Non è una notizia ribattuta dai media, pertanto pochi genitori sanno che la carenza di vitamina D interessa tra il 50 e il 70 per cento dei bambini italiani. L’integrazione è necessaria (per tutti) dalla nascita almeno fino al primo anno di età. Tra le cause della forte carenza di vitamina D nei neonati, bambini e adolescenti troviamo: insufficiente esposizione solare, stili di vita errati, obesità, colore della pelle e dieta vegana. L’attuale stile di vita rende difficile la produzione di una quantità sufficiente di vitamina D: i bambini trascorrono moltissime ore in ambienti chiusi, a scuola e a casa, al PC, occupati con lo smartphone o davanti a un televisore; molte attività sportive si svolgono in ambienti chiusi. Per giunta sappiamo che un’eccessiva esposizione ai raggi del sole favorisce l’insorgenza di melanoma e altri danni alla pelle e la proteggiamo con prodotti che non lasciano passare i raggi ultravioletti, impedendo così la produzione di questa vitamina quando siamo a contatto con la luce solare (e questo è in realtà l’unico modo efficace affinché il nostro corpo riceva la vitamina D). Quanto agli alimenti che contengono piccolissime dosi di vitamina D, quasi nessuno incontra i favori dei nostri bambini e dei nostri ragazzi, come l’olio di pesce o i pesci grassi come sardine e sgombro. Non stupisce che molti studi condotti negli ultimi anni dimostrino che molti di loro hanno bassi livelli di questa vitamina.
Vitamina D: a cosa serve nei bambini
La vitamina D (colecalciferolo) serve all’intestino per assimilare il calcio e il fosforo che provengono dal cibo o dagli integratori. Favorisce la mineralizzazione, lo sviluppo e la crescita delle ossa. Per bambini e neonati dunque la vitamina D serve alla corretta formazione dell’apparato scheletrico. Gli ospedali e i pediatri la consigliano dopo le dimissioni post parto a tutte le mamme, anche a quelle che allatteranno al seno. Il latte materno in particolare è un po’ carente di vitamina D e per questo viene somministrata in gocce per i primi mesi di vita. Viene però prescritta anche alla mamma che allatta artificialmente.
Cosa succede se manca la vitamina D?
Avere carenza di vitamina D significa rischiare malattie molto gravi tra cui le malformazioni alle ossa, debolezza muscolare, dolori intercostali, rachitismo e fragilità ossea. Solo un medico può valutare se un bambino, durante le varie fasi di crescita, abbia un’effettiva carenza di questa vitamina, pertanto prima di iniziare ad utilizzare l’integratore di vitamina D bisogna aspettare il benestare del proprio pediatra. Evitate il fai da te.
Chi deve assumere la vitamina D
Le raccomandazioni per prevenire l’ipovitaminosi D stilate nel 2015 dalla Società Italiana di Pediatria, dalla Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale e dalla Federazione Italiana dei Medici Pediatri prevedono la profilassi con vitamina D per tutti i neonati per tutto il primo anno di vita, indipendentemente dall’allattamento. Né il latte materno né quello in formula, seppur addizionato, riescono infatti a soddisfare il fabbisogno giornaliero di vitamina D.
Il primo fattore di rischio per l’ipovitaminosi D è la scarsa esposizione solare, principale fonte di approvvigionamento della vitamina D. Motivo per cui gioco e attività fisica all’aria aperta dovrebbero essere maggiormente incoraggiati soprattutto durante la bella stagione, anche perché da novembre a febbraio l’intensità dei raggi ultravioletti è insufficiente a favorire la produzione di vitamina D. L’allattamento al seno esclusivo e prolungato senza un supplemento di vitamina D – tipico di alcune culture come quelle araba o africana – è un altro fattore di rischio. Il latte materno, pur essendo l’alimento ideale per il neonato, non contiene infatti quantità sufficienti di vitamina D. A rischio sono pure i bambini obesi, perché il tessuto adiposo «sequestra» la vitamina D e quelli con la pelle scura, perché questa non permette ai raggi solari di filtrare.
