Il 1° giugno un gruppo di pescatori si è ritrovato a Roma per protestare contro l’aumento dei prezzi del gasolio, che sta costringendo di fatto la categoria a lavorare in perdita. Intenzionato a dirigersi di fronte al ministero dell’Economia, il gruppo è stato tuttavia bloccato dalle forze di polizia in tenuta antisommossa, che non hanno esitato a far partire alcune cariche ai danni dei manifestanti. I rincari dei prezzi del carburante stanno avendo importanti ripercussioni sul settore, il quale sta mettendo in campo iniziative di protesta sempre più drastiche nella speranza che il Governo non ignori del tutto le rivendicazioni, come sembra star facendo al momento.
Le cariche delle forze dell’ordine hanno coinciso, in particolare, con la chiusura dell’incontro tra i vertici della Direzione Nazionale della Pesca e le associazioni di categoria, dal quale è emerso che nessun provvedimento verrà preso contro il caro carburante. Nessuno dei delegati delle marinerie presenti, inoltre, sarebbe stato ricevuto per un confronto. La protesta dei pescatori si inserisce in un clima di scontento generale della categoria, la quale già viveva “una crisi già aperta per le sempre più stringenti disposizioni unionali in materia di politica della pesca”. A queste si aggiungono ora i rincari del gasolio, in seguito ai quali i pescatori, piuttosto che andare in perdita, stanno smettendo di lavorare in tutta Italia.
Le rivendicazioni riguardavano, in particolare, la richiesta di una maggiore velocità nell’erogazione degli indennizzi (ordinari e straordinari), l’attivazione di una Cassa Integrazione Meteo e ristori concreti per far fronte al rincaro del gasolio, i quali, secondo UNCI Agroalimentare, dovrebbero essere stabiliti dalle singole Regioni in base alle difficoltà locali. Nonostante la costante domanda di prodotto ittico, infatti, gli aumenti del carburante stanno avendo pesanti ricadute sul settore, privato di sostegni sociali di qualsivoglia natura a causa del welfare “quasi inesistente” e del fatto che gli aiuti, che provengono soprattutto dalla legge di bilancio, non sono mai costruiti in modo concreto.
Lo stato di agitazione ha coinvolto tutta la categoria. Dal 21 maggio i pescherecci della costa adriatica della penisola non salpano alla ricerca del pesce fresco. A questo si sono aggiunte, a fine maggio, numerose manifestazioni di protesta in diverse città della costa est, da Chioggia a Molfetta. Il vicepresidente nazionale di Federpesca, Francesco Minervini, ha dichiarato che il Governo ha attivato interventi come credito di imposta e contributi a fondo perduto, ma “le misure non si sono ancora concretizzate”.
[di Valeria Casolaro]
Vergogna vergogna, lo Stato schiaccia i lavoratori e aizza poveri contro poveri. Chissà quando le organizzazioni si uniranno per far sentire con i fatti il malcontento…
Rabbia più rabbia ,questa è un gravissimo insulto a persone che lavorano e si fanno un mazzo tanto ,avrebbero dovuto portarsi dietro pesce avariato e servilismo come pietanza a queste marionette fasciste servili di un governo eletto da nessuno che promulga leggi incoerenti senza rispetto per chi lavora onestamente