Il giorno precedente era stato un inferno, un bombardamento generalizzato al napalm tossico. Alcuni paesaggi assomigliavano alla scena finale di Full Metal Jacket di Stanley Kubrick. Rovine, fumo, disillusione, confusione. Con una notevole differenza, non si capiva chi fossero gli amici e chi i nemici. Non c’erano caratteristiche evidenti da poter mettere insieme per le squadre che si opponevano. L’unico che reggeva le fila del conflitto, e lo dominava dall’alto, era sua maestà il Caos. Messo lì da gruppi di potere, con interessi oscuri e ramificati da far pensare che il diavolo non era poi solo Keyser Soze, dei Soliti sospetti.
Alcuni di noi in quell’inferno ci erano venuti volontariamente, anche potendo stare altrove, o tornandovi dopo un’esperienza lontano dal sud. Come i giovani spavaldi, intellettuali o no, della vecchia classe intellettuale borghese, che si arruolavano volontari nei conflitti. Guerra civile spagnola, Vietnam, guerre mondiali. In ogni conflitto bisognava esserci per essere protagonisti della storia; del cambiamento, anche se brutale e disumano. Le nostre generazioni non avevano combattuto conflitti e per questo ne avevamo di grossi, con la spiritualità. I più sensibili sentivano la decompressione emotiva tra il dentro e il fuori. Eravamo diventati tutti schiavi, lo sapevamo, lo accettavamo, e i nostri bisogni indotti, effimeri e inutili, ci traghettavano e ci dominavano, abilmente teleguidati dall’alto. Proprio per questo, alcuni di noi, pochi, ma meglio di niente, nella Terra dei Fuochi avevano trovato il loro campo di battaglia per opporsi a tutto ciò che le catene di quel mondo ci avevano imposto silenziosamente. Un nuovo Fronte di Liberazione, composto di pochi arditi eterogenei e sconclusionati, Full Metal Jacket di mascherine a doppio filtro, viste solo dal divano, davanti alle annichilenti serie di Chernobyl su Netflix.
Una lunga storia di inefficienza e disinteresse
Nel 2000, la ditta FIBE controllata Impregilo, vince Rogo di rifiuti speciali a lato carreggiata presso Cardito (NA) la gara d’appalto per l’intero ciclo della gestione rifiuti. Al termine saranno cinque milioni le ecoballe prodotte, circa sei milioni di tonnellate di rifiuti impossibili da trattare nel termovalorizzatore, causa composizione troppo umida: ragion per cui è attualmente in corso un processo penale. Tutt’oggi, come piramidi nere decadenti e cellofanate, le ecoballe della FIBE sono disseminate in siti per tutta la regione.
Nel 1998 una Commissione Parlamentare di Inchiesta mette nero su bianco l’inadeguatezza delle risposte intraprese fino a quel momento. Si continua a sversare nella discarica di Palma Campania, anch’essa destinata al collasso. A partire dal 2001 abbiamo una nuova crisi della raccolta dovuta ancora alla mancanza di termovalorizzatori ed alla raccolta differenziata ancora non operativa. I rifiuti vengono spediti in altre regioni o all’estero, con aumenti vertiginosi di costi per il singolo cittadino. Si riaprono le discariche di Serre e Castelvolturno. Nel 2007 è il governo Prodi che nomina De Gennaro, ex capo della Polizia, nuovo commissario per l’emergenza rifiuti, riprendono i trasferimenti dell’immondizia in Germania, sembra con costi inferiori rispetto ai periodi precedenti, mentre si progetta un unico mega inceneritore ad Acerra. Si riaprono anche le discariche di Chiaiano e Pianura, con grosse contestazioni da parte delle comunità locali.
È il turno poi del governo Berlusconi che tramite decreto legge (n. 90 del 23 maggio 2008, convertito in legge n. 123 del 14 luglio 2008), autorizza una gigantesca operazione di ordine pubblico, definita poi Operazione Strade Pulite. Si prevede la costruzione di almeno quattro grossi inceneritori e le zone prescelte vengono classificate come di “interesse strategico nazionale”, sancendone dunque la competenza militare. Per i comuni che non rispettano le percentuali minime di differenziata si prospetta il commissariamento e il direttore della Protezione Civile, Guido Bertolaso, riceve nuovamente la delega all’emergenza rifiuti. In questa fase c’è una deroga sia delle norme di diritto comunitario sia del codice di procedura penale: si autorizza lo smaltimento nelle nuove discariche anche di alcune tipologie dei rifiuti pericolosi, in più la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli ha la competenza esclusiva ai fini sui reati ambientali commessi sul territorio della regione Campania. I sette impianti per la produzione di combustibile derivato dai rifiuti (CDR) contestualmente vengono commissariati, viene aperta una ulteriore discarica alle pendici del Vesuvio, cosiddetta Cava Sari per una capacità di conferimento di 750.000 metri cubi.
