Al termine di una intera estate di proteste da parte di agricoltori e allevatori il ministro dell’Agricoltura olandese Henk Staghouwer ha annunciato le dimissioni da tempo invocate dalla piazza. Lo ha annunciato con un breve comunicato nel quale ha ammesso di essere giunto alla conclusione di «non essere la persona giusta per risolvere i problemi dell’agricoltura». Staghouwer era appena tornato da Bruxelles, dove aveva negoziato un accordo con la Commissione europea per rinegoziare i limiti sullo spandimento del letame. Il settore agricolo del paese è in crisi da quando una sentenza del tribunale del 2019 ha costretto il governo a ridurre drasticamente le emissioni di ossido di azoto e ammoniaca, prodotte dal bestiame. Negli ultimi mesi migliaia di lavoratori agricoli hanno organizzato proteste, bloccato città con trattori e bruciato balle di fieno lungo le strade principali.
I tumulti erano stati innescati dall’annuncio da parte del Governo di voler ridurre le emissioni e la presenza degli animali negli allevamenti intensivi del 30% entro il 2030, prevedendo un taglio nell’ordine delle migliaia di capi di bestiame per quasi 18 mila aziende. Inoltre, circa 11 mila aziende avrebbero dovuto riconvertirsi o spostare le attività, per evitare la chiusura. Una decisione che ha provocato la rabbia di imprenditori e lavoratori del settore e minato la stabilità del governo guidato dal liberal-conservatore Mark Rutte.
A Bruxelles, Staghower aveva tentato di avere più margini di manovra, riuscendoci solo in parte: data la superficie relativamente piccola del paese i Paesi Bassi, insieme alla Danimarca, all’Irlanda e alla regione delle Fiandre in Belgio erano stati autorizzati a superare i limiti imposti dall’UE sulla quantità di letame che gli agricoltori potevano restituire ai loro campi, ma con il compito di rientrare nei limiti entro il 2026 con progressivi abbassamenti dei livelli ogni anno. L’UE ha preso la decisione di eliminare gradualmente le esenzioni destinate al settore agricolo olandese perché la nazione non riesce a rispettare gli standard comunitari sulla qualità dell’acqua. Le produzioni olandesi infatti liberano grandi quantità di ammoniaca e di conseguenza di azoto (in essa contenuto), un elemento chimico presente nelle urine e nelle feci del bestiame, che va ad insinuarsi nel terreno fino a contaminare le falde acquifere. Ragioni che ovviamente non possono bastare ai lavoratori del settore che rischiano di perdere il lavoro. La consapevolezza che l’accordo raggiunto non avrebbe fermato le proteste ha verosimilmente convinto Staghower al passo indietro.
I Paesi Bassi sono il più grande esportatore di prodotti agricoli al mondo, dopo gli Stati Uniti. Il settore agricolo olandese esporta circa 65 miliardi di euro in prodotti agricoli all’anno, il 17,5% delle esportazioni totali. Combinati, il settore agricolo e il settore ortofrutticolo svolgono un ruolo cruciale, oltre che per l’economia, anche per il tasso di occupazione. Un olandese su dieci lavora in uno di questi settori e i Paesi Bassi contano 100 milioni di capi di bestiame per 17 milioni di abitanti, più di cinque capi per ogni abitante, per una densità tra le più alte in Europa.
Le emissioni e l’inquinamento provocato dagli allevamenti intensivi sono un problema da risolvere al più presto. Su questo non vi è dubbio. Secondo le previsioni della FAO: nel 2050 saremo 9 miliardi: la sfida sarà di diminuire la pressione sulla filiera agroalimentare, e di conseguenza sul clima e sull’ambiente senza rinunciare a un buon apporto di nutrienti e al diritto al lavoro. Oggi, l’allevamento tradizionale comporta ingenti emissioni di gas serra e versamenti di ammoniaca nell’ambiente. Provoca inoltre lo sfruttamento incontrollato di risorse primarie, come l’acqua e il suolo, e secondarie, come i mangimi. Infine, anche lo stoccaggio e la gestione del letame e dei rifiuti organici derivati è associato a problemi ambientali. Via Staghouwer, rimangono i problemi di una transizione verso un modello produttivo meno inquinante ma che non deve essere pagato da cittadini e lavoratori. Una soluzione che ancora i Paesi Bassi, e di certo non solo loro, non sono riusciti a trovare.
[di Luca Paltrinieri]
Un altro fallimento della globalizzazione e del libero mercato. La cura proposta risulta, se possibile, ancora più miope e creatrice di tensioni sociali irrisolvibili rispetto a lasciare le cose come stanno. Lungi dal sanare il danno ambientale che oggettivamente si sta creando, il dirigismo burocratico dell’UE ne sarà la stessa tomba.