Un documentario d’inchiesta della durata di 55 minuti, prodotto e diretto dall’italo-americano Enrico Parenti e dal regista e giornalista Stefano Liberti, sostenuto dal Pulitzer Center e presentato in anteprima mondiale nel 2018 all’IDFA (International Documentary Film Festival Amsterdam). Frutto di una ricerca che, attraverso quattro continenti dagli Stati Uniti, al Sud America, all’Africa, fino alla Cina, analizza, segue il percorso e le incredibili “vie della soya”, una via strettamente collegata agli allevamenti intensivi di animali da carne dove la soia, in uso anche per l’alimentazione umana, è diventata indispensabile. Nei paesi più poveri, come ad esempio il Brasile, circa 240 mila ettari di terreno sono dedicati solo alla coltivazione di questo legume, si creano enormi monoculture così invasive da portare alla distruzione di grandi foreste con conseguenze devastanti per l’ecosistema, danneggiando di conseguenza tutto il Pianeta.
Il documentario (visibile su RayPlay) svela l’intera filiera, dalle coltivazioni all’allevamento intensivo degli animali fino alla trasformazione dei rifiuti organici in concime, dove i nuovi equilibri economici, politici e sociali del mondo globalizzato hanno deciso non solo di cambiare le nostre abitudini alimentari, inducendo ad uno sfrenato consumismo, ma hanno creato un modello di produzione ad “integrazione verticale”. Un vero business per poche grandi aziende che, integrando all’interno della propria attività il maggior numero di “passaggi intermedi”, permettono a prodotti coltivati in Sud America o in Africa di rifornire direttamente allevamenti dall’altra parte del Pianeta. Questa egemonia danneggia inesorabilmente, fino a farli scomparire, i piccoli produttori di tutto il mondo, parte integrante di un importante sistema sociale che non può competere con il nuovo assetto economico ormai così diffuso. La superiorità finanziaria di pochi e lo sviluppo industriale, come già nella metà dell’800 fu ipotizzato da Karl Marx e Friedrich Engels, nel “Manifesto del Partito Comunista”, porterà «a progressiva estinzione della piccola proprietà a causa dell’inarrestabile incedere del grande capitale»
Inizialmente sono gli Stati Uniti ad avvalersi del sistema verticale creando allevamenti intensivi soprattutto di suini, tra gli 8 e i 10 milioni di capi, costretti in stabilimenti dove vivono ammassati fino a 20.000 animali in un unico ambiente con ritmi di produzione estenuanti ma fornendo una carne a basso costo. Negli ultimi anni però la situazione è radicalmente cambiata, la Cina con una popolazione e un PIL in continua crescita, ha aumentato la disponibilità di cibo principalmente della carne suina, controllando l’impressionante 47% dell’allevamento mondiale, in un assalto economico senza precedenti dei territori, delle tecniche industriali e della gestione globale del cibo. Se fino a ieri indiscussi signori dell’integrazione verticale erano i colossi statunitensi Smithfield e Murphy, oggi è WH Group, di proprietà cinese, con un utile netto di 800 milioni di dollari l’anno. L’intento del Governo cinese è di cambiare le abitudini alimentari, dare alla popolazione la percezione di un maggior benessere ed allinearsi ad ogni costo allo sfrenato consumismo occidentale. Un documentario estremamente esplicativo e diretto, accompagnato da accurate e intuitive animazioni 3D, che fa conoscere una realtà a molti sconosciuta, facendoci riflettere fortemente sul necessario e urgente bisogno di creare una sostenibilità globale, mettendoci in guardia sul futuro dell’essere umano e su quello di un pianeta all’orlo del collasso.
[di Federico Mels Colloredo]