venerdì 22 Novembre 2024

Ridurre la spesa corrente per accedere al Pnrr: le condizioni di Bruxelles all’Italia

La Commissione europea ha presentato un documento contenente diverse raccomandazioni rivolte all’Italia e relative all’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), misura da 222 miliardi di euro contenuta all’interno di un pacchetto comunitario da 750 miliardi, il Next Generation EU (o Recovery Fund). L’obiettivo dell’Unione europea è di far rispettare ai paesi membri sia la solita disciplina di bilancio, caratterizzata da tagli alla spesa pubblica e/o aumenti di tasse, sia la serie di clausole introdotte con il Recovery Fund, così da permettere loro l’accesso ai fondi stanziati per il secondo semestre del 2022, dopo la prima rata versata ad aprile scorso e consistente per il nostro paese in 21 miliardi di euro. Nello specifico, le raccomandazioni di Bruxelles vertono su tre punti: riduzione della dipendenza dai combustibili fossili e diversificazione delle importazioni di energia, per cui sarà possibile usare i fondi del RePowerEu (una serie di misure finite già sotto accusa per diverse incongruenze), aderenza alle clausole del piano e limitazione della crescita della spesa corrente in vista di “una politica di bilancio prudente”.

Quest’ultima voce ingloba, tra le altre cose, la spesa per beni e servizi, i redditi del personale della pubblica amministrazione e le prestazioni sociali (come le pensioni). La limitazione alla crescita della spesa corrente, che rischia di abbattere gli ultimi residui di stato sociale e completare la neoliberalizzazione dell’economia italiana, viene giustificata alla luce “dell’elevato debito pubblico e della debole crescita della produzione”, nonostante la stessa Commissione abbia sottolineato la riduzione del rapporto tra debito pubblico e PIL avvenuta nel nostro paese dal 2021. Nel documento, Bruxelles indica che “sulla base delle attuali stime comunitarie, l’Italia non limita in misura sufficiente l’aumento della spesa corrente finanziata nazionalmente nel 2022”. In altre parole, si dovranno regolare le uscite del bilancio pubblico (spese) alla luce di “una situazione in evoluzione”, che non dipende da demeriti italiani ma da eventi esterni, come la crisi in Ucraina e l’inflazione. Nel punto dedicato alla “politica di bilancio prudente”, la Commissione europea ha ribadito poi l’importanza di attuare la legge delega relativa alla riforma fiscale, ferma in Parlamento perché rappresentante un rischio per la tenuta del governo. L’obiettivo della norma, ribadito anche da Bruxelles, sarebbe quello di “allineare i valori catastali ai valori correnti di mercato”, con il pericolo però di un aumento delle imposte sulle abitazioni e di un ritorno dell’IMU sulla prima casa. Il provvedimento è di vitale importanza per l’Unione europea perché rappresenta una sorta di paracadute in vista del 2027, quando i prestiti compresi nel Recovery Fund e quindi nel Pnrr inizieranno a essere ripagati dai paesi membri. Gli esecutivi nazionali futuri dovranno dunque assicurarsi entrate fiscali sufficienti a far fronte ai debiti da ripagare e, visto che la ricchezza principale degli italiani risiede nel loro patrimonio immobiliare, se ce ne sarà bisogno ricorrere a tasse maggiori sulle proprietà.

In attesa di fornire orientamenti sulla possibile riforma dell’intero quadro della governance economica dopo la pausa estiva, la Commissione europea ha deciso di bloccare l’attuazione del Patto di Stabilità e Crescita per tutta la durata del 2023. Si tratta di un accordo internazionale firmato dagli Stati membri e inerente al controllo delle rispettive politiche di bilancio pubbliche nonché al rafforzamento del percorso d’integrazione monetaria e di neoliberalizzazione dell’economia intrapreso nel 1992 con la firma del Trattato di Maastricht. Tuttavia, l’Unione europea continua a guidare e influenzare l’economia dell’Italia attraverso l’aderenza alle condizioni necessarie (ben 528) per accedere ai fondi del Pnrr, divisibili in quattro ambiti principali: la riforma della pubblica amministrazione (che non dovrebbe rafforzare la struttura ma aumentarne la precarietà), la riforma della giustizia, la semplificazione legislativa e la promozione della concorrenza. Su quest’ultimo punto è intervenuto di recente anche l’esecutivo italiano ponendo la fiducia sulla conversione in legge della delega legislativa recante misure in termini di concorrenza, con il presidente del Consiglio Mario Draghi che ha ribadito la necessità di approvare il provvedimento entro fine maggio, altrimenti “sarebbe insostenibilmente messo a rischio il raggiungimento di un obiettivo fondamentale del Pnrr”.

[Di Salvatore Toscano]

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8 Commenti

  1. Siamo di fronte a una svolta storica: quelli che sembravano oscuri piani segreti bollati come “teorie complottiste” si stanno adesso palesando sotto gli occhi di tutti. E’ in corso un attentato, una violentissima aggressione nei confronti delle libertà fondamentali e individuali di ciascuno di noi.
    Dobbiamo iniziare a combattere (per ora) mentalmente, cercando di educare amici, parenti, soprattutto i figli.

    Dobbiamo difendere la nostra dignità.

  2. Di questo passo, faremo la fine della Grecia: tra austerity e governi imposti dall’estero, si creeranno le condizioni per rendere impossibile ripagare il debito (debito, peraltro, contratto con il solo scopo di incantenarci ancora di più a Bruxelles, dato che la larga maggioranza dei fondi finiranno in progetti che nulla hanno a che vedere né con la sanità né con l’economia reale del Paese, a partire dalle piccole-medie imprese), il che favorirà il solito giochino dell'”asso pigliatutto” da parte delle banche francesi e tedesche dei beni strategici italiani, già messo in atto in Ellenia.

  3. È tutto da rifare.

    Noi abbiamo la corda al collo peggio del Regno Unito anche per una ragione storica, siamo la portaerei degli USA nel mediterraneo.

    I personaggi politici (tutti o quasi) sono eterodiretti da interessi alieni al nostro popolo.

    Viene anche da chiedersi se di fatto sia mai esistito un popolo italiano.

    Non ci resta che rimboccarci le maniche e costruire un nuovo sistema relazionale parallelo a quello ufficiale e usare gli strumenti che le elite utilizzano per aggirare le regole dei vari stati per fare i nostri interessi e dimostrare che collaborare anziché competere è più efficace anche nel breve periodo.

    Contrapporre alla resilienza la fantasia di trovare nuove soluzioni è la medicina da assumere.

    La resilienza è incancrenirsi su un progetto perdente in partenza; perdente perche qualsiasi fonte di squilibrio genera una reazione che porta all’annientamento anche di chi genera lo squilibrio.

  4. Mi sento di scrivere solo una cosa: quando il Regno Unito ha abbandonato l’Unione Europea vennero fatte previsioni catastrofiche sulla sua economia; addirittura qualche giornalone tipo il sole 24 ore aveva “previsto” mancanza di cibo e medicinali. Niente di tutto questo è avvenuto anzi l’economia britannica è cresciuta fortemente, logicamente dopo l’uscita qualche intoppo c’è stato ma adesso l’economia britannica sta decisamente meglio. Noi invece ancora con il cappio al collo di questa “democratica” unione

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