemi di cattura sopracitati: la dettagliata disciplina a riguardo, però, viene rimessa ad un decreto ministeriale. Sempre in ottica campagna di pulizia, il provvedimento prevede un riconoscimento ambientale a favore degli imprenditori ittici che partecipano alle stesse, nonché per quelli che utilizzano materiali di ridotto impatto ambientale e conferiscono i rifiuti. Un riconoscimento può infine essere attribuito anche da parte del Comune ai possessori di imbarcazione che raccolgono e conferiscono a terra i rifiuti in plastica accidentalmente pescati così come quelli volontariamente raccolti. In ottica prevenzione, inoltre, il ddl si occupa anche delle attività di monitoraggio e controllo dell’ambiente marino: a riguardo, il provvedimento demanda a specifiche linee guida interministeriali, da diffondere entro tre mesi, di stabilire il quadro all’interno del quale far rientrare le attività tecnico-scientifiche funzionali alla protezione dell’ambiente marino che comportano l’immersione subacquea in mare al di fuori degli ambiti portuali.
Venendo poi nello specifico alle misure relative alla raccolta dei rifiuti nei fiumi, il provvedimento impone alle Autorità di distretto di introdurre nei propri atti di pianificazione delle misure sperimentali che – rispettando le esigenze idrauliche e di tutela degli ecosistemi – siano utili a catturare i rifiuti galleggianti ed impedire così che gli stessi arrivino in mare. Viene dunque affidato al Ministero della transizione ecologica l’avvio di un programma sperimentale triennale a riguardo.
Ad un decreto del ministro della Transizione ecologica, inoltre, viene dato il compito di determinare i criteri e le modalità con cui tutti i tipi di rifiuti – sia quelli raccolti accidentalmente che quelli raccolti volontariamente – non possono più essere definiti come rifiuti. A tal proposito, infatti, il ddl contiene delle disposizioni in ottica “gestione delle biomasse vegetali spiaggiate”, prevedendo la loro reimmissione nell’ambiente naturale. In più, sempre ad un decreto ministeriale viene destinata la definizione di criteri specifici per la disciplina di autorizzazione degli scarichi degli impianti di desalinizzazione. Con riferimento a questi ultimi, infatti, il provvedimento prevede la preventiva valutazione di impatto ambientale.
Inoltre viene data la possibilità di effettuare campagne di sensibilizzazione sulla gestione dei rifiuti urbani alle Autorità di sistema portuale e ai comuni territorialmente competenti, mentre nelle scuole di ogni ordine e grado viene promossa la realizzazione di attività atte a rendere gli studenti consapevoli dell’importanza della conservazione dell’ambiente e delle corrette modalità di conferimento dei rifiuti. Infine, viene anche istituito presso il ministero della Transizione ecologica un tavolo interministeriale di consultazione permanente, le cui funzioni sono relative al contrasto dell’inquinamento marino, all’ottimizzazione dell’azione dei pescatori ed al monitoraggio dell’andamento del recupero dei rifiuti.
[di Raffaele De Luca]
Bisognava arrivare al 2022 per un decreto salvamare? Quando oramai tutti i mari e i fiumi sono inquinati? È un governo questo (come tutti i precedenti) che non ha mai pensato alla salute della terra e delle acque. Buffoni