Qualche settimana fa vi avevamo parlato della Pedemontana Veneta, una superstrada a pagamento lunga appena 94 chilometri, che collega la provincia di Vicenza a quella di Treviso e che rischia di costare ai cittadini veneti, per via di una serie di clausole a dir poco sconvenienti presenti nel contratto siglato tra la Regione e i costruttori la bellezza di 12 miliardi di euro. Un argomento che, per via della sua rilevanza pubblica, abbiamo deciso di riaffrontare e approfondire ulteriormente in alcuni punti, con l’aiuto di chi le cose ha potute vederle da dentro. Stiamo parlando dell’ingegnere Nicola Troccoli, progettista ed unico firmatario della progettazione preliminare dell’intera opera per conto della ditta concessionaria, ovvero la SIS Scpa. Una serie di affermazioni, le sue, che allungano notevolmente le ombre sulle procedure dell’opera in questione, delineando uno spreco di soldi pubblici di enormi proporzioni.
Che significa che è stato tutelato l’appaltatore privato?
Premetto che queste mie considerazioni, lungi dal voler addossare responsabilità o denunciare comportamenti al limite del lecito, avrebbero potuto essere facilmente chiarite se solo, il presidente della Regione o i suoi autorevoli delegati, in primis i commissari straordinari avessero voluto confrontarsi con documenti alla mano, evitando di invitare a presentare denunce presso le varie Procure venete. Mi attengo, dunque, esclusivamente a documenti presenti sul web, facilmente reperibili come l’esposto della SICS ingegneria, i bilanci societari, le relazioni della Corte dei Conti, le interrogazioni di alcuni consiglieri, etc. Ma veniamo a noi.
La terza convenzione, quale accordo tra pubblico e privato sarà, a mio parere, da un lato la causa di futuri enormi contenziosi tra pubblico e privato (e, normalmente come già avvenuto nel caso del crollo del ponte di Genova e nella conseguente querelle per la revoca della concessione, vincerà il privato…) e dall’altro si determineranno dei gravissimi deficit finanziari per la Regione Veneto e per lo Stato. In pratica il privato avrebbe dovuto finanziare il pubblico con la garanzia di un ritorno economico, a prescindere dalle effettive entrate, ma come effetto della terza convenzione (e nonostante le centinaia di milioni erogati dall’amministrazione pubblica), il rischio di impresa è stato accollato totalmente al soggetto pubblico (Regione Veneto) nel momento in cui è stato concesso un canone di disponibilità.
Un tipo di accordo che privatizza i profitti e socializza le perdite, proteggendo, a spese dei cittadini e dell’Erario, l’azienda appaltatrice da ogni rischio di impresa. Se, infatti, si fosse rimasti con il rischio a carico del promotore (così come previsto dal bando), molto probabilmente l’iniziativa non sarebbe nemmeno partita, perché con quelle condizioni e con quell’alto rischio determinato dai flussi di traffico, non sarebbero mai stati trovati investitori.
Solo dopo la terza convenzione e con la garanzia di una rendita fissa che il pubblico dovrà versare al privato a prescindere dagli incassi (e, dunque, anche se sull’autostrada passasse una sola auto…), la società concessionaria è stata in grado di imbarcare banche e fondi in una ghiotta opportunità di guadagno, e ciò proprio in ragione del contributo fisso (alias canone di disponibilità).
Superfluo poi soffermarsi sulle ulteriori tutele a favore del concessionario inserite ingiustificatamente nella terza convenzione. Una fra tutte, quella che concedeva quote percentuali del citato canone di disponibilità al concessionario anche qualora avesse trionfalmente aperto tratte parziali dell’intero itinerario. Tratte certamente non funzionali come lo sarebbe una intera infrastruttura e, pertanto, non congrue nella loro quantificazione. Tale modalità ha incredibilmente traslato sine die l’inizio dei 38 anni di concessione o meglio fino al momento della realizzazione della intera infrastruttura! Come dire, prendetevi tutto il tempo che volete, tanto ritardi, inchieste giudiziarie, crolli giocheranno sempre a favore del concessionario.
Per quale motivo la Regione Veneto ha deciso di proseguire nell’opera pur sapendo di poterci rimettere economicamente?
È stata una considerazione ed una scelta assolutamente antieconomica ed irrazionale, dal mio misero punto di vista, ma illustri economisti potranno certamente convincermi dell’opposto. Sarebbe stato molto più semplice ed opportuno far completare il finanziamento dell’opera allo Stato o all’ANAS (appena un miliardo, invece di doverne versare 12 nei prossimi anni), evitando la terza inconcepibile convenzione, e senza, peraltro, considerare i prezzi di materiali e lavorazioni corrisposti al concessionario e che, qualora l’opera fosse stata realizzata dallo Stato avrebbe avuto un risparmio dal 25 al 40% se si considerano i consueti ribassi sugli appalti. Voleva dire cioè che l’opera poteva costare, come sola realizzazione alcune centinaia di milioni in meno.
