Quando si parla di digitalizzazione e aziende tecnologiche, spesso si adotta una lettura dei fatti che guarda al futuro, che ammicca a un domani migliore in cui robot e machine learning potranno colmare le lacune più critiche delle nostre società. Questo ottimismo viene quasi sempre sostenuto formalmente dalle Big Tech, tuttavia nei dietro alle quinte sembra che queste ripongano poche speranze nel destino che ci attende, almeno tenendo conto del fatto che un po’ tutte si stiano impegnando a ridimensionare le loro prospettive sulla forza lavoro.
Ieri, 21 luglio, è emerso che una manina in Microsoft Corp. ha cancellato dal sito aziendale diversi annunci di ricerca personale, tra questi alcuni ruoli nel cloud business e nell’unità dei software di sicurezza, ovvero categorie criticamente importanti. L’azienda, interpellata in merito, ha ammesso che i tagli alle assunzioni sono destinati a rimanere una costante fino a data da definirsi o, per essere più precisi, che sarà «riposta maggiore attenzione sul come vengono impiegate le risorse». Microsoft non rappresenta però un caso isolato. A inizio mese il CEO di Google, Sundar Pichai, aveva annunciato l’intenzione di rallentare con i processi di assunzione, una posizione che secondo The Information è devoluta recentemente in un blocco totale della durata di almeno due settimane.
La situazione non va meglio nei corridoi di Meta. Stando ad alcune informazioni ottenute da The Verge, il CEO Mark Zuckerberg avrebbe annunciato internamente l’intenzione di «gestire la crescita ai livelli che pensiamo si possano gestire nel tempo», cosa che si è tradotta in un taglio netto delle assunzioni in diversi settori dell’impresa. L’unico campo in cui Meta sembra ancora disposta a puntare convintamente è quello delle intelligenze artificiali. Sempre in questo periodo, Bloomberg ha intercettato la notizia che Apple stia rivedendo le sue stime d’espansione per il 2023, per quanto concerne il ramo delle risorse umane, mentre il CEO di Uber, Dara Khosrowshahi, ha esplicitamente dichiarato che le assunzioni in azienda saranno ormai da considerarsi un «privilegio».
Complice la diatriba con Elon Musk, Twitter ha iniziato a congedare dirigenza e dipendenti già a partire da maggio, mentre Tesla non solo ha avviato una campagna di licenziamenti, ma si è trovata anche a dover vendere il 75% del suo tesoretto in Bitcoin per accumulare rapidamente qualche milione di liquidità. Più si va a fondo alla faccenda, più si possono notare tagli. Da Spotify a Netflix, tutti stanno sfoltendo i rami in vista dell’inizio del nuovo anno fiscale, tuttavia non si può fare a meno di notare che il settore stia adottando una narrazione condivisa della situazione, con i grandi dirigenti che si dimostrano pronti a sostenere che i ridimensionamenti siano necessari in vista a un crollo previsto dei consumi. Un crollo che secondo le loro stime dovrebbe essere vertiginoso.
Khosrowshahi prepara i suoi a un «movimento sismico» del Mercato finanziario, il CPO di Meta Chris Cox parla di «tempi difficili», il CEO di Spotify Daniel Ek fa riferimento a «incertezze dell’economia globale» e il multimiliardario Musk ha ammesso di avere una «sensazione super-brutta» a proposito della salute della finanza mondiale. In altre parole, coloro che dovrebbero garantire un futuro radioso e iperconnesso alle società sono i primi ad essere pessimisti su quanto potrebbe accadere nei prossimi anni.
[di Walter Ferri]
È evidente che sia in atto un cambiamento epocale del mondo economico che da dollarocentrico si sta trasformando in policentrico. L’Europa, succube del dollaro, sta relegandosi in una nicchia pericolosissima, autoinfliggendosi colpi micidiali per la sua stessa sopravvivenza. È lo stesso processo di globalizzazione portato avanti dalle big 5 americane, strumento a vantaggio della elite finanziaria occidentale, che sta mostrando il vulnus alle basi del progetto che farà cadere il castello di carte creato. Solo chi utilizzerà la rete per creare effetti positivi glocal potrà sopravvivere nel nuovo modello policentrico. Decentralizzazione e una struttura flessibile della nuova finanza che sappia coinvolgere in modo circolare tutti gli umani in modo collaborativo non n può nascere dalle ceneri di aziende nate e votate a fare l’opposto.