lunedì 23 Dicembre 2024

Studio italiano: chi ha avuto il Covid è protetto per sempre, inutile aggiungere il vaccino

Nel corso del Convegno della Società Italiana di Genetica Umana Claudio Giorlandino, direttore scientifico dell’Istituto di Ricerca Altamedica, ha presentato uno studio sulla memoria immunologica del Covid che dimostra la sostanziale inutilità della vaccinazione su persone che abbiano già contratto il virus e ne siano guarite. Ciò che può accadere, ha spiegato a L’Indipendente Giorlandino, è che si venga nuovamente contagiati, ma non che ci si ammali, se non con sintomi lievi.

Lo studio è stato realizzato su di un campione di 150 soggetti suddivisi in tre categorie: soggetti contagiati dal virus e successivamente guariti; soggetti che hanno contratto l’infezione e ai quali è stata anche somministrata una vaccinazione; soggetti solamente vaccinati. Il periodo di osservazione è durato oltre un anno. «Abbiamo studiato i linfociti B, ovvero le cellule di memoria che permettono, quando si viene a contatto con una nuova infezione virale con lo stesso virus, che si riattivino gli anticorpi – ci spiega Giorlandino – Una volta che ho contratto il virus gli anticorpi che ho in circolo scendono, ma non per questo non sono protetto. Quando avviene un contatto con il medesimo virus le cellule sentinella ne registrano la presenza e portano l’informazione ai linfociti B, che si attivano nel giro di poche ore (24/48 ore al massimo). In questo modo si ricominciano a produrre gli anticorpi specializzati che combattono il virus. Ecco perché chi ha avuto una volta l’infezione non si ammala più. Ci si può reinfettare, ma non ci si ammala».

Illustrando i risultati ai quali ha condotto la ricerca, Giorlandino ci spiega che chi ha contratto il virus ed è stato anche vaccinato presenta il numero maggiore di cellule sentinella. Tuttavia «la vaccinazione non aggiunge potenza alla difesa, ma solo un po’ di anticorpi in più specifici per la proteina Spike». Tale proteina, spiega Giorlandino, è «iper-mutevole», motivo per il quale se all’inizio i vaccini avevano maggior efficacia, adesso non funzionano più. «L’apparente miglior dato sulla quantità di cellule B di questo gruppo di studio in realtà è irrilevante: ciò che è importante è che chi ha avuto l’infezione naturale e virale, e che non ha quindi sviluppato anticorpi solo per la proteina Spike ma per tutto il virus, è protetto anche dalle mutazioni di tale proteina. Questi soggetti possono re-infettarsi, ma non star male, se non con sintomi lievi». I soggetti coperti solamente dalla vaccinazione, invece, hanno sviluppato un’«immunità parziale», in quanto protetti solamente dalla proteina Spike. La breve durata di questa protezione è ciò che rende necessaria la somministrazione di nuove dosi, che al momento si rivelano essere del tutto inefficaci proprio in ragione del mutamento di tale proteina.

«Non sono le vaccinazioni ad averci salvato, ma il virus» dichiara Giorlandino. «Per poter entrare nelle cellule dei polmoni, causando la polmonite interstiziale, il virus subiva uno splitting, ovvero un processo di divisione, reso possibile dall’enzima TMPRSS2, presente in grande quantità nei polmoni. Era questo il meccanismo che permetteva alla proteina Spike di agganciare le cellule dei polmoni, ma ora con Omicron questa divisione con TMPRSS2 non avviene più: da quasi un anno ormai la polmonite virale è rarissima e la morte per patologie direttamente associabili al virus è assai rara» spiega il medico.

«Io sono assolutamente favorevole ai vaccini tradizionali: vaccinarsi è fondamentale, è il caposaldo della medicina. Tuttavia è necessario che questo avvenga con vaccini tradizionali, ovvero che contengono un virus inattivato». La tecnologia di vaccini a mRNA quali Pfizer e Moderna, infatti, si basa su di un meccanismo «assai bizzarro» che permette ai ribosomi di produrre la proteina Spike una volta somministrato. Tuttavia, studi recenti sembrano aver dimostrato che, una volta introdotta nell’organismo, la proteina caratteristica del virus rimanga in circolo per diverso tempo, con effetti anche potenzialmente dannosi. «Fino a ieri non si potevano mangiare le mele OGM» fa ironicamente notare Giorlandino, che spiega come esistano già vaccini contro il Covid a tecnologia tradizionale, come ad esempio l’indiano Covaxin.

