Con una media di 19 ettari al giorno, il valore più alto negli ultimi dieci anni, e una velocità che supera i 2 metri quadrati al secondo, il consumo di suolo in Italia è tornato a crescere. Nel 2021, ha sfiorato i 70 km2 di nuove coperture artificiali in un solo anno: il cemento, così, ricopre ormai 21.500 km2 di suolo nazionale. È quanto emerso dal nuovo rapporto del Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (SNPA). «Un ritmo non sostenibile – sottolineano gli autori del documento – che potrebbe incidere in maniera significativa sulle possibilità di ripresa del nostro paese». Sulla base dell’impatto degli ultimi 15 anni, infatti, detto consumo di suolo equivale a una perdita economica di 8 miliardi di euro l’anno di servizi ecosistemici.
Gli incrementi maggiori, ovvero i nuovi ettari (ha) di cemento, sono avvenuti in Lombardia (+883 ha), Veneto (+684 ha), Emilia-Romagna (+658 ha), Piemonte (+630 ha) e Puglia (+499 ha). La Valle d’Aosta è stata quella con il consumo di suolo più basso, mentre Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia, Molise, Basilicata e Calabria si sono mantenute sotto i +100 ettari. Ragionando invece in termini percentuali, o meglio, rapportando il nuovo consumo di suolo alla superfice totale, la Lombardia, con oltre il 12%, si conferma la regione con il dato peggiore, seguita da Veneto (11,90%) e Campania (10,49%). Tra le città, la Capitale conferma il trend dell’ultimo periodo e, anche nel 2021, ha consumato più suolo di tutte le altre. In un anno, Roma ha perso infatti altri 95 ettari di suolo permeabile, seguono Ravenna, Vicenza, Reggio Emilia, Catania e Novara. Tra i capoluoghi di regione, escludendo Roma, il dato peggiore lo registra Venezia con +24 ha di nuovo cemento, seguono Milano (+19 ha), Napoli (+18 ha), Perugia (+13 ha) e L’Aquila (+12 ha). Non a caso – evidenzia il SNPA – oltre il 70% delle trasformazioni nazionali si concentra nelle aree cittadine cancellando proprio quei suoli candidati alla rigenerazione. Gli edifici aumentano costantemente: oltre 1.120 ettari in più in un anno distribuendosi tra aree urbane (32%), aree suburbane e produttive (40%) e aree rurali (28%). Il rapporto mette inoltre l’accento sul fotovoltaico a terra, le cui nuove istallazioni nel 2021 corrispondono ad una copertura di circa 70 ettari di suolo. «Gli scenari futuri – si legge nel testo – prevedono per questi impianti un importante aumento nei prossimi anni, stimato in oltre 50 mila ettari. Oggi, oltre 17 mila ettari sono occupati da queste installazioni, in modo particolare in Puglia, Emilia-Romagna e Lazio».
In 15 anni, tra il 2006 e il 2021, la nostra Penisola ha perso 1.153 km2 di suolo naturale o semi-naturale. La media si attesta attorno ai 77 km2 all’anno perlopiù a causa dell’espansione urbana e delle sue alterazioni collaterali. Questo significa nuovo suolo impermeabile nelle aree urbane, tra le altre cose, responsabile di una serie di impatti ambientali di cui avremmo potuto benissimo farne a meno. Le città d’altro canto, in un’ottica di mitigazione dei cambiamenti climatici, andrebbero potenziate in termini di sostenibilità: più aree ed infrastrutture verdi, anziché ulteriori colate di cemento. Interessante notare poi come il rapporto fin qui descritto evidenzi i suoi dati proprio mentre l’Italia è nella morsa sia della siccità che del caldo estremo. Una maggior quantità di suolo impermeabile, difatti, impedisce alla sempre più rada acqua piovana di completare il ciclo idrologico, nonché si correla a più frequenti allagamenti e ondate di calore.
[di Simone Valeri]
Fra l’altro in assoluta controtendenza con l’andamento demografico…