Un gruppo di scienziati di Austin ha creato una variante enzimatica in grado di eliminare la plastica nel giro di pochissimo tempo. Si tratta di una scoperta potenzialmente molto importante, considerando che i rifiuti di plastica possono impiegare secoli a degradarsi. Questo enzima, secondo i ricercatori, ha tutte le carte in regola per potenziare il riciclaggio su larga scala, consentendo di aumentare esponenzialmente le possibilità di recupero e riutilizzo della plastica, contribuendo così a ridurre il suo devastante impatto ambientale.
I ricercatori, grazie all’intelligenza artificiale, sono riusciti a identificare – e quindi generare – quelle mutazioni che permettono all’enzima PETase di depolimerizzare rapidamente – ovvero decomporre i polimeri in molecole – la plastica PET a basse temperature, una condizione fondamentale affinché la soluzione abbia un futuro su scala industriale. Il PETase, scoperto nel 2016, è una sostanza di natura proteica che permette ai batteri Ideonella sakaiensis di decomporre e digerire il polietilene tereftalato (PET), materiale termoplastico comunemente usato nella maggior parte degli imballaggi di consumo, come le confezioni per i biscotti, le bottiglie contenenti le bibite gassate, gli imballaggi per frutta, insalata e alcuni tessuti. Il PET costituisce il 12% di tutti i rifiuti globali.
È stato quindi utilizzato un sistema di apprendimento automatico che ha permesso di confrontare una serie di forme mutate dell’enzima, così da individuare quale fosse la migliore per distruggere i rifiuti di plastica. Il tutto è stato testato su 51 diversi contenitori di plastica post-consumo, ma anche cinque tipi di fibre di poliestere e, alcuni rifiuti, sono stati demoliti in appena 24 ore. L’esperimento, quindi, ha dato buoni risultati, dimostrando l’efficacia dell’enzima, il quale è stato battezzato FAST-PETasi, acronimo di “functional”, “active”, “stable”, “tolerant”, PETase.
La riuscita della ricerca apre uno spiraglio di speranza per lo smaltimento della plastica. Infatti, se li riciclaggio è il modo più ovvio per ridurre questo tipo di rifiuti, a livello globale meno del 10% di questi è stato riciclato. La plastica, infatti, viene spesso gettata nelle discariche o, ancora peggio, bruciata sprigionando gas nocivi nell’aria. Senza contare altri processi industriali alternativi, come quelli di glicolisi e metanolisi, i quali richiedono un alto dispendio energetico e vanno a intaccare l’integrità della plastica. Pertanto, l’enzima “mangia-plastica” risulta più conveniente, in quanto potrà essere impiegato efficientemente a basse temperature, ovvero a meno di 50 gradi Celsius, e con un basso consumo di energia. Ora gli esperti sono decisi ad approfondire le ricerche per raggiungere al più presto l’applicazione industriale e ambientale dell’enzima, e rendere il processo funzionante per tutti i tipi di plastica presenti in un normale flusso di rifiuti.
[di Eugenia Greco]
Eliminare la plastica, arrivare a zero rifiuti, etc. etc. ….e nell’attesa che i sogni si avverino moriremo tutti avvelenati. Godiamoci invece, con realismo, questa ottima notizia e cerchiamo di farne tesoro, pur continuando a sognare (e lottare per realizzare il sogno) un mondo senza rifiuti.
Sembra interessante, ma la tecnologia non è mai gratis. Si deve verificare se questi enzimi avranno un altro impatto ambientale o sulla salute e qui non se ne fa cenno.
Non vorrei che fosse la soluzione che crea poi un altro problema.
La vera soluzione è eliminare la plastica, non aggiungere altri processi.
Molto interessante