Si rafforzano i legami tra Stati Uniti e India, sia sul piano economico sia su quello politico-militare. Nell’anno fiscale 2021-2022, gli Stati Uniti scalzano dal primo posto la Cina per il totale di scambi commerciali con l’India. Inoltre, le manovre politico-doplomatiche legano maggiormente il gigante indiano agli Stati Uniti, specie per quanto concerne il settore indo-pacifico. Sullo sfondo, la massiccia presenza indiana al meeting annuale del World Economic Forum, tenutosi a Davos tra il 22 e il 26 maggio.
Gli Stati Uniti puntano sull’India per cercare di ridisegnare lo scacchiere geopolitico globale, o quantomeno regionale. Il commercio bilaterale tra India e Stati Uniti nell’ultimo anno fiscale si è attestato a 119,42 miliardi di dollari, pari all’11,5% del commercio totale dell’India che si è assestato attorno a 1,03 trilioni di dollari. Notevole è stato l’incremento annuo dello scambio commerciale tra India e Stati Uniti: circa 40 miliardi di dollari, visto che l’anno fiscale precedente aveva realizzato uno scambio per un valore di 80,51 miliardi di dollari. Le esportazioni indiane verso gli Stati Uniti sono aumentate a 76,11 miliardi di dollari nell’anno fiscale 2021-2022, rispetto ai 51,62 miliardi di dollari dell’anno fiscale precedente. Le importazioni sono anch’esse aumentate a 43,31 miliardi di dollari rispetto ai 29 miliardi di dollari del precedente bilancio commerciale. L’India ha quindi registrato una bilancia commerciale positiva rispetto agli Stati Uniti, segnando un surplus di 32,79 miliardi di dollari. Così, la Cina, che registra 115 miliardi di dollari di scambi commerciali con l’India, e una bilancia commerciale totalmente a suo favore, viene però superata dagli Stati Uniti come maggior partner economico dell’India.
Il 23 maggio scorso, l’India, insieme ad altri 12 paesi, ha aderito al quadro economico indo-pacifico (IPEF) guidato dagli Stati Uniti. L’intenzione è quella di creare un’alleanza economica regionale in chiara contrapposizione alla Cina e all’alleanza da essa stessa creata per la medesima areea grografica, il Regional Comprehensive Economic Partnership (RCEP), e di cui invece l’India non fa parte. Infatti, molti dei paesi che hanno preso parte a IPEF fanno anche parte di RCE, oltre che essere inseriti nel quadro della Belt and Road Initiative (BRI). Questa mossa consente agli Stati Uniti di riguadagnare terreno dopo l’improvvisa decisione dell’ex presidente Donald Trump, all’inizio del 2017, di ritirarsi dalla Trans-Pacific Partnership (TPP).
Dalla Cina arriva però un avvertimento nel tentativo di smorzare l’ottimismo espresso dai media indiani. Nel merito, sul giornale cinese Global Times, si può leggere: “La crescita del deficit commerciale degli Stati Uniti con la Cina è stata a lungo accusata dai politici statunitensi di aver comportato la perdita di posti di lavoro negli Stati Uniti. Citando l’enorme deficit commerciale con la Cina, l’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha lanciato una guerra commerciale e ha promesso di riportare i posti di lavoro nel settore manifatturiero. L’India dovrà affrontare crescenti pressioni da parte degli Stati Uniti per ridurre il suo surplus commerciale? La risposta è probabilmente sì”.
Sul piano politico-militare, gli Stati Uniti hanno pronto un pacchetto di “aiuti militari” dal valore economico di 500 milioni di dollari; l’intenzione statunitense è quella di diminuire le vendite russe di armamenti all’India, la quale è uno dei Paesi che maggiormente si riforniscono di armamenti russi. L’india si è inoltre unita alla Combined Military Forces-Bahrain (CMF-B), una coalizione antiterrorismo volta a proteggere le acque internazionali, con gli Stati Uniti come attore principale. L’annuncio è stato fatto dopo che il Presidente degli Stati Uniti, Joseph Biden, ha incontrato il primo ministro Narendra Modi a margine del vertice del Quad – l’alleanza che comprende India, Stati Uniti, Giappone e Australia.
Per concludere, all’ultimo incontro del World Economic Forum, l’India è stata ospite con una folta delegazione composta da oltre 100 persone, tra CEO, fondatori di start-up e leader politici, ha partecipato al WEF Annual Meeting 2022, cercando di far puntare i riflettori sulle prospettive di crescita dell’India e sui suoi ambiziosi piani di sviluppo tecnologico. Con la partecipazione dei ministri del governo federale e la rappresentanza di cinque stati (Telangana, Andhra Pradesh, Karnataka, Tamil Nadu e Maharashtra), l’India cerca di posizionarsi tra i grandi, offrendo una destinazione di investimento attraente e un mercato in rapida crescita.
Sempre il 23 maggio scorso, giorno in cui ha preso vita il quadro economico indo-pacifico (IPEF), il WEF ha annunciato l’Alliance of CEO Climate Action Leaders India che lavorerà per percorsi di decarbonizzazione dell’India nell’ottica di un processo di sviluppo che tenda verso “zero emissioni nette”, riunendo al tavolo del Forum amministratori delegati delle principali aziende indiane. L’India ha inoltre aderito alla First Movers Coalition, l’iniziativa globale guidata da Stati Uniti e WEF volta a decarbonizzare l’industria pesante e i settori dei trasporti a lunga distanza.
Dunque, gli Stati Uniti cercano di portare vicino a sé l’India, sia in funzione antirussa che anticinese e magari nell’ottica di addomesticare l’ennesima potenza in ascesa, possibile competitor dei prossimi decenni. Dal canto suo, l’India cerca di cavalcare l’onda sfruttando ogni possibilità che converga con i propri interessi strategici nel tentativo di emulare l’ascesa cinese a potenza globale e almeno per ora non intende rinunciare a buoni rapporti con la Russia. Secondo quanto riportato dalla CNN, i flussi di greggio russo verso l’India raggiungeranno i 3,36 milioni di tonnellate a maggio. Si tratta di un volume quasi 9 volte superiore alla media mensile del 2021 di 382.500 tonnellate. Complessivamente, l’India ha ricevuto 4,8 milioni di tonnellate di petrolio russo scontato dall’inizio della guerra in Ucraina.
[di Michele Manfrin]