La guerra in Ucraina è entrata in una nuova fase: dopo quella iniziale coincidente con l’avvio dell’operazione militare da parte russa e quella successiva che ha visto il riposizionamento delle forze moscovite per concentrare gli sforzi nel Donbass, durante la terza fase, cominciata già dallo scorso luglio, le forze armate ucraine hanno assunto l’iniziativa, lanciando controffensive su vasta scala e coinvolgendo una buona parte dei territori occupati dai russi, grazie al supporto determinante delle armi e delle indicazioni dei Paesi occidentali e della NATO. Secondo quanto riferito dal New York Times, infatti, gli alti funzionari ucraini hanno intensificato la condivisione delle informazioni con le loro controparti americane durante l’estate: «Durante la guerra, gli Stati Uniti hanno fornito all’Ucraina informazioni su posti di comando, depositi di munizioni e altri nodi chiave delle linee militari russe» spiega il quotidiano americano, che riporta anche la testimonianza di un funzionario NATO secondo cui «gli americani hanno discusso costantemente con Kiev i modi in cui l’Ucraina potrebbe smorzare l’avanzata russa nell’est del paese». Secondo fonti statunitensi, la riconquista di Izyum nell’oblast di Charkiv – uno snodo ferroviario considerato fondamentale – è stato il progresso più significativo che l’Ucraina abbia fatto finora.
Secondo alcune letture, non condivise in maniera univoca, Mosca sarebbe incorsa in alcuni errori di valutazione, a cominciare dalla decisione di condurre operazioni belliche a bassa intensità e di procedere lentamente, anche allo scopo di salvaguardare il più possibile i civili: ciò ha però permesso alle forze ucraine e NATO di allungare il conflitto e di potersi maggiormente organizzare grazie all’invio massiccio di armi da parte dell’Occidente. In secondo luogo, per quanto riguarda l’ultimo importante contrattacco nell’oblast di Charkiv, si pensa che l’intelligence russa non abbia saputo cogliere e prevenire una tecnica standard di depistaggio messa in atto dall’esercito ucraino su esplicito suggerimento americano: gli ucraini, infatti, hanno lasciato trapelare l’intenzione di voler lanciare una grande controffensiva nella regione di Kherson nel sud del Paese – inducendo così i russi a spostare un gran numero di unità verso gli oblast di Kherson e Zaporižžja – mentre in realtà stavano assemblando e trasferendo un gruppo di manovra operativo costituito da cinque brigate schierate nel settore compreso tra gli abitati di Andrіjivka (Poltava) e Zmіjiv (Kharkiv). Di conseguenza i russi si sono trovati in inferiorità numerica sul fronte orientale in un rapporto di otto a uno, costringendo le forze di Mosca ad un ripiegamento tattico a est del Severskij Donec. Nel frattempo, Kiev ha potuto riprendere le città Kup”jans’k e Izyum (Charkiv), rendendo più difficile l’avanzata russa verso due grandi città del Donbass: Kramators’k e Slov”jans’k. Questi errori strategici hanno verosimilmente indotto il Cremlino a rimuovere il comandante del distretto militare occidentale, generale Roman Berdnikov, in carica da soli sedici giorni.
Non si è fatta attendere, in ogni caso, la rappresaglia delle truppe di Mosca che hanno effettuato attacchi missilistici contro le centrali termoelettriche di Kharkiv e Kremenčuk in diverse regioni dell’Ucraina. L’Ucraina orientale è quasi completamente al buio e in tutta la nazione è stato dichiarato l’allarme aereo con il chiaro obiettivo di interrompere i rifornimenti energetici in vista dell’inverno.
