La Corte di Cassazione ha confermato le condanne per sei cittadini che avevano preso parte alla manifestazione nazionale del 15 ottobre 2011, quando centinaia di migliaia di persone si riversarono nelle strade di Roma in una delle più partecipate proteste della recente storia italiana, per protestare contro il precariato e le politiche di austerità attuate dal governo con l’obiettivo di ridurre la spesa pubblica e quindi lo stato sociale per far fronte alla crisi economica. In primo grado, nel 2016, i giudici stabilirono una quindicina di condanne per un totale di oltre 60 anni di reclusione e due assoluzioni. Nel 2019, in appello, le condanne divennero nove, fra cui due patteggiamenti e una prescrizione. Infine, pochi giorni fa, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dei sei imputati presentato in seguito alla decisione del giudice di secondo grado, confermandone la condanna a 5 anni e 4 mesi di carcere.
I reati contestati vanno dal tentato omicidio a resistenza a pubblico ufficiale, devastazioni, lesioni, incendio doloso, turbativa dell’ordine pubblico e interruzione di pubblico servizio. La decisione della Cassazione ha chiuso il terzo e ultimo grado di giudizio, rendendo effettive e immediate le condanne. Diverse le reazioni da parte delle organizzazioni coinvolte nella manifestazione del 15 ottobre 2011 o comunque attive nella tutela dei diritti dei cittadini. “Lo stato si assolve e chiude in carcere la dignità”, titola il proprio comunicato il Movimento per il Diritto all’Abitare. “Tutti colpevoli di dignità per aver manifestato insieme a centinaia di migliaia di persone contro la precarietà e lo sfruttamento, per il diritto all’abitare e alla salute, contro le nocività e per la difesa dei territori”, scrive in riferimento alle condanne.
[Di Salvatore Toscano]