martedì 5 Novembre 2024

Ghedi, in mille per dire no alle armi nucleari

Sabato 17 settembre si è svolta una manifestazione di fronte alla base militare di Ghedi, in provincia di Brescia, dove sono custodite buona parte delle testate nucleari presenti sul territorio italiano. Oltre mille persone afferenti a varie realtà del movimento pacifista, ecopacifista e antimilitarista si sono riunite in presidio per chiedere la firma del Trattato ONU per la Proibizione delle Armi Nucleari (TPAN), in vigore da gennaio 2021 ma al quale l’Italia non ha ancora aderito, nonostante sia un Paese formalmente non nucleare e firmatario del Trattato di non proliferazione nucleare.

Gli organizzatori hanno ricordato come “A causa delle decisioni prese in ambito NATO e UE l’Italia partecipa attivamente ai conflitti in corso nel mondo attraverso 38 missioni militari e supporta l’impegno bellico dell’Ucraina con armi e soldi gettando benzina sul fuoco di un conflitto che rischia di degenerare in una guerra nucleare. La partecipazione dell’Italia a queste guerre ci costa ad oggi 26 miliardi di euro l’anno, cifra destinata ad aumentare in poco tempo fino a 40 miliardi, ossia il 2% del PIL, come imposto dagli accordi NATO e ribadito dal Parlamento italiano lo scorso 12 marzo”. A conferma del persistere dell’impegno italiano in Ucraina, la bozza del decreto Aiuti ter prevede, all’interno dell’articolo “Partecipazione dello Stato italiano al programma di assistenza macro finanziaria eccezionale in favore dell’Ucraina”, l’invio di ulteriori 700 milioni di euro a Kiev.

Durante il presidio, le parlamentari di ManifestA Yana Ehm e Simona Suriano sono entrate all’interno della base per chiedere dettagli sugli armamenti nucleari presenti, accompagnate dall’avvocato Giannangeli e dall’attivista Elio Pagani. Il Colonnello Lacaita, che le ha ricevute, ha tuttavia specificato che le informazioni sugli armamenti nucleari, sul numero esistente e la tipologia, sono coperte dal segreto militare e possono essere rilasciate solamente dal ministro della Difesa.

[di Valeria Casolaro]

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2 Commenti

  1. Una domanda pratica e brutale: a quanti italiani dá da vivere la progettazione, produzione e vendita di armi? ….che ad altre persone la vita la tolgono.

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