martedì 5 Novembre 2024

Quello che abbiamo lo dobbiamo alle proteste di chi ci ha preceduto

Le proteste più importanti della storia, che ricordiamo ancora e che ci hanno lasciato qualcosa, sono quelle che non hanno mostrato solo l’aspetto  dell’opposizione, della rabbia, del dissenso. Quando un movimento sociale si ferma a questo step finisce per dissolversi, perché impiega la propria energia per distruggere, eliminare qualcosa, senza creare o provare a costruire. Una manifestazione efficace ed eterna può dirsi tale quando punta a imporre un vero cambio sociale, dando un’alternativa culturale il cui modello è solido abbastanza da reggere al passare del tempo.

Negli ultimi quindici anni le proteste in tutto il mondo sono praticamente triplicate. E proprio di recente si sono verificati alcuni dei più grandi movimenti di protesta mai registrati: da quelli degli agricoltori iniziati nel 2020 in India, a quelli del 2019 contro il presidente Jair Bolsonaro. Spesso diamo per scontato e pensiamo che le cose non potrebbero essere diverse da come sono: quando il popolo è insoddisfatto deve insorgere per ottenere qualcosa. Ma se oggi sentiamo il bisogno di farlo e pensiamo che possa essere utile per cambiare le cose è grazie agli esempi che ci hanno preceduto, per merito dei quali sappiamo di avere e potere rivendicare determinati diritti.

La vita di tutti vale allo stesso modo

Le proteste per la morte dell’afroamericano George Floyd sono iniziate a Minneapolis il 26 maggio 2020, dopo la sua uccisione. L’uomo è morto asfissiato per essere stato immobilizzato con un ginocchio sul collo per più di 8 minuti dall’ex agente di polizia Derek Chauvin. Le proteste si sono immediatamente diffuse in tutta la nazione: gli abitanti di tutti i 50 stati sono scesi in piazza per opporsi alla brutalità della polizia e al razzismo istituzionale in generale. Le manifestazioni sono continuate ogni notte e si sono estese ai paesi di tutto il mondo. Alcuni di questi paesi avevano già avuto il loro “George Floyd”, una persona nera uccisa nello stesso identico modo.

Perché ci ha insegnato qualcosa?

Molte persone – e non solo gli attivisti neri – hanno visto nella morte di Floyd un simbolo di intolleranza e di ingiustizia che ogni giorno le persone che per qualche motivo sono emarginate affrontano. Episodi come questi segnano per sempre il corso della storia e rappresentano un momento di passaggio: da qui in poi non si può più tornare indietro. Dopo la morte di Floyd, infatti, molti politici, aziende e società sono state spinte a prendere una posizione pubblica su questioni come l’uguaglianza razziale e la gestione della polizia. Molte statue confederate sono state eliminate smantellate e il mondo ha aperto gli occhi su una realtà che sembrava appartenere al passato.

Pretendere un futuro per il Pianeta

Se negli ultimi anni i cambiamenti climatici sono rientrati nel dibattito politico è soprattutto merito di alcuni importanti movimenti di protesta. Durante la Giornata della Terra del 22 aprile del 2017, circa 100.000 persone hanno marciato su Washington per mostrare sostegno e riconoscenza alla scienza e spronare all’adozione di decisioni politiche servendosi di prove scientifiche. In particolare su temi come il cambiamento climatico e la salute pubblica. Non è un caso che la marcia si sia svolta dopo l’elezione del presidente Trump, che aveva precedentemente definito il cambiamento climatico una bufala e aveva promesso di ritirare gli Stati Uniti dall’accordo di Parigi, tagliando i finanziamenti a numerose agenzie scientifiche e di ricerca. Le manifestazioni pro scienza si sono svolte in più di 600 città in tutto il mondo, con una partecipazione globale di più di 1 milione di persone.

Perché ci ha insegnato qualcosa?

Combattere per il clima e fare in modo che i potenti della terra rispettino gli standard e i limiti suggeriti dalla scienza è un diritto di tutti i cittadini. Ecco perché negli anni successivi sono nati ulteriori movimenti come i Fridays for Future, uno sciopero scolastico per il clima fatto a livello internazionale e composto da alunni e studenti che decidono di non frequentare le lezioni scolastiche per partecipare alle manifestazioni.

