lunedì 31 Marzo 2025

Guerra, globalizzazione, pandemie: di cosa stanno parlando le élite al World Economic Forum

La città di Davos, in Svizzera, in questi giorni è blindata da polizia e militari per garantire la sicurezza dei partecipanti ad uno dei convegni economico-politici più importanti a livello internazionale: il World Economic Forum 2022 che si è aperto domenica scorsa 22 maggio. Anche quest’anno l’agenda di Davos è fittissima di tutti i principali temi che hanno il potere di rimodellare il futuro della comunità internazionale, con una particolare attenzione agli eventi senza precedenti che stanno ridisegnando le alleanze e gli equilibri globali, a partire dalla guerra in Ucraina e dalle relazioni con la Russia, esclusa da questa edizione del summit. L’invasione russa dell’Ucraina è stata, infatti, in cima all’agenda del consesso internazionale, come esplicitato sullo stesso sito del WEF.

Il discorso di Zelensky e dei leader occidentali

Non solo economia, tecnologia e scienza, dunque, ma anche la geopolitica quest’anno ha assunto un’importanza centrale nelle riunioni del Forum, nell’intento prioritario di sostenere la causa di Kiev e dell’Occidente tutto. Come ha spiegato lo stesso leader ucraino Zelensky – grande protagonista dell’evento e primo leader che ha parlato in video collegamento di fronte all’assemblea di Davos – la guerra in Ucraina non riguarda solo l’Ucraina, ma la stabilità del mondo occidentale e delle democrazie. «Questo è il momento in cui si decide se la forza bruta dominerà il mondo. Se così accadrà non avrà più senso organizzare raduni come quello di Davos» ha asserito. Ha chiesto, dunque, «sanzioni massime» contro la Russia e che venga completamente isolata economicamente e politicamente attraverso l’embargo del petrolio e l’esclusione di tutte le banche russe dai sistemi globali. Ha poi parlato di ricostruzione dell’Ucraina, invitando gli investitori internazionali a contribuire a rimettere in piedi il Paese, attraverso la costruzione di un fondo chiamato United 24, una struttura economica finanziaria che potrà dare assistenza non solo a Kiev, ma a qualunque Paese vittima di guerra o di calamità naturali: una sorta di fondo d’emergenza per le nazioni in difficoltà. Zelensky ha parlato anche di «sentimento di unità» riferendosi alle nazioni democratiche e sostenendo che «è il segno della forza che i russi temono».

In linea con le posizioni del presidente Ucraino sono stati gli interventi, il secondo giorno del Forum, della presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, del presidente spagnolo Pedro Sanchez e del segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg: tutti e tre hanno sottolineato l’importanza dell’unità dei Paesi liberali di fronte alle sfide globali e, in particolare, di fronte all’invasione russa dell’Ucraina. Sia la presidente della Commissione europea sia il segretario dell’Alleanza atlantica nei loro discorsi hanno fatto emergere la volontà di contrastare la Russia sotto tutti i punti di vista, economico, politico e militare: la von der Leyen non per nulla ha asserito che «contrastare l’aggressione russa è un compito dell’intera comunità globale» e che «l’aggressione di Putin deve essere un fallimento strategico». Dal canto suo, Stoltenberg ha sottolineato il grande sostegno militare che la NATO ha sempre fornito all’Ucraina e ha rivendicato con orgoglio la presenza massiccia di soldati sul fronte orientale, oltreché l’espansione dell’Alleanza a est: «Tutti gli alleati concordano sul fatto che l’allargamento della NATO è stato un grande successo, diffondendo libertà e democrazia in tutta Europa» ha affermato, dimostrando così di voler mantenere inalterate quelle posizioni che hanno contribuito allo scoppio del conflitto. Ha poi asserito che la dipendenza economico-commerciale dai Paesi “autoritari” è un pericolo per le democrazie e, dunque, è indirettamente emerso come la globalizzazione vada ripensata, in quanto le scelte economiche hanno ripercussioni sulla sicurezza dei Paesi NATO. Così, dopo decenni di ideologia liberista basata sul fine esclusivo del profitto, Stoltenberg ha dichiarato che «La libertà è più importante del libero scambio. La protezione dei nostri valori è più importante del profitto».

