Non si arresta la spirale di violenza nella quale è scivolato lo Sri Lanka dopo l’esplosione della peggior crisi economica della sua storia recente. I manifestanti sono riusciti a ottenere le dimissioni del primo ministro Mahinda Rajapaksa, ma il presidente Gotabaya Rajapaksa non ha intenzione di fare altrettanto. Per questo motivo i sindacati hanno indetto una nuova settimana di proteste a partire da lunedì 9 maggio. Lo scopo è giungere a un completo cambio del governo, che da decenni vede esponenti della famiglia Rajapaksa occupare gran parte delle posizioni chiave. In tutto il distretto di Colombo sono stati registrati violenti scontri tra i manifestanti filogovernativi e coloro ne chiedono le dimissioni.
Tutte le posizioni chiave del governo dello Sri Lanka sono infatti occupate da anni da esponenti della famiglia Rajapaksa. Mahinda Rajapaksa, che ha rassegnato le dimissioni da primo ministro lunedì 9 maggio, è stato presidente durante la lunghissima guerra civile del Paese che aveva visto contrapporsi le forze governative e il gruppo paramilitare Tigri Tamil, conclusasi con la sconfitta di questi ultimi nel 2009. Durante quell’epoca l’attuale presidente Gotabaya Rajapaksa occupava la posizione di ministro della Difesa. Altre posizioni chiave nel governo erano occupate dai fratelli Basil e Chamal Rajapaksa, i quali il mese scorso hanno rassegnato le dimissioni per evitare un peggioramento della crisi. Lo stesso ha fatto Namal Rajapaksa, figlio di Mahinda.
La portavoce del governo Nalaka Godahewa ha riferito che alle dimissioni di Mahinda (giunte al termine di una giornata di violenze che ha visto la morte di 5 persone, compreso un membro del Parlamento) sono seguite quelle di tutto il suo gabinetto. Di contro, il presidente Gotabaya non ha mostrato intenzione di rinunciare dalla propria carica, motivo per il quale i manifestanti hanno deciso di proseguire con le proteste. Gli scontri hanno assunto un carattere ancora più violento in seguito all’attacco avvenuto lunedì 9 maggio ai danni dei gruppi di manifestanti pacifici che da un mese si trovavano accampati sul lungomare Galle Face, nel centro di Colombo, di fronte agli uffici governativi. Sono stati infatti violentemente assaliti da gruppi di sostenitori del governo, che hanno causato il ferimento di quasi 200 persone.
La popolazione, in tutta risposta, ha dato alle fiamme veicoli e abitazioni dei rappresentanti del governo in tutta l’isola. Nella notte di lunedì i manifestanti sono stati raggiunti da alcuni colpi di arma da fuoco mentre cercavano di entrare nella residenza del primo ministro e incendiavano un camion parcheggiato nella strada. L’ex primo ministro è stato messo in salvo e trasportato in una località segreta dall’esercito. Nella stessa giornata il legislatore Amarakeerthi Athukorala, appartenente al partito di governo, ha ucciso a colpi di pistola un uomo di 27 anni ed è stato in seguito trovato morto insieme alla sua guardia del corpo, in circostanze ancora da chiarire. Le case di 40 politici pro-Rajapaksa sono state date alle fiamme lo stesso giorno.
I manifestanti hanno anche incendiato la casa di un sindaco di una cittadina nelle vicinanze di Colombo perché aveva accompagnato otto autobus di sostenitori della famiglia Rajapaksa a esprimere solidarietà al governo. Migliaia di sostenitori della famiglia Rajapaksa sono infatti confluiti a Colombo da tutto il Paese in queste settimane.
Martedì 10 maggio il ministero della Difesa ha autorizzato le forze dell’ordine a “sparare a vista a chiunque saccheggi la proprietà pubblica o provochi danni alla vita”. I manifestanti antigovernativi hanno cercato anche di bloccare strade e aeroporti per assicurarsi che nessun politico possa abbandonare lo Stato.
Ora che Mahinda Rajapaksa non è più ministro il governo è stato sciolto, ma il principale partito di opposizione ha dichiarato che non contribuirà alla formazione di un nuovo governo fino a che il presidente non rassegnerà le dimissioni. La situazione di incertezza e sospensione nella quale si trova ora il Paese complica ulteriormente i tentativi di negoziazione con il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale per trovare una via d’uscita alla crisi economica. Al momento le riserve in valuta estera sono scese a 50 milioni di dollari, cifra che rende impossibile importare cibo, medicinali e carburante. Senza la nomina di un nuovo governo, ha fatto sapere il FMI, le trattative per i prestiti non potranno proseguire.
[di Valeria Casolaro]
Sicuramente avranno delle altre case, non penso che dormiranno all’addiaccio, loro.