Salvare il territorio mandando al macello un migliaio di daini che popolano in modo “alieno” la Pineta di Classe e di Volano, nel Parco regionale del Delta del Po. Sarebbe questa, secondo l’Ente del Parco, l’unica soluzione possibile perché non c’è «alcuna alternativa alla scelta di dare questa destinazione agli animali catturati». Con queste motivazioni l’Ente che gestisce il Parco del Delta del Po ha pubblicato un bando per appaltare la cattura e la destinazione ad allevamenti e macelli di questi mammiferi che da oltre 30 anni abitano l’area. Una soluzione adottata con la giustificazione che si tratterebbe di una specie “aliena” (non originaria dell’habitat) e dannosa per l’ecosistema. Ma le cose non stanno proprio così, e ancora una volta dietro alla decisione si mostra la possibilità che la decisione abbia ragioni economiche, come lasciato intendere anche all’interno del documento ufficiale.
I daini, il cui censimento risulta difficile ma sono stimati circa mille esemplari, potrebbero essere catturati e uccisi nel giro di tre anni (con un limite di 300 animali all’anno come recita la concessione) in quanto “troppi e troppo dannosi”.
Poiché introdotti nell’area intorno tra gli anni ’70/’90 sempre per mano umana, gli animali non sono “naturalmente” parte della zona e la loro presenza nei boschi del Parco regionale emiliano sarebbe tanto nefasta da porre in secondo piano il valore della loro vita. Non solo, ma il daino come animale è assai fastidioso per i cacciatori in quanto l’odore che contraddistingue i dama dama potrebbe confondere i segugi. A dimostrare i sospetti tenuti in sordina relativi alla scelta di abbattere i daini – anche – per dare più “sollievo” a chi pratica la caccia è giunta la seguente dichiarazione: «Si conferma che i cani utilizzati nell’attività di caccia sono portati a seguire la pista odorosa del daino anziché quella della fauna stanziale; pertanto, ciò può costituire elemento di disturbo all’attività stessa». Lamentele poi da parte degli agricoltori per i motivi elencati nel Piano Regionale per il controllo delle popolazioni di daino, come sopra riportato. E ancora, gli animali sono considerati pericolosi perché il Parco, area naturale protetta riconosciuta come tale dal 1988, è costeggiato dalla trafficata strada statale 16 Adriatica.
Eppure a livello di dati raccolti dalla stessa Regione, il numero di incidenti connessi alla presenza animale è irrisorio. E comunque l’intenzione del daino non è certo quella di finire sotto una macchina e la responsabilità di misure di protezione e di contenimento efficaci, come l’istallazione di adeguati sistemi di protezione per gli incidenti stradali non sta di certo alla natura o agli animali. Dunque per quale motivo i daini dovrebbero pagare il prezzo di anni e anni di azioni umane che a mo’ di domino hanno portato all’attuale situazione, con la loro stessa vita (decisione che peraltro appare più come una “scorciatoia”)?
E invece la morte dei daini apporterebbe un buon guadagno se e quando spediti al macello. L’indagine di mercato effettuata dall’Ente Parco, «Per l’affidamento in concessione della catture e delocalizzazione di esemplari di daino (dama dama) presenti nel territorio del Parco del Delta del Po dell’Emilia Romagna», pubblicata sul sito ufficiale, specifica il valore della carne di daino in Italia che varia «Tra 4,00 €/Kg per i maschi e 4,30 €/Kg per le femmine e i giovani dell’anno; il peso medio utile degli esemplari, tolte la pelle, la testa e la parte bassa delle zampe, è di circa 25 Kg per i maschi e 20 Kg per le femmine e i giovani dell’anno; il valore complessivo dei capi presenti, quindi, è di poco superiore ai 100.000,00 euro». Parole che risalgono al 29 agosto scorso e che hanno fatto sorgere indignazione da parte di alcuni cittadini e associazioni animaliste. La Rete Associazioni Tutela Daini Classe e Volano si è infatti mobilitata quanto possibile, appoggiata dall’ENPA, per scongiurare la possibile strage di daini. Svariate iniziative sono già in atto e non dall’ultima novità, bensì da anni, come quando nel 2014 grazie alle mobilitazioni degli attivisti furono salvati ben 70 esemplari dalla fine peggiore.
Che i daini causino problemi non è falso, ma che ci sia bisogno di sterminarli è una scelta più che opinabile. Anche l’ENPA in prima linea ha definito la concessione come «Inaccettabile», vista inoltre l’esistenza della legge nazionale a riguardo in cui si specifica ci sia sempre bisogno di validi motivi scientificamente dimostrabili e che sia stato tentato ogni altro percorso prima di compiere atti di questo tipo, i quali hanno più la sembianza di barbarie. Comunque per l’Ente Parco sarebbe stata già attuata un’attenta analisi per cercare di adottare alternative, ma nessuna converrebbe e limiterebbe il problema, lo stesso Ente che non accenna alla presenza di una famiglia di lupi, noti predatori dei dama dama che appunto si cibano degli animali di cui ci si vuole ora del tutto liberare. Un “distratto errore” quello di non considerare i predatori degli animali pronti al macello, perché la presenza dei mammiferi nel Parco è da tempo riconosciuta come un “problema” ed è ormai il momento di dare il via alla loro estirpazione.
L’attività venatoria è comunque già consentita in alcune sezioni del Parco; anche se con le dovute restrizioni, l’area rimane accessibile ai cacciatori i quali presto potrebbero avere il via libera per cancellare ogni esemplare di dama dama dal Parco del Delta del Po’, a costo zero. Non che finora non ci siano svariati daini colpiti “per errore” e poi lasciati ad agonizzare, come riportano gli attivisti e non solo verbalmente. Sarà che lo spostamento sia risultato troppo complesso, visto come la delocalizzazione dei daini sia delicata in quanto sensibili ai narcotici, ma comunque esistono altri metodi molto meno cruenti per contenerne la popolazione, come la sterilizzazione. Intanto gli attivisti fanno sapere che oltre al punto più importante relativo alla vita dei dama dama, i mammiferi sono anche grande attrazione turistica del parco per cui i visitatori vanno alle volte come motivo principale. Per il momento è stato aperto un fascicolo per capire se sia effettivamente legittimo dare in pasto a un business evitabile alcuni dei mammiferi di un’area protetta, bene pubblico.
[di Francesca Naima]
La prassi normale per gli ungulati autoctoni sono gli abbattimenti selettivi. Per gli animali introdotti è invece prescritta l’eliminazione.
La gestione delle aree protette (lavoro in una di queste) si basa su criteri tecnici e non sull’emotività.
Hanno deportato gli africani per coltivare il cotone e adesso dicono che procurano dei fastidi…. Vuoi che non facciano questo con dei semplici animali? Maledetti tutti.
Pagati questi signori con denaro pubblico? .
Concordo Luca Malandrino, una banda di assassini seriali! Belve umane
Io manderei titti quegli esseri malvagi dell’ente del po al mattatoio facendogli passare le pene dell’inferno, criminali zerbini del sistema.che voi siate maledetti