L’intervento di Henry Kissinger

A smorzare le posizioni “oltranziste” del fronte occidentale è stato l’intervento dell’ex segretario di Stato americano Henry Kissinger, uno dei più grandi strateghi della politica estera americana, il quale ha affermato che il conflitto in Ucraina può ristrutturare in modo permanente l’ordine globale. Secondo Kissinger, il mondo occidentale non dovrebbe cercare la sconfitta della Russia e l’Ucraina dovrebbe essere disposta a rinunciare a dei territori per la pace: proseguire nel conflitto oltre un certo punto, infatti, non riguarderebbe più la libertà dell’Ucraina, ma uno scontro diretto tra Russia e NATO che, secondo il pioniere della politica della distensione, sarebbe disastroso. Inoltre, ha sottolineato come la Russia sia parte dell’Europa e che allontanarla completamente dal Vecchio continente la spingerebbe a stringere un’alleanza sempre più stretta con la Cina, a scapito degli interessi delle democrazie. Infine, lo statista della Realpolitik ha ricordato come già otto anni fa avesse scritto un articolo in cui spiegava che un ulteriore allargamento della NATO in Ucraina avrebbe comportato la rottura degli equilibri in quell’area e che, dunque, la soluzione sarebbe stata quella di conferire all’Ucraina uno status neutrale, di modo che potesse svolgere la funzione di ponte tra Russia ed Europa.

Ripensare la globalizzazione

In quello che può considerarsi il “tempio” del libero commercio, non potevano certo mancare gli interventi su come ripensare la globalizzazione, poiché quella che abbiamo conosciuto fino ad oggi è stata fortemente messa in crisi dalla pandemia e dalla guerra in Ucraina, le quali hanno causato l’interruzione delle catene di approvvigionamento e sfiducia nell’interdipendenza globale. Così in un apposito panel intitolato “C’è un futuro per la globalizzazione?” sette leader del settore si sono riuniti per discutere dei futuri ipotetici scenari dell’economia e di come cambierà l’ordine globale nei prossimi sei mesi: è emerso, dunque, che si potrebbe assistere ad un aumento della produzione e dell’approvvigionamento nazionale e regionale, poiché le aziende e i governi stanno cercando di costruire catene logistiche “resilienti” per proteggersi da crisi future. Dunque, si legge che “In un momento di iperconnettività nel mondo virtuale, il mondo fisico si sta rivelando meno congiunto”.

L’idea prevalente emersa anche in altre sessioni del Forum è quella per cui la globalizzazione non sparirà, ma assumerà forme diverse: in particolare, Alexander Stubb – ex Primo Ministro finlandese – ha asserito che “avremo una maggiore regionalizzazione della globalizzazione, ma non andrà via” e che non sarà più una globalizzazione europea o americana perché il commercio si sta spostando in un’altra parte del mondo.
Similmente, Loic Tassel – Presidente Europa di “Procter & Gamble International Operations”, ha affermato di aspettarsi una tendenza alla regionalizzazione delle catene di approvvigionamento, spiegando nella sessione “Future of Globalization” che “più del 90% di ciò che venderemo in Europa sarà prodotto in Europa. Questo è un cambiamento profondo che penso sarà duraturo”.

Prepararsi alla prossima pandemia

Anche il tema della “salute globale” e dello sviluppo dell’andamento pandemico è stato oggetto delle riunioni del Forum. Una specifica sessione è stata dedicata al tema “Prepararsi alla prossima pandemia”, in quanto come ha sostenuto la moderatrice dell’incontro Stephanie Mehta “all’incirca un nuovo patogeno umano emerge ogni anno e ognuno di essi potrebbe rivelarsi la prossima pandemia”. Secondo i relatori intervenuti, tra cui l’onnipresente “filantropo” Bill Gates, è necessario non solo fare tesoro delle lezioni impartite dal Covid 19 e contenere gli agenti patogeni prima che si diffondano globalmente, ma soprattutto trovare un modo attraverso cui il settore pubblico e quello privato possano collaborare per proteggere vite e mezzi di sussistenza. La prossima pandemia è data, dunque, pressoché per certa dalle élite di Davos e i vaccini saranno ancora una volta la risposta globale alla sfida pandemica. A questo riguardo, l’amministratore delegato di Pfizer, Albert Bourla – che a Davos ha tenuto una conversazione con il fondatore del Forum Klaus Schwab – ha notato un calo nella domanda di vaccini a livello globale, in quanto il numero di adesioni alla campagna vaccinale è diminuito notevolmente dopo la prima dose.
Per questo l’Ad di Pfizer per rendere più semplici le cose ha proposto “una dose che duri un intero anno” o, in alternativa, ha asserito che “un altro modo per migliorare l’accettazione dei vaccini anti Covid è unirli ai normali vaccini antinfluenzali”. Infatti, secondo Bourla, il virus non sparirà, ma l’efficacia dei vaccini permetterà alle persone di vivere una vita normale e non morire più di Covid. Inoltre, sempre con riferimento ai vaccini ha aggiunto che “se il virus muta, abbiamo la capacità di aggiornarli”.