Oltre ai neonati, che ne hanno necessità per la formazione della struttura ossea, deve assumere vitamina D anche il bambino che mangia pochi alimenti che la contengono e chi espone poco il corpo al sole e ai raggi UVB (chi vive in zone molto lontane dall’equatore, ha la pelle scura, esce poco all’aria aperta, fa un uso esagerato di creme solari ad alta protezione). La profilassi è inoltre raccomandata a tutte le donne in gravidanza o che allattano.
Bambini e adolescenti fino al 18° anno di vita
Tra il primo e il diciottesimo anno di vita l’integrazione di vitamina D è consigliata soltanto a bambini e adolescenti a rischio di carenza. In questa categoria rientrano i bambini di etnia non caucasica, quelli con ridotta esposizione solare o che seguono regimi alimentari inadeguati e privi di vitamina D come la dieta vegana, bambini con insufficienza renale o epatite cronica, obesi, affetti da malattie infiammatorie croniche o da celiachia. In particolare, viene raccomandata una supplementazione variabile tra 600 UI/giorno (UI sta per Unità Internazionali) e 1000 UI/giorno.
Particolare attenzione va riservata a quei bambini e adolescenti che durante l’estate sono stati poco esposti ai raggi solari: per loro i pediatri italiani suggeriscono di integrare con vitamina D da fine autunno a inizio primavera (novembre – aprile).
Quali alimenti contengono la vitamina D
La maggior parte della vitamina D che ci occorre viene prodotta dalla pelle esposta ai raggi solari. La vitamina D è contenuta anche in alcuni alimenti, ma solo in piccolissima percentuale: nel pesce grasso come salmone, sgombro, sardine e l’olio di pesce (olio di fegato di merluzzo), tuorlo d’uovo, burro e formaggi di animali che hanno pascolato all’aperto. Nessun alimento di origine vegetale contiene la vitamina D, eccetto i funghi in piccolissimi quantitativi. Va sottolineato comunque che la dieta rappresenta una fonte trascurabile di vitamina D, non sufficiente da sola (senza l’esposizione al sole o l’integrazione) a raggiungere il fabbisogno giornaliero di vitamina D.
[di Gianpaolo Usai]
Il comico Natalino Balasso, pochi anni fa, ha fatto un pezzo che merita di essere visto proprio sul salmone, consiglio di cercarlo su Youtube.
Peccato che, al contrario del buon senso, i vari enti preposti alla Sanità negli anni stanno sempre più riducendo le dosi consigliate di Vitamina C e D.
Forse per farci essere meno sani e quindi migliori clienti delle multinazionali del farmaco e della sanità?
Nell’attuale società neoliberista, la risposta è “sicuramente sì”, poichè il profitto e la crescita dei rendimenti sono al primo posto prima di tutto.
Oltretutto la vitamina D è molto importante contro le sindromi influenzali (incluso il Covid-19) e invece, guarda caso, a livello sanitario e mediatico mainstream ne è stata sminuita l’importanza e quasi ridicolizzato chi la consigliava.
Forse per far aggravare la situazione e spingere alla vaccinazione di massa con profitti miliardari? Idem come sopra…
E non dimentichiamo l’altro scopo: l’enorme spinta alle modificazioni sociali in direzione del tecnocontrollo degli individui e del credito sociale stile Cina, che in una situazione non emergenziale non sarebbero mai state accettate dalle popolazioni.
Vegetale esiste eccome, dal lichene islandico.
Senza mangiare fegato di merluzzo. E non contiene come altri vegetali il precursore D2 ma D3.
Salve Eraldo, quello è un integratore, non un cibo. L’articolo specifica che non esistono cibi vegetali contenenti la vitamina D, eccetto i funghi in piccolissima percentuale comunque molto insufficiente per il fabbisogno (è insufficiente anche se presa dai cibi animali che la contengono, come spiega l’articolo).