Ma non basta, la Regione Veneto ed il Presidente in primis in tal modo avrebbero avuto la possibilità di far viaggiare i propri cittadini a costo zero, proprio come avviene sulla Salerno-Reggio Calabria piuttosto che determinare una colossale opportunità di guadagno per il privato. I cittadini veneti, evidentemente, hanno compreso, forse, che fosse il privato a pagare o quasi a regalare l’infrastruttura mentre, invece, saranno proprio loro ed i loro figli ad accollarsi tale ingente debito per i prossimi decenni. Tutta la vicenda è piena di contraddizioni e mancate risposte. Come quelle che non sono mai arrivate nonostante l’esposto presentato dalla SICS ingegneria srl, e di cui mi fa piacere riallegarne copia a beneficio dei lettori, come approfondimento, delle tematiche di questa sua piacevole intervista.
La Regione ha deciso di procedere comunque per mantenere in vita questa concessione alla SIS titolare della realizzazione dell’opera. Vorrei però ricordare l’anomala ed inspiegabile procedura per la quale la SPV, concessionaria, affidò, dopo appena un mese, la realizzazione dell’opera, della progettazione definitiva ed esecutiva e della direzione dei lavori e della esecuzione dei lavori alla SIS (ovvero a sé stessa) sotto forma di General Contractor.
Che significa?
Posso solo ipotizzare che, nel caso in cui avessero perso la concessione (ricordiamoci che erano pendenti i ricorsi del promotore Impregilo & C.), il contratto sarebbe, comunque, rimasto blindato con la SIS in virtù dell’affidamento a sé stessa, peraltro, a prezzi decisi dalla SIS stessa. Ed ancora, non si comprende come la Regione Veneto ed il Commissario dell’epoca non abbiano potuto accorgersi che la INC (componente importante del consorzio SIS – Sacyr – Inc – Sipal) non sia la stessa con cui ha contratto la Regione Veneto, ma sostanzialmente un clone? Mi riferisco alla società Siciter cui è stato cambiato nome e la si è rimpiazzata al posto della precedente, vera, INC? Io ho delle mie, personali, ipotesi per le quali sia stato deciso in corsa di fare questa acrobazia amministrativa, ma mi conceda di tenerle riservate insieme a molte altre personali ipotesi e considerazioni sulla legittimità di alcune condotte. Ciò ribadisco volendo evitare di fare qualsiasi dichiarazione avventata o non supportata da documentazione pubblica.
Possibile che la Regione non si sia accorta neppure di questo?
Ai posteri l’ardua sentenza! Sono, comunque, le risorse economiche, i mezzi, gli uomini sul campo che fanno vincere le guerre.
E la Regione non ha aperto gli occhi nemmeno davanti a questo…
No, credo proprio di no. Comunicazioni come quella a protocollo n. 114853 del 21.3.2017 o quella n. 314095 del 26.7.2018 e finanche la risposta al consigliere Berti n. 167416 del 29.4.2019 denotano un solo fatto: che la Regione non ha voluto offrirsi ad un doveroso confronto con i cittadini, con i professionisti e con gli interroganti, trincerandosi sempre dietro frasi ripetute come un mantra ed in particolare, che “si tratta di rapporti tra privati”, che “il concessionario si accolla il rischio” (…quale?!) che l’opera in general contractor viene “realizzata con qualsiasi mezzo”… Come se, vincere una concessione potesse significare ricevere una cambiale in bianco firmata dallo Stato, o meglio poter fare tutto ciò che non è consentito nemmeno all’Amministrazione dello Stato.
Emblematica la questione dei 34 milioni di progettazione pagati alla IGO srl società del gruppo Dogliani. Creata dal nulla per ricevere questo lucroso incarico dalla controllante SIS. Senza alcuna esperienza pregressa, senza requisiti. Area di approdo dell’ingegner Adriano Turso, uno degli ex direttori tecnici della SICS ingegneria. Casualmente dopo l’esposto della SICS ingegneria la IGO srl è stata fatta sparire con una operazione di fusione per incorporazione nella SIPAL.
A cosa è servito?
Ritengo a voler dimostrare, fittiziamente, che il concessionario e per esso il general contractor (la SIS) aveva speso effettivamente la somma pianificata per la progettazione. Tale movimentazione fiscale e bancaria non è stata altro che un semplice transito di somme, un flusso finanziario pianificato a tavolino. Queste sono somme che andavano rendicontate dalla Regione Veneto e non può, certamente, bastare una fattura fatta dalla IGO srl per documentare di aver sostenuto un costo se poi i soldi ce li si è ripresi con giri di fatture. E ci tengo a precisare che nella neonata IGO srl sono entrati 34 milioni e ne sono usciti per attività in outsourcing oltre il 90%… (fonte: bilanci depositati in Camera di Commercio). Ricordiamoci, inoltre che l’ANAC ha ribadito il divieto di subappalto della progettazione, come pure lo sono le consulenze che mascherino attività di progettazione.
