Un anticorpo ha sconfitto il cancro al colon-retto in uno studio sperimentale effettuato da un gruppo di ricercatori del Memorial Sloan Kettering Cancer Center di New York, negli Stati Uniti. La ricerca è stata condotta su dodici pazienti, con un’età media di 54 anni, i quali sono guariti dal tumore senza sottoporsi né a interventi chirurgici né a cicli di chemioterapia, ma solo a un trattamento basato sulla somministrazione dell’anticorpo monoclonale dostarlimab.
Ai pazienti coinvolti è stato fatto assumere il farmaco per infusione ogni tre settimane, per un lasso di tempo lungo sei mesi. L’esperimento, ovviamente, nel caso in cui la cura non fosse andata come previsto, avrebbe previsto un “piano B”: cicli di chemioterapia o interventi chirurgici nel periodo subito dopo il trattamento sperimentale. Questi, tuttavia, non si sono rivelati necessari. Inoltre, seppur generalmente un paziente su cinque riporti effetti collaterali in risposta a questo genere di terapia – quali debolezza muscolare o difficoltà nella deglutizione -, nessuno dei volontari ha accusato malesseri. Un aspetto indubbiamente positivo, ma da prendere ancora con le pinze, in quanto potrebbe essere dovuto o al numero ridotto di soggetti coinvolti nella ricerca o al tipo di tumore.
Il dostarlimab è un anticorpo monoclonale, ovvero un tipo di proteina prodotto in laboratorio con tecniche di DNA ricombinante, che imita la capacità del sistema immunitario di combattere i virus. Entrando più nello specifico, questo tipo di composto organico stimola la risposta immunitaria perché, rendendo visibili le cellule tumorali alle difese naturali dell’organismo, questa le trova e le combatte. Mai prima d’ora si era arrivati alla scomparsa completa del cancro – certificata per almeno sei mesi da diversi esami clinici (PET, endoscopia, risonanza magnetica) -, in tutti i partecipanti.
Un farmaco simile, il pembrolizumab, era già stato sperimentato nel 2017, su 86 pazienti affetti da diversi tipi di cancro metastatico, da Luis A. Diaz, uno degli autori dello studio. I soggetti avevano sì tumori differenti, ma presentavano tutti la stessa mutazione genetica che impedisce alle cellule di riparare i danni causati al DNA. Dopo un anno o due dall’assunzione del farmaco, il 10% dei pazienti era guarito, mentre la metà si era stabilizzata. È stato questo buon risultato a fare sorgere un quesito importante: se il trattamento fosse iniziato con largo anticipo, prima della formazione e diffusione delle metastasi? Da qui è partita la sperimentazione sui pazienti con tumore al colon-retto localizzato e affetti dalla stessa mutazione genetica dei partecipanti alla ricerca del 2017. Questa ha dato un risultato storico ma da considerare ancora provvisorio, poiché se è vero che, per ora, in nessun caso il cancro si sia ripresentato, è opportuno approfondire e attendere più tempo per capire se si possa parlare di guarigione.
[di Eugenia Greco]