Si tratta di una analisi che non convince tutti. Una lettura diversa dei fatti rispetto a quella proposta da molti analisti e testate occidentali e soprattutto dall’onnipresente propaganda bellica mediatica, l’ha fornita il generale Fabio Mini, contattato telefonicamente da L’Indipendente. Secondo il generale – già capo di Stato Maggiore del Comando NATO per il Sud Europa e alla guida del Comando Interforze delle Operazioni in Ex Jugoslavia – l’attacco delle truppe di Kiev segna il passaggio ad una nuova fase «dinamica» della guerra, dopo una situazione di stallo, il cui rischio però è quello di condurre a un’escalation e finanche ad un coinvolgimento diretto della NATO nel conflitto. In ogni caso, le affrettate affermazioni circa la disfatta russa dei media non sarebbero fondate, in quanto la «parte territoriale ripresa da Kiev è limitata ed è soltanto in una zona che praticamente non serviva più alla Russia». Infatti, prosegue Mini, «se i russi si sono ritirati, significa che si sono visti arrivare una penetrazione che non avevano nessuna intenzione di respingere». Anche per quanto riguarda il nodo ferroviario di Izyum – strategico per i rifornimenti – il generale ha ridimensionato di molto la sua importanza, sostenendo che la città dell’oblast di Charkiv non ha più «l’importanza che aveva prima per i russi». Infatti, innanzitutto è ridotta ad un cumulo di macerie e, in secondo luogo, il fronte dell’offensiva si sarebbe spostato più a sud: «prima Izyum era il perno dei due bracci della tenaglia che faceva da conca intorno a Severodonetsk e aveva un senso. Nel momento in cui questa manovra a tenaglia potrebbe essere stata spostata più a sud, questo perno non serve più», nemmeno per i rifornimenti, ha asserito.
Un’analisi quindi che ridimensiona di molto i forse troppo facili entusiasmi di Europa e Stati Uniti, anche perché, sempre secondo Mini, sarà difficile che la manovra di Kiev possa essere replicata in altre zone controllate da Mosca. Una tesi sostenuta tra l’altro anche dal generale Marco Bertolini in alcune recenti interviste. La guerra, dunque, è tutt’altro che terminata, ma anzi si è inasprita con l’intensificarsi dei bombardamenti russi, che hanno cominciato a demolire l’intera rete infrastrutturale e di comunicazione ucraina, rendendo il conflitto ancora più duro e cruento.
In ogni caso, il parziale successo militare di Kiev potrebbe servire agli ucraini per trattare da una posizione di maggiore forza in sede negoziale e, dunque, questa sarebbe una fase propizia per promuovere accordi diplomatici, come del resto auspicato dallo stesso ministro degli Esteri russo, Serghei Lavrov, che non ha chiuso le porte alle trattative. Tuttavia, l’Ucraina avrebbe respinto questa possibilità, cosa confermata dalla recente pubblicazione di una bozza dal titolo «Kiev Security Compact International Security Guarantees for Ukraine: Recommendations», i cui firmatari comprenderanno solo le nazioni occidentali con l’esclusione quindi della Russia e in cui, tra l’altro, si esplicita che «Questi accordi non limitano l’aspirazione dell’Ucraina ad aderire alla NATO e all’UE». Gli accordi hanno suscitato il forte disappunto del vicecapo del Consiglio di sicurezza russo, Dmitry Medvedev, il quale ha dichiarato che la bozza di garanzie di sicurezza di Kiev è «un preludio della terza guerra mondiale».
Di conseguenza, un’escalation nei combattimenti è assicurata ed è già in corso. Ma la situazione potrebbe addirittura peggiorare qualora i russi mettessero in campo sistemi d’arma più potenti, tra cui non si possono escludere gli ordigni nucleari tattici.
[di Giorgia Audiello]
Ho letto un resoconto dei fatti non trionfalistico e anche vero (i seguaci del mainstream hanno detto che l’esercito ucraino era arrivato al confine con la Russia). È verissimo che ci sarà purtroppo l’escalation e armi sempre più micidiali e moderne arrivano all’Ucraina. Per me lo scontro tra Nato e Russia è già iniziato perché la cd controffensiva ha una matrice scopertamente Nato