Peraltro, con tale operazione di alchimia finanziaria (in cui la Regione Veneto non ha inteso mettere il naso) la IGO prima e la SIPAL dopo hanno potuto documentare fittiziamente dei requisiti di progettazione per attività mai svolte in concreto. Mi spiego meglio. È come se io e lei costituissimo una srl, ricevessimo un incarico di progettazione per il Ponte di Messina e lo subappaltassimo interamente a veri studi di ingegneria… limitandoci a sottoscrivere contratti ed emettere fatture. Potremmo sostenere di essere noi i progettisti del ponte sullo Stretto? Ci copriremmo di ridicolo…
Come mai c’è stata così poca attenzione?
Beh, sicuramente il sistema di controlli non ha funzionato ad iniziare dalla figura del direttore dei lavori, nominato nonché dipendente del costruttore. Crede che qualora io venga pagato dal general contractor (e ciò vale anche per altre verifiche, ispezioni e collaudi) possa godere di sufficienti gradi di autonomia e libertà? Ed infatti il legislatore si è accorto di tale aberrazione ed ha vietato successivamente la contiguità tra direzione lavori e general contractor.
Direttore dei lavori, l’ingegner Turso, che non aveva alcun requisito per poter ricevere l’incarico di tale entità. Nessuna esperienza pregressa di Direzione Lavori se non la iscrizione all’albo professionale e il superamento dell’esame di stato. Titoli sufficienti dichiarati dal Commissario Straordinario! Insomma, qualunque neolaureato 23enne poteva essere Direttore dei Lavori della Pedemontana Veneta, un’opera da 2,3 miliardi! Ci si chiede a questo punto per quale motivo la Regione Veneto debba fare gare di progettazione e di direzione dei lavori anche per importi minimali, considerato che, requisiti e curriculum, non contano più dopo la vicenda pedemontana veneta.
Insomma, apparentemente non c’è alcun nesso logico…
Conosco da molti anni il gruppo Dogliani, ne riconosco precisione, competenza ed efficienza nella esecuzione dei lavori. Un imprenditore a tutto tondo che ha avuto una crescita esponenziale dalla costituzione del consorzio SIS, dal 2004 anni in cui certamente le dimensioni aziendali erano incomparabili a quelle attuali. Competenti nella esecuzione dei lavori, seri e meticolosi nella realizzazione delle opere realizzate a perfetta regola d’arte. Insomma, affidabili.
Ciò però non toglie che debba esserci una dualità tra Amministrazione Pubblica ed imprenditore, che debba esserci una terzietà con il direttore dei lavori e chi deve controllare ogni spesa ed ogni passo dell’imprenditore. Ribadisco: la concessione SPV non è una cambiale in bianco firmata dalla Regione Veneto
Lei era d’accordo con il progetto della Pedemontana?
Assolutamente sì, il Veneto, il suo tessuto industriale ha necessità di questa infrastruttura e probabilmente di molte altre, come la VIA del Mare. La pianificazione trasportistica è essenziale però a creare sistemi nodali intelligenti e funzionali. Le priorità e le gerarchie vanno dichiarate, non possono essere cancellate infrastrutture come la Nogara Mare e poi magari ricordarsi della VIA del Mare, chiusa in un cassetto ed impolverata da dieci anni, senza bandire una nuova procedura ad evidenza pubblica.
Molti criticano la Pedemontana veneta anche per l’impatto ambientale, cosa ne pensa?
Un’opera del genere comporta, ahimè, degli impatti ambientali ancorché limitati spazialmente. Certamente l’approccio ai progetti costruttivi delle gallerie, l’interferenza con discariche pregresse non censite, le problematiche di cantierizzazione, la limitazione della moria di volatili per non aver prontamente posto dei banali adesivi sulle barriere fonoassorbenti dovevano essere affrontate con maggiore attenzione e con più ampia condivisione e disponibilità nei confronti della popolazione. Leggo spesso di un conflitto continuo, sugli espropri, in merito all’inquinamento acustico, al rischio di crolli e dissesti negli edifici, insomma una faticoso ma continuo avanzare che non può essere solo “ruspa”, ma anche e soprattutto condivisione, cautela e mitigazione relativamente agli impatti ambientali e sociali.
Cosa si aspetta dal futuro?
Ma, guardi, ipotizzo essenzialmente 3 scenari: il primo è che il traffico per imperscrutabili ragioni del mercato aumenti sensibilmente e ciò, ad esempio, può essere coadiuvato dalla realizzazione di uno stabilimento come quello di Amazon (il geometra Matterino Dogliani e la INC se ne sono già attivamente occupati in Basilicata. Operazione, comunque, naufragata.), il secondo è che la Regione tenti ancora una volta una operazione di “salvataggio” nei confronti di sé stessa (questa volta) e della SIS, come avvenuto già con la terza convenzione. In particolare, tenterà di fondere società come la SPV con altri concessionari a diretta partecipazione statale o regionale (ad esempio il CAV), in tal modo le perdite della SPV saranno mitigate, annacquandole tra gli utili delle altre concessionarie.
E il terzo?
Chi vivrà vedrà…
[di Gloria Ferrari]
L’Autostrada del Sole oggi grazie ai lacci e lacciuoli non l’avremmo mai costruita