Da 70 anni ad oggi, la siccità in Pianura padana non è mai stata così grave. A ribadirlo nuovamente è stato l’ultimo bollettino dell’Autorità di bacino distrettuale fiume Po. Da quelli agricoli a quelli industriali, passando per quelli civili, la crisi idrica – scrivono nel documento – ha determinato “un progressivo deficit di risorsa disponibile per tutti gli usi”. Una situazione drammatica al punto che Utilitalia, la federazione che riunisce le aziende che distribuiscono l’acqua potabile, ha chiesto a 100 comuni piemontesi e a 25 del bergamasco di sospendere l’erogazione durante la notte allo scopo di consentire un ripristino dei livelli dei serbatoi. Una misura drastica, sebbene ancora non confermata, ma che potrebbe rivelarsi inevitabile. «Si prospetta – precisano infatti nel bollettino – una scarsità persistente della risorsa idrica e una mancanza di precipitazioni corredata da alte temperature».
La condizione siccitosa attuale che attanaglia il Nord Italia è riconducibile ad una combinazione negativa di tutti gli indicatori idro-meteo-climatici misurabili. L’assenza di una piovosità invernale significativa è stato, tuttavia, il fattore diretto determinante. A causa di mancanza di piogge degne di nota per oltre 100 giorni, nel mese di marzo, il deficit idrico ha registrato perfino un -92%. Il risultato è stato che il Po ha raggiunto i suoi minimi storici di piena: un mese fa, il livello è sceso di ben 2,7 metri rispetto allo zero idrometrico più basso registrato a ferragosto del 2021. Discorso analogo per buona parte dei fiumi minori settentrionali. Vanno citati poi altri fattori che hanno contribuito ad una crisi idrica come non la si vedeva da oltre mezzo secolo: le ridotte precipitazioni nevose sulle Alpi e, indirettamente, l’aridità del terreno. In quest’ultimo caso, quel si è innescato è un tipico ciclo a feedback negativo: una condizione (l’assenza di piogge) ne determina un’altra (l’aridità del terreno) che contribuisce a peggiorare gli effetti negativi della prima. Quando il terreno è troppo arido, infatti, non è strutturalmente in grado di assorbire acqua, la quale, laddove si verifichino le tanto attese precipitazioni, viene rapidamente dilavata.
A fine gennaio scorso, non a caso, l’Italia versava già in una situazione di estate idrologica. Al Nord, la copertura nevosa alpina è risultata difatti dimezzata rispetto alla media del periodo invernale e la portata dei fiumi e dei laghi, salvo rare eccezioni, ha toccato praticamente ovunque valori simili a quelli registrati nel pieno dell’estate. Oggi, nessun segnale fa ben sperare. I laghi, eccetto il Garda, sono ancora tutti ai minimi storici del periodo, ogni stazione di misura del Po (ad eccezione di quella di Piacenza) è in condizione di severa siccità, le temperature sono circa 2°C sopra la media, la produzione di energia elettrica “è in stallo” e le colture “sono tutt’ora in sofferenza”. «Si accentua inoltre, con inevitabili danni ambientali a biodiversità e habitat – spiegano nel più recente bollettino – la risalita del cuneo salino a oltre 10 km dalla Costa Adriatica». La già poca neve sulle Alpi è poi ora totalmente esaurita sia in Piemonte che in Lombardia. In sostanza, è terminato l’unico grande serbatoio che di solito mitiga gli effetti della più naturale siccità tipica degli imminenti mesi estivi.
[di Simone Valeri]
À mo avranno la scusa ancor più di alzare i prezzi delle derrate alimentari.