La Pfizer si è inoltre impegnata a fornire gratuitamente tutti i suoi farmaci attuali e futuri protetti da brevetto a 45 Paesi a basso reddito per un totale di circa 1,2 miliardi di persone. Lo stesso Bourla, infatti, ha affermato che “Viviamo in un’epoca in cui la scienza è sempre più in grado di affrontare le malattie più devastanti del mondo. Ma esiste un divario di equità sanitaria, un divario che determina chi può accedere a queste innovazioni e chi no”: l’obiettivo è quindi quello di colmare questo divario anche con la collaborazione dei presidenti di Ruanda e Malawi che, insieme a Bill Gates, si sono uniti a Pfizer in questa “sfida”.

Come sempre, moltissimi sono stati gli altri temi trattati a Davos, tra cui l’emergenza climatica, la crisi alimentare mondiale innescata dal conflitto in est Europa, l’uguaglianza di genere, lo sviluppo del “metaverso” e l’importanza della tecnologia. Il tutto nella granitica convinzione che caratterizza lo “spirito” di Davos per cui queste sfide globali vanno affrontate attraverso la “cooperazione globale”: quest’ultima prevede in buona parte una verticalizzazione dei poteri, ossia un trasferimento dei poteri decisionali verso l’alto, dai governi agli enti sovranazionali, in quanto come ha asserito lo stesso Schwab “il governo non può più agire come se solo avesse tutte le risposte”. Si tratta di quella che è stata definita “Governance 4.0”, uno dei cardini dell’ideologia di Davos che ora però rischia di essere messa seriamente in discussione dai rapidi e profondi cambiamenti della Storia, discussi con lucidità, ma anche con apprensione in questa edizione particolarmente significativa del WEF.

[di Giorgia Audiello]

 

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8 Commenti

  1. Ciò che mi colpisce da sempre è la ridicola idiozia degli uomini di potere, alla Bourla per intenderci, nomen omen. Nonostante sembrino dei giganti, confido nel prenderne piena consapevolezza, così come la giusta distanza, per ignorare, disobbedire se serve, costruire altro altrove. Grazie INDIPENDENTE, per l’aiuto.

    • Questo ottimo articolo è la prova che solo leggendo un (buon) giornale su carta oppure online ti puoi fare un idea di quello che succede p.es. a Davos. Pensiamo a chi si nutre solo di TG o di titoli online… e poi va a votare

  2. Cio che emerge ogni anno dal World economic forum è sempre la medesima cosa detta però con parole diverse, ovvero togliere sempre più poteri agli stati nazionali in favore di organi sovranazionali non eletti democraticamente, collaborazione tra settore pubblico e privato che detto tra le righe vuol dire distruzione del settore pubblico e infine nuovi metodi per “covincere” i cittadini dei vari paesi che la spoliazione dei diritti sia una cosa giusta.

  3. Cio che emerge ogni anno dal World economkc forum è semlrela medesima cosa detta però con parole diverse, ovvero togliere sempre più poteri agli stati nazionali in favore di organi sovranazionali non eletti democraticamente, collaborazione tra settore pubblico e privato che detto tra le righe vuol dire distruzione del settore pubblico e infine nuovi metodi per “covincere” i cittadini dei vari paesi che la spoliazione dei diritti è una cosa giusta.

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