giovedì 21 Novembre 2024

Botswana, il Paese africano che sta riuscendo a sconfiggere l’HIV

Se c’è una cosa per cui il Botswana – Paese dell’Africa meridionale – deve essere preso come esempio da molte altre nazioni è l’estenuante lotta all’HIV che sta portando avanti da anni. Anche se nel 2020 nell’Africa subsahariana viveva il 67% di tutte le persone affette dal virus nel mondo (24,7 milioni), grazie ad alcune recenti strategie interne adottate, il tasso delle infezioni in Botswana si è drasticamente ridotto, specie tra donne e bambini, le due categorie più colpite. Un traguardo riconosciuto dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), che nel dicembre scorso ha conferito al Botswana “lo status di livello argento”, ottenuto in passato anche da paesi come Bermuda, Cuba, Sri Lanka e Thailandia, ma che in questo territorio assume un valore ancora più alto: in nessun altro paese era in corso un’epidemia così grave come quella del Botswana.

Quello dell’OMS è un riconoscimento importante, ottenuto solo dai Paesi che hanno portato il tasso di trasmissione dell’HIV da madre a figlio a meno del 5%. Che significa? Il territorio in questione deve dimostrare di fornire assistenza prenatale e trattamento antiretrovirale a oltre il 90 % delle donne in gravidanza e avere un tasso di casi di HIV inferiore a 500 ogni 100.000 bambini nati vivi.

Il risultato del Botswana è stato ottenuto grazie all’introduzione – negli ultimi 20 anni – di una metodologia di controllo più meticolosa: il Paese infatti sottopone a periodici esami quasi tutte le donne incinte – come richiesto dall’OMS –  ed effettua diversi test anche sulle donne risultate sieronegative. Nello specifico i controlli avvengono ogni tre mesi durante la gravidanza, da sei a otto settimane dopo la nascita e durante i primi tre mesi di allattamento (fornendo anche latte artificiale alle donne che non possono allattare al seno). La cura prosegue anche negli anni successivi. Nel 2014 il Botswana ha anche introdotto il trattamento con terapia antiretrovirale (ART) per tutti i bambini sotto i cinque anni. Si tratta di un processo che prevede l’assunzione per bocca di combinazioni di farmaci che aumentano le probabilità di sopprimere la replicazione di HIV, riducendo la carica virale. Nel 2015, invece, il Paese ha esteso tale strategia (chiamata in questo caso Opzione B+) a tutte le donne in gravidanza HIV-positive, che dovranno assumere i farmaci indicati per tutta la vita.

Perché è così importante un intervento sanitario di questo tipo? Senza le dovute precauzioni, le probabilità che la madre trasmetta il virus al figlio sono comprese tra il 15% e il 45% durante tutto il periodo che va dalla gravidanza all’allattamento. Non essendoci (ancora) una cura capace di eradicare completamente l’HIV, è importantissimo infatti concentrarsi sulla prevenzione, partendo dalle prime fasi della gravidanza.

I bambini sono particolarmente colpiti dalla diffusione dell’HIV: ogni giorno circa 1.400 di loro diventano sieropositivi e 1.000 muoiono per cause legate all’HIV. Focalizzandoci sull’Africa subsahariana, su 2,5 milioni di bambini under 15 che nel mondo convivono con HIV\AIDS, 1,9 milioni sono proprio qui (anche se negli ultimi 10 anni le infezioni si sono quasi dimezzate).

Nel 2020 UNAIDS (il Programma delle Nazioni Unite per l’HIV/AIDS) ha dichiarato di voler sradicare il virus entro il 2030, facendo in modo che: il 95% di tutti coloro che vivono con l’HIV conoscano il proprio stato, che il 95% di coloro che sono consapevoli del proprio stato siano in cura e che nel 95% delle persone in cura sia soppressa la carica virale.

“Questo è un enorme risultato per un paese che ha una delle epidemie di HIV più gravi al mondo: il Botswana dimostra che una generazione libera dall’AIDS è possibile“, ha dichiarato Matshidiso Moeti, a capo dell’OMS per l’Africa.

[di Gloria Ferrari]

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