La guerra non è una missione di pace

Milioni di persone nelle città di tutto il mondo si sono radunate per protestare contro la guerra nei mesi che hanno preceduto l’invasione ufficiale dell’Iraq. A Londra, in particolare, almeno 1 milione di persone si sono radunate a formare quella che molti esperti hanno definito la più grande manifestazione politica mai realizzata nella storia del Regno Unito. Tra i manifestanti c’erano anche i familiari dei soldati morti proprio in Iraq in quegli anni, e che quel mercoledì 6 luglio a Londra si opponevano alle decisioni di Tony Blair. La protesta infatti è scattata dopo la pubblicazione del rapporto sulla partecipazione britannica al conflitto contro Saddam Hussein del 2003. La folla, radunatasi vicino a Westminster, ha chiesto con cori e cartelli di incriminare l’ex premier per crimini di guerra.

Perché ci ha insegnato qualcosa?

I risultati del clamore delle proteste di quegli anni si fanno sentire tuttora. Anche se l’ex primo ministro britannico è stato insignito dalla regina Elisabetta del titolo di Sir, i cittadini continuano ad opporsi. A loro parere le bugie che ha raccontato nel 2003 per fare guerra all’Iraq hanno causato la morte di decine di soldati britannici. Non sempre quello che un capo di Stato decide di fare incontra il favore della Nazione. Ma, come sostiene l’articolo 1 della Costituzione italiana, “La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”.

I diritti dei popoli oppressi

Il 30 marzo del 2018 alcuni cecchini israeliani hanno ucciso 40 palestinesi durante alcune proteste nella striscia di Gaza, ferendone poi altri 1.700 con colpi di arma da fuoco, proiettili di gomma e gas lacrimogeni. I palestinesi si erano adunati lungo il confine tra Israele e Gaza per partecipare alla “Marcia
del Ritorno”, una protesta lunga sei settimane per auspicare il ritorno dei palestinesi nelle terre occupate. I funzionari del governo israeliano hanno cercato di giustificare in tutti i modi l’uso di armi e munizioni che hanno
ucciso adolescenti e giornalisti.

Perché ci ha insegnato qualcosa?

I palestinesi hanno sopportato decenni di occupazione militare, colonizzazione e oppressione tacitamente approvata dalle istituzioni, in quello che è il conflitto più lungo nella storia moderna. Ma il coraggio e la capacità di resistere della comunità palestinese di fronte a questo assalto ha ispirato
generazioni di attivisti di tutto il mondo. Spesso le Istituzioni educative insegnano e sono esempio di autorità, competizione e controllo. In fondo insegnano ai cittadini quello che riescono a fare meglio.

I diritti delle donne non sono arrivati dal cielo

Nel corso degli anni le donne hanno lottato molto per ottenere anche i diritti base. La lotta per il voto portata avanti dalle suffragette è stata davvero lunga. All’epoca venivano descritte come anarchiche e terroriste. La stessa
lotta portata avanti per ottenere la possibilità di abortire e decidere sul proprio corpo, ottenuta solo con la Legge del 22 maggio 1978, n. 194. Come sono riuscite ad ottenerla? Con anni di mobilitazione e con la democrazia. Tra il 17 e 18 maggio del 1981 milioni di persone si recarono a votare ribadendo il loro appoggio alla legge 194, soprattutto perché prima di quella norma una
donna che abortiva rischiava fino a quattro anni di carcere.

Perché ci ha insegnato qualcosa?

Quello che abbiamo e che diamo per scontato in realtà non lo è affatto. Se oggi le donne possono votare, abortire, indossare una gonna, viaggiare da sole, lavorare, decidere di non sposarsi mai, non è un atto dovuto, anche se dovrebbe. È frutto di chi ci ha preceduto, di chi ha consumato le scarpe per le strade, nelle piazze, di chi ha messo davanti al proprio l’interesse comune. È frutto delle proteste. È frutto della rivolta.

[di Gloria Ferrari]

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5 Commenti

  1. grazie GF, bell’articolo
    pian piano cresce la consapevolezza
    di tutte le guerre, le violenze, le ingiustizie e di tutte le lobby…
    purtroppo le sponsorizzazioni della falsità assume le forme più varie e sofisticate
    e la violenza continua contro la gentilezza, i deboli, le donne, diventa solo una notizia

    la domanda è: cosa possiamo fare?
    questa è la risposta, qui ora esattamente nel presente
    ognuno la cela dentro, ma ce l’ha dentro di se
    o semplicemente la tira fuori
    in qualsiasi forma

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