Documentario del 2010 della durata di 107 minuti (disponibile su YouTube sottotitolato in Italiano), candidato agli Oscar come miglior documentario e premiato al Sundance Film Festival. Diretto e prodotto da Josh Fox, fondatore del network di cinema indipendente “International wow Company”, compone il suo lavoro su tre livelli: la pratica della “trivella selvaggia”, operata in quei territori degli Stati Uniti, detti “red zone”, dove maggiormente si concentrano i depositi sotterranei di gas naturale, il contrasto con il panorama naturale ed infine, sullo sfondo, le testimonianze della gente comune che vive e subisce tutti i giorni gli effetti di tali indiscriminate ricerche. Il tutto reso vivido e reale dalle riprese quasi amatoriali e dal semplice ma efficace montaggio.
Il regista, Josh Fox che in Pennsylvania fa l’agricoltore, nel 2008 si è visto offrire da una importante compagnia energetica, 100mila dollari, un prezzo decisamente fuori mercato, per l’affitto di un suo terreno, per consentire l’estrazione di gas scisto. Questo gas naturale, detto “scisto” (in inglese shale gas;) cioè gas ottenuto dall’argilla in cui per vari motivi e nel corso di milioni di anni si sia depositata e decomposta materia organica, è stato subito presentato come una soluzione ecologica e determinante per un approvvigionamento energetico assolutamente importante per l’economia e con l’obiettivo di far raggiungere al paese l’autosufficienza energetica entro il 2020. Ignorando consapevolmente che i sistemi di estrazione sarebbero stati altamente dannosi per il territorio ma anche per il sottosuolo e di conseguenza per le falde acquifere, grazie all’Energy Policy Act del 2005, passato sotto l’amministrazione di George W. Bush, che permette alle compagnie di non tenere conto delle restrizioni del Safe Drinking Water Act, complesso di norme tese a proteggere da qualsiasi contaminazione le fonti di acqua potabile, le estrazioni continuano e tendono ad intensificarsi nonostante le voci di protesta che si levano da ogni parte.
Fox insospettito dalla allettante offerta della major, decide di rifiutarla e approfondire il problema per scoprire se quella terra di sua proprietà in Pennsylvania, poteva essere danneggiata durante il processo di rimozione del gas naturale. Intraprende così un personale viaggio in pieno stile on the road attraverso gli States, dal Colorado al Wyoming, nello Utah, fino al Texas avvalendosi di interviste a scienziati, ambientalisti e testimonianze dirette rendendosi via via conto che la perforazione del gas naturale ha portato a una grande contaminazione nell’acqua, nell’aria e nel suolo, avvelenando falde acquifere, uomini e animali e distruggendo il territorio. Il modello estrattivo, detto “fracking” o fratturazione idraulica, acqua immessa a forte pressione e con agenti chimici, è estremamente invasivo per il sottosuolo in quanto attacca lo stato roccioso frantumandolo per raggiungere gas e petrolio contenuto nelle argille permettendone il recupero.
Queste fratture mantenute aperte per facilitare l’estrazione, non si richiuderanno mai più, lasciando il via libera ad un subdolo inquinamento: quello dell’ acqua potabile. Negli Stati Uniti il shale gas viene estratto in grandi quantità in queste miniere “invisibili” e si parla ormai di una fonte accertata tutt’altro che pulita. La devastazione ambientale è stata documentata da questo “ film verità” frutto di accurate ricerche e tratto da storie vere. Non possiamo non sottolineare un’immagine fra le più sconvolgenti e convincenti, quella di un rubinetto che, aperto, avvicinando un accendino, emette insieme all’acqua grandi lingue di fuoco. Gasland non si offre come prodotto militante: è piuttosto un canto di “resistenza ambientale”, proprio come l’immagine dell’autore con la maschera anti gas, sovrastato alle sue spalle dalle imponenti trivelle industriali, suona il banjo che a qualcuno ricorderà l’iconica scena del film “Un tranquillo weekend di paura”. Il viaggio di Fox alla fine lo porterà al Congresso a discutere un disegno di legge perché vengano abrogate le esenzioni governative per le trivellazioni dell’argilla ed è stato elemento chiave per mobilitare il movimento “ anti-fracking”.
[di Federico Mels Colloredo]