Tracce di mRNA vaccinale presenti all’interno del latte materno di alcune donne: è questo ciò che è emerso da uno studio recentemente pubblicato sulla rivista JAMA Pediatrics, il cui fine era quello di comprendere se l’RNA messaggero dei vaccini anti-Covid potesse essere rilevato nel latte delle donne vaccinatesi entro 6 mesi dal parto. Per arrivare ad avere una risposta a riguardo, i ricercatori hanno precisamente coinvolto nello studio 11 donne in allattamento che si erano sottoposte al vaccino Pfizer o Moderna in questo arco di tempo, chiedendo loro di “raccogliere e congelare immediatamente i campioni di EBM (latte materno espresso) in casa sino al trasporto in laboratorio”. Alla fine, i risultati hanno mostrato che tracce di mRNA di entrambi i vaccini erano presenti nel latte di alcune delle partecipanti “fino a 45 ore dopo la vaccinazione”.
Nello specifico, dopo aver raccolto ed analizzato “campioni di EBM prima della vaccinazione (controllo) e per 5 giorni dopo la vaccinazione” – con un totale di “131 campioni raccolti da 1 ora a 5 giorni dopo la somministrazione del vaccino” – le tracce di RNA messaggero sono state “rilevate in 7 campioni di 5 diversi partecipanti in vari momenti fino a 45 ore dopo la vaccinazione”. L’analisi è stata precisamente condotta su diverse “frazioni del latte”: sull’EBM intero, sul grasso, sulle cellule e sulle vescicole extracellulari (EV), e ad essere emerso è il fatto che “l’mRNA del vaccino appaia in concentrazioni più elevate nelle vescicole extracellulari rispetto al latte intero”, mentre “nessun mRNA del vaccino anti Covid è stato rilevato nel grasso dell’EBM o nelle cellule”.
Inoltre, non è stata rilevata alcuna traccia di mRNA vaccinale nei campioni raccolti oltre 48 ore dopo la vaccinazione ed è per questo motivo, dunque, che i ricercatori sono arrivati ad una conclusione che sembra alquanto azzardata. “La presenza sporadica e le tracce di mRNA del vaccino anti-Covid rilevate nell’EBM suggeriscono che l’allattamento al seno dopo essersi sottoposti ad un vaccino ad mRNA è sicuro, in particolare oltre 48 ore dopo la vaccinazione”: questo è infatti è uno dei concetti espressi nello studio, che tuttavia non può che far sorgere dubbi e perplessità. In tal senso, non solo nello studio si legge che “questi dati dimostrano per la prima volta a nostra conoscenza la biodistribuzione dell’mRNA del vaccino anti-Covid nelle cellule mammarie e la potenziale capacità delle EV tissutali di impacchettare l’mRNA del vaccino che può essere trasportato a cellule distanti”, ma anche che il lavoro condotto ha dei “limiti”, tra cui il fatto di non aver testato “la possibile esposizione cumulativa all’mRNA del vaccino dopo un frequente allattamento al seno nei bambini” e “la dimensione del campione relativamente piccola”. È per questo, quindi, che i ricercatori successivamente specifichino da un lato di ritenere l’allattamento dopo la vaccinazione delle donne “sicuro”, ma dall’altro che sia “necessaria cautela nell’allattare al seno i bambini di età inferiore ai 6 mesi nelle prime 48 ore dopo la vaccinazione materna fino a quando non saranno condotti ulteriori studi sulla sicurezza”.
Del resto, come premesso nelle prime righe della ricerca, “gli studi clinici iniziali sul vaccino ad mRNA hanno escluso diversi gruppi vulnerabili, compresi i bambini piccoli e le donne che allattano”. Non è un caso, dunque, che “la Food and Drug Administration statunitense abbia rinviato la decisione di autorizzare i vaccini anti-Covid ad mRNA nei confronti dei bambini di età inferiore ai 6 mesi fino a quando non saranno disponibili più dati”. D’altra parte, però, “i Centers for Disease Control and Prevention raccomandano di offrire i vaccini anti-Covid ad mRNA alle persone che allattano al seno“: un dettaglio alquanto enigmatico visto che – come sottolineato dagli stessi ricercatori – “non è stato studiato il possibile passaggio dell’mRNA del vaccino nel latte materno con conseguente esposizione dei bambini con meno di 6 mesi”.
[di Raffaele De Luca]