In Lombardia dove l’inquinamento già rappresenta un serio problema, esiste l’intenzione di quadruplicare la quantità di rifiuti bruciati. Questione che ha immediatamente generato serie mobilitazioni da parte dei cittadini, perché potenziare l’impianto sito a Calusco d’Adda, in provincia di Bergamo, rappresenta un rischio per la salute e per l’ambiente. La regione è inoltre prima in Italia per numero di impianti con ben tredici inceneritori e tre cementifici che bruciano rifiuti, mentre nell’area specifica di appena 30 km dove si vogliono implementare le performance dei già cinque impianti, quattro inceneritori e un cementificio, vivono circa due milioni di abitanti. Da parte di Italcementi, che nell’impianto sito a Calusco d’Adda vorrebbe passare allo smaltimento di 110mila tonnellate di rifiuti all’anno (mentre ad oggi ne vengono smaltiti 30mila) si parla di rischi praticamente inesistenti, ma i comitati La Nostra Aria e Rete Rifiuti Zero Lombardia con il sostegno degli abitanti dei diversi comuni della zona d’interesse tra Milano, Lecco e Bergamo viaggiano in tutt’altra direzione. Finora sono state raccolte 10mila firme col fine di impedire la concessione finale dell’autorizzazione, cui decisione è ora in in mano alla provincia di Bergamo.
Italcementi ha anche finanziato uno studio – e non c’è bisogno di evidenziare ulteriormente quanto tutto ciò sia guarguignolesco – volto a dimostrare che, anche grazie all’utilizzo di un combustile diverso da quello applicato fino ad oggi, praticamente esistano zero rischi per l’ambiente e per la salute pubblica. La non incidenza dell’impianto di Calusco è anche sostenuta dagli enti competenti ovvero Ats e Arpa. Lo studio casualmente finanziato dai diretti interessati, è stato realizzato da due figure di spicco dell’università Tor Vergata di Roma, Leonardo Palombi e Antonio Pietroiusti, che hanno condiviso i risultati ottenuti.
Eppure chi si mobilita per impedire l’effettiva realizzazione di un progetto anche solo intuitivamente impossibile da definire come completamente non impattante (una storia che ricorda altri episodi tutti italiani come quello delle “Trivelle ecologiche”) ha deciso di svolgere le proprie ricerche e i propri esami, dimostrando tutto il contrario. Così Stefano Scarselli, biologo specialista in biomonitoraggio con esperienza pluriennale nel settore, ha sottolineato come il metodo dell’osannato risultato ottenuto dai ricercatori finanziati da Italcementi sia “Inconsueto”. Le verifiche dovrebbero essere effettuate suddividendo l’area delle ricadute in diverse aree minore in base alla quantità di esposizione (alta, media e bassa) ed è proprio seguendo i passaggi descritti che sono state valutate le emissioni delle maggiori industrie e degli inceneritori della Lombardia.
In parole povere, lo studio che parla di “zero danni” non può essere credibile, anche perché è arrivato a, parole degli oppositori che hanno riportato il sapere di Scarselli, “Una super media generale tra i livelli di inquinamento di un territorio vasto” mentre invece avrebbe dovuto “Prendere in esame la popolazione più colpita”. Dopo l’opinione della controparte e le proteste dei cittadini la Provincia di Bergamo ha deciso di approfondire la questione e attendere prima di concedere ufficialmente l’autorizzazione a Italcementi.
[di Francesca Naima]
In questa “eterna” lotta tra inceneritori si e inceneritori no, i termovalorizzatori sono una risposta alle discariche a cielo aperto sempre più grandi e la vendita all’estero dei rifiuti. Nei comitati contrari agli inceneritori c’è spesso solo ideologia, la differenziata non è sufficiente.
Costruirne qualcuno vicino le case dei maialecios politicanti corrotti