domenica 22 Dicembre 2024

I BRICS valutano l’introduzione di una valuta comune

I paesi BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) stanno concretamente esplorando la creazione di una nuova valuta di riserva che, per servire meglio i loro interessi economici, si baserà su un paniere formato dalle valute dei cinque Paesi. La questione non è una novità ma la situazione geopolitica e geoeconomica mondiale attuale pone certamente un’accelerazione allo strutturarsi di nuove istituzioni economiche e politiche che non dipendano dall’esclusiva volontà di Washington. Alla fine di settembre si è tornati a parlare della necessità per i Paesi BRICS di costituire una propria moneta di riferimento, durante un panel di esperti ospitato dal Valdai Club – think thank russo – inerente la prospettiva di allargamento del gruppo dei Paesi BRICS come anche della Shanghai Cooperation Organization (SCO), composta da Cina, India, Russia, Kazakhstan, Kirghizistan, Pakistan, Tagikistan e Uzbekistan.

“La possibilità e le prospettive di creare una moneta unica comune basata su un paniere di valute dei paesi BRICS è in discussione”, ha detto il diplomