venerdì 22 Novembre 2024

Guerra in Ucraina: si intensificano gli scontri per il controllo del Donbass

L’esercito russo avanza nel Donbass, si intensificano i colpi di artiglieria pesante da parte di entrambi gli schieramenti e Mosca pare essere sempre più determinata a raggiungere gli obiettivi dichiarati dal capo del Cremlino la notte del 24 febbraio. Così, dopo mesi in cui la stampa occidentale non ha fatto altro che parlare di esercito russo in panne – descrivendo le forze di Mosca come una sorta di “armata Brancaleone” allo sbaraglio dotata solo di vecchie armi sovietiche – si è ora costretti a fare i conti con la realtà militare sul campo.
Dopo alcune anomalie nella strategia militare russa durante la prima fase del conflitto, infatti, l’esercito di Mosca, guidato dal generale Alexander Vladimirovich Dvornikov, appare essersi riorganizzato conquistando circa il 20% del territorio ucraino, con l’intento di mettere in sicurezza i territori delle autoproclamate repubbliche del Donbass e la Crimea, dove la Russia possiede una flotta navale strategica nel porto di Sebastopoli. Mosca controlla, dunque, quasi totalmente le regioni di Kherson, Zaporirizhia, Donetsk, Lugansk e Kharkiv, corrispondenti alla fascia sud-orientale del Paese, garantendosi così un accesso totale al Mar Nero, strategico sia dal punto di vista militare che geopolitico.

Mappa aggiornata del conflitto in ucraina, in rosso le zone sotto il controllo russo [Fonte: Wikimedia]
Nelle ultime settimane sono aumentati gli attacchi nella regione di Lugansk, dove imperversano furiosi combattimenti per il controllo della città di Severodonetsk, la cui conquista è fondamentale per il controllo dell’oblast. Al momento la città è ormai completamente in mano ai russi ad eccezione dello stabilimento chimico Azot, dove si sono asserragliati i militari ucraini insieme a centinaia di civili usati come scudi, ripetendo così lo schema di quanto avvenuto a Mariupol nell’acciaieria Azovstal. Nel suo ultimo bollettino, l’intelligence militare britannica ha spiegato che l’occupazione dello stabile chimico servirà probabilmente ad impedire temporaneamente alla Russia di «riassegnare le sue unità per operazioni militari in altre zone». In altri termini, si tratta di un modo per guadagnare tempo da parte dell’esercito di Kiev che ha respinto l’ultimatum russo di arrendersi abbandonando l’impianto attraverso un corridoio predisposto ieri dalle 7 alle 9, ora italiana. La stessa intelligence britannica ha poi sottolineato che «la Russia controlla oltre il 90% dell’Oblast di Lugansk ed è probabile che ne completi il controllo nelle prossime due settimane».

Infatti, mentre si lavora per fare evacuare i civili dall’impianto chimico – nonostante i tre ponti principali fuori dalla città siano stati distrutti –  proprio in questi giorni l’offensiva russa è arrivata ad attaccare da nove direzioni diverse nel Lugansk. Inoltre, continua l’avanzata nell’area di confine tra gli oblast di Donetsk e Kharkiv, dove le forze moscovite hanno conquistato diverse cittadine sulla sponda ovest del Donec.

Se da un lato la morsa russa sul Donbass diventa sempre più pressante, con l’intento di stringere su Slovyansk – nel Donetsk – dall’altra, non mancano di certo risposte di artiglieria pesante da parte dell’esercito ucraino che continua a colpire anche i civili in quelle stesse zone che ormai da otto anni sono assediate dalle forze di Kiev, in quanto russofone e legate culturalmente e politicamente a Mosca. Il tutto nel silenzio della stampa occidentale, evidentemente desiderosa di attribuire la brutalità solo ad una delle parti in causa. In particolare, nella sola giornata di lunedì, si sono registrati 77 bombardamenti nella DPR (Repubblica Popolare di Donetsk), uno degli attacchi più pesanti dal 2015. Quasi tutti i distretti della città di Donetsk erano sotto tiro e sono stati colpiti dalle forze ucraine con mortai, artiglieria a razzo e colpi di munizioni a grappolo, provocando – secondo le fonti locali – cinque morti e quaranta feriti tra i civili.

Negli attacchi, sono stati coinvolti edifici civili, tra cui un ospedale di maternità, chiese, mercati, edifici residenziali e palestre, come testimoniato anche dal fotoreporter italiano presente in loco, Vittorio Rangeloni. Secondo il portavoce della DPR Eduard Basurin, citato dall’agenzia russa Ria Novosti, «il bombardamento è stata un’operazione pianificata dalle forze ucraine per distruggere la popolazione civile». Attacchi che sono effettuati dalle forze ucraine anche grazie alle armi inviate dai Paesi occidentali, le quali spesso vengono distrutte o sequestrate dai russi. A riguardo, il Ministero della difesa russa ha fatto sapere in una nota che «vicino alla città di Zolochiv, nella regione di Leopoli, missili a lungo raggio Kalibr ad alta precisione hanno distrutto un deposito di armi straniere trasferite in Ucraina dai Paesi della Nato, inclusi obici M777 da 155 mm» che sono gli stessi impiegati dall’esercito ucraino negli attacchi contro la DPR.

In generale, negli ultimi due mesi di scontri si è assistito ad una diminuzione delle perdite russe, sia di mezzi che di soldati, e ad un aumento di quelle ucraine, colpite ripetutamente dall’artiglieria russa e dai missili di precisione. In particolare, nella seconda fase del conflitto, Kiev ha perso due enormi depositi di armi e munizioni, uno a Kherson e un altro presso Balaklija, rendendo lo scontro tra i due eserciti sempre più asimmetrico, sebbene Kiev continui ad essere parzialmente supportata dalle forniture occidentali. A riguardo, lo stesso Zelensky ha dovuto ammettere che i soldati russi sono «più numerosi e più forti». Tuttavia, la strategia ucraina appare tuttora orientata alla resistenza a oltranza per mantenere l’integrità territoriale, rinunciando per il momento a qualsiasi trattativa diplomatica, spinta probabilmente in questo anche dal sostegno di alcuni Paesi Nato. Secondo l’intelligence occidentale «questa fase può determinare l’esito a lungo termine della guerra». Vedremo, dunque, fin dove i russi decideranno di avanzare e se Kiev concederà spazio per trattative territoriali come ha suggerito negli scorsi giorni il presidente francese Emmanuel Macron: il capo dell’Eliseo, infatti è stato netto: prima o poi, ha asserito, «il Presidente ucraino e i suoi uomini dovranno negoziare con la Russia per cercare di porre fine alla guerra».

[di Giorgia Audiello]

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