sabato 2 Novembre 2024

Il lungo viaggio di Munduruku: dall’Amazzonia all’Europa per chiedere giustizia

Come rappresentante del proprio popolo e dei diritti troppo spesso a loro negati, l’attivista indigena Maria Leusa Kaba Munduruku ha deciso di viaggiare oltreoceano e parlare direttamente con le aziende responsabili della devastazione della sua terra, facendo appello all’Europa. Un anno fa la donna ha visto il proprio villaggio letteralmente attaccato dagli invasori e la sua casa è andata in fiamme. I minatori si sono impossessati dei luoghi dell’Amazzonia in cui tribù come quella di Maria Leusa vivono da sempre, non solo danneggiando il territorio e l’ambiente ma calpestando i diritti di intere popolazioni.E visto come il presidente Jair Bolsonaro non agisca in favore della protezione delle popolazioni indigene, ma anzi trovi ogni scusa per annientare intere etnie, allora la donna ha deciso di chiedere l’intervento europeo.

L’intenzione di Maria Leusa, la quale ha dovuto letteralmente fuggire con i bambini perché minacciata dai minatori, è quella di assicurarsi che l’Europa lavori sulla creazione di una valida legislazione. Un intervento che possa andare oltre le aziende europee e possa arrivare a proteggere l’Amazzonia quando necessario. Perché altrimenti, chi ha potere nelle terre ormai notoriamente devastate e continuamente minacciate da altri interventi aggressivi, non solo non agirà per la protezione dei popoli e dell’ambiente, ma continuerà a ostacolare ogni possibile atto volto alla rivendicazione dei diritti dei popoli e della terra in cui essi vivono, e rispettano.

Il Governo brasiliano è ancora intento a fare approvare la discussa legge (PL191) volta a legalizzare l’attività mineraria nelle terre in cui vivono i popoli indigeni, questo nonostante il Brasile abbia raggiunto il doppio del record precedente per numero di ettari di foresta amazzonica andati perduti, tra il disboscamento intensivo, l’agricoltura e l’estrazione mineraria. Anzi, nonostante proteste, mobilitazioni e appelli alla Corte internazionale, le ingiustizie e gli interventi invasivi hanno subito un netto aumento dall’inizio del 2022. E allora oltre all’ostilità del governo brasiliano, anche l’Europa tanto intenta a una svolta green, è stata pesantemente criticata. Come sottolinea Maria Leusa, per ogni intervento incontrollato delle aziende europee, c’è il sangue di persone innocenti e il dolore della Terra. Le ONG hanno chiarito come l’Europa abbia un ruolo essenziale nella distruzione dell’Amazzonia, aziende e banche europee hanno infatti finanziato e acquistato prodotti causa e conseguenza della deforestazione. Allora da Bruxelles a febbraio è stato deciso di creare una legge apposita, così da vietare l’importazione di materie prime legate alla deforestazione e al degrado forestale, come legno e soia.

Ma per quanto la proposta di nuove linee su una sostenibilità aziendale sembrasse un’azione storica e salvifica, “Solo l’1 percento più delle aziende in Europa sarà preso di mira dalle regole proposte”, sottolineano gli attivisti. I continui danni ambientali dovrebbero essere vietati una volta per tutte e invece anche le nuove legislazioni sembrano non prendere mai davvero una decisione che cambi le sorti dell’Amazzonia, dei popoli, del Pianeta.

La proposta è ora in discussione al Parlamento Europeo, e la leader dei Munduruku si è presentata fisicamente così da assicurarsi che l’Europa ammetta le sue colpe e possa rendersi conto dell’importanza del suo ruolo. Ma certo per attivisti come Maria Leusa c’è da costruirsi una corazza, visto come gli incontri non vadano come sperato. Giovedì scorso la donna ha infatti viaggiato verso Berna, in Svizzera con altri rappresentanti indigeni, confrontandosi con i dirigenti delle raffinerie d’oro Metalor, Précinox e Argor Heraeus e l’Associazione svizzera dei produttori e dei commercianti di metalli preziosi (ASFCMP). Società molto attive in territorio europeo e per questo soggette alle regole proposte. Con le cinque tonnellate d’oro arrivate dall’Amazzonia in Svizzera, il Paese è stato il secondo importatore di oro brasiliano nel 2021, subito dopo il Canada. È stata la Società tedesca per le persone minacciate (STP) a sottolineare l’entità e l’origine delle esportazioni, che sono partite anche dalla terra in cui vivono i Munduruku, popolo di Maria Leuasa.

Per quanto l’azienda abbia chiarito come ogni attività sia stata ben controllata assicurandosi che la catena di approvvigionamento fosse libera da violazioni dei diritti umani, gli attivisti continuano a credere che l’oro arrivato in Svizzera sia “macchiato”. Consapevoli della mancanza di prove, gli attivisti confrontatosi con i grandi capi aziendali dopo avere raccontato la loro drammatica storia e mostrato la loro ricerca di responsabilità, si sono sentiti presi in giro e guardati con indifferenza. La stessa Maria Leusa Kaba Munduruku, la quale ha raccontato la propria storia in una lunga intervista per Politico ha riassunto l’incontro di giovedì scorso. La donna ha speso parole durissime per sintetizzare ciò che ha provato nel cercare di confrontarsi con governi, dirigenti e chiunque si trovi ai vertici: «Quello che sembra importare alle persone che abbiamo incontrato è l’oro e non le vite dei gruppi indigeni. Ad essere onesti non riuscivo nemmeno a guardarli dritto in faccia».

[di Francesca Naima]

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1 commento

  1. Io credo che aziende e governi non vogliano fare qualcosa, non vanno al di là di dichiarazione di intenti e promesse.
    Sta a noi consumatori non comprare i prodotti indicati da opportune inchieste di giornalisti ed ONG serie ed indipendenti (basta vedere chi finanzia chi e se ne deduce l’affidabilità). Ci vuole buona volontà e coscienza in ogni singola scelta.

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