Fino ad arrivare ad una nuova emergenza, alla giunta De Magistris del comune di Napoli ed all’invio dei rifiuti non smaltiti in Olanda. Fermo restando le procedure di infrazione della Commissione Europea per l’emergenza e le diverse inchieste giudiziarie in cui sono state coinvolte amministratori, imprenditori, esponenti della criminalità e politici, la natura del problema dei rifiuti, dei roghi tossici e dunque della Terra dei fuochi, nella sua complessità, resta ancora irrisolta sul finire del 2022.
Cronache di guerra quotidiana
Il campo rom di Scampia dopo i maxi roghi di domenica 24 luglio 2022, a distanza di due giorni dal disastro ambientale, dove sono andate a fuoco tonnellate di rifiuti di ogni tipologia, non smette di bruciare e fumare. In zona si avverte ancora una fortissima puzza acre di bruciato che irrita la gola. I vigili del fuoco continuano, dopo il gigantesco intervento scorso, a monitorare l’area, nonostante le temperature molto alte, ed il numero quasi insostenibile di interventi. Peggio di un bombardamento di guerra, non c’è pace per la Terra dei Fuochi.
Anche perché qua le bombe scoppiano davvero, solitamente sotto la versione di autobombe. Infatti, dopo l’ennesima bomba a Ponticelli, sembra come se ci fosse lo stato di assedio, lo stato di guerra in tutto l’hinterland napoletano. Se oggi non brucia nessuna discarica illegale, il giorno dopo si vede esplodere una bomba dei clan. Se un altro giorno ancora, andiamo a verificare i dati analitici su disoccupazione giovanile ed abbandono scolastico, è meglio che ci trasferiamo tutti in Norvegia. Sulla sanità pubblica, meglio non dilungarsi. Milioni di cittadini abituati, assuefatti ed oramai indifferenti alle emergenze. Ma se vuoi, qui, puoi usare un monopattino ed essere un sostenitore della transizione ecologica mentre passi accanto a milioni di ecoballe in piramidi nere dimenticate. Siamo in guerra qui, già da un pezzo. Ma la Nato non lo sa.
Una questione di classe, ma la classe si è atomizzata
Le periferie meridionali, scatola nera della fase terminale del capitalismo
Diario di bordo: sono in centro città per una manifestazione contro i finanziamenti del governo alla guerra in Ucraina, mi chiamano dicendo di correre in un comune della provincia di Napoli, Caivano, poiché brucia un mega deposito di quasi 200 auto da rottamare. Fumo nerissimo in cielo visibile da diversi chilometri. Mi precipito col mio scooter, sento e vedo le sirene dei Vigili del Fuoco in uno scenario bellico, con quaranta gradi ed aria afosa anche senza rogo. Mi avvicino quanto più possibile per scattare qualche foto. Non so quanti centinaia di copertoni saranno andati carbonizzati, ai margini del Parco Verde, non so quanti terreni agricoli e falde acquifere saranno contaminate irrimediabilmente. Fatto sta che la Terra dei Fuochi ci accompagna ogni giorno della nostra esistenza. Soprattutto nel periodo caldo e nelle periferie lontane dai circuiti turistici. Qualche volta la politica se ne ricorda sui social, solitamente sotto elezioni.
Lo scenario: la periferia napoletana e casertana post globale, teatro di un’apocalissi ambientale ultratrentennale, senza cenni di discontinuità. Quasi una scatola nera della modernità, dove sono più evidenti le secrezioni tossiche e disumanizzanti di un sistema iniquo, quasi irreale, al limite della degenerazione antropologica. La terra diventa veleno, il rinnegare l’identità ancestrale dei nostri avi, il fuoco che consuma tutto ciò che il mondo ricco non vuole più, generando morte. Palazzoni dormitorio, amministrazioni comunali sciolte per infiltrazioni mafiose o in bancarotta, piloni stradali, campi rom, discariche, centri commerciali. Emigrazione, omologazione, abbandono sociale. Spirito di sopravvivenza e spregiudicata creatività endemica. Dentro questi contenitori, che spesso diventano contenuti, contraddizioni isteriche al limite della schizofrenia intellettuale.
Il tempo è quello del dopo pandemia, dell’apoteosi del mondo senza confini, del mondialismo senza compromessi. O del suo definitivo tracollo, in un crepuscolare, quanto incerto, cammino dell’umanità verso il Caos preinstallato. Spartiacque tra questi eventi duraturi e calamitosi, è lo studio ultimato dal gruppo di lavoro indipendente dell’Istituto Superiore di Sanità, su richiesta della Procura della Repubblica di Napoli Nord nel 2016, con un obiettivo specifico e ben delineato: pubblicare dati empirici e multifattoriali sul nesso tra Terra dei Fuochi ed insorgenza di malattie oncologiche o patologie correlate al disastro campano. I dati sono venuti fuori tra la fine del 2020 e l’inizio del 2021, significativamente scioccanti per la crudezza, in cui emerge un territorio devastato da anni di emergenze e veleni, con coefficienti altissimi di morti e malati nelle zone prese sotto esame. Silenzi, omertà, connivenze, all’ombra di una Chernobyl alle falde del Vesuvio. Dove tante piccole bare bianche aspettano e chiedono una giustizia, che per adesso, ancora non è arrivata.
[di Massimiliano Esposito]