[di Valeria Casolaro]

L'Indipendente non riceve alcun contributo pubblico né ospita alcuna pubblicità, quindi si sostiene esclusivamente grazie agli abbonati e alle donazioni dei lettori. Non abbiamo né vogliamo avere alcun legame con grandi aziende, multinazionali e partiti politici. E sarà sempre così perché questa è l’unica possibilità, secondo noi, per fare giornalismo libero e imparziale. Un’informazione – finalmente – senza padroni.

Ti è piaciuto questo articolo? Pensi sia importante che notizie e informazioni come queste vengano pubblicate e lette da sempre più persone? Sostieni il nostro lavoro con una donazione. Grazie.

Articoli correlati

6 Commenti

  1. Ciao Valeria, da laureato in scienze biologiche per me è essenziale avere informazioni, che qui direi scientifiche, in maniera appunto scientifica. Quale studio ha presentato questo direttore? Il titolo è fuorviante: “studio italiano”. Di quale studio stiamo parlando?

  2. Ho contratto personalmente il Sars-Cov-2 nel febbraio del 2021, finendo ricoverato in ospedale; ho fatto il bis nel gennaio 2022 con grande gioia perche’ mi ha permesso provvidenzialmente di non dover chiudere la mia attivita’ in seguito alla comunicazione ufficiale di doverlo fare qualora non mi fossi sottoposto alla vaccinazione: con gran gioia nonostante abbia vissuto l’anno prima l’esperienza della malattia, col suo seguito di terapie, la visione dei malati in reparto col “casco” in testa, il personale costretto a lavorare con scafandri da fantascienza ed un’abnegazione che definire eroica e’ poca cosa (Dio sa quanto saro’ sempre grato a quei medici, infermieri, os che si sono prodigati per noi ricoverati, per cui mi dissocio da chi li considera un’orda di criminali venduti al sistema e posso ben comprendere alcune loro intemperanze nei confronti dei “no vax”: la psicologia di chi ha dovuto lavorare in quelle situazioni estreme va comunque compresa, anche se non giustificata…).
    Ma ero certo che tutto mi sarebbe andato bene, avendo letto su rivista scientifica peer reviewed uno dei primi lavori, fatto proprio in Italia, valutante il rischio di ospedalizzazione nei reinfettati a distanza di un anno dal primo contagio (e preciso che lo studio e’ stato condotto in epoca di ancora piena condanna delle cure domiciliari), che aveva rilevato come il rischio di riospedalizzazione fosse, nei guariti, praticamente pari a zero. E nel frattempo avevo gia’ parallelamente raccolto materiale “per l’avvocato” inerente i punti oscuri legati a sicurezza ed efficacia degli attuali vaccini in corso di somministrazione…
    Ho quindi, come “sopravvissuto alla trincea”, un unico consiglio da darvi, almeno e soprattutto se siete dei guariti: RESISTETE: SIATE NON RESILIENTI, MA RESISTENTI.

  3. Buona sera contrariamente al solito non c’è la fonte. Vi ho sempre apprezzato per questo, direi che siete gli unici! E’ possibile averla?
    Vi ringrazio

    • Buongiorno, le informazioni contenute nell’articolo sono frutto, come specificato, dell’intervista fatta al dott. Giorlandino, direttore scientifico dell’Istituto Altamedica. Per questo non sono state linkate altre fonti.

  4. Confermo! Dalla mia esperienza personale, dopo la malattia, avuta il mese di marzo, sono stato a contatto anche strettissimo con gente poi ammalatasi, senza essere stato male, e quando dico contatto strettissimo, intendo che abbiamo bevuto dallo stesso bicchiere e ci siamo passati la stessa sigaretta!

Comments are closed.

Iscriviti a The Week
la nostra newsletter settimanale gratuita

Guarda una versione di "The Week" prima di iscriverti e valuta se può interessarti ricevere settimanalmente la nostra newsletter

Ultimi

Articoli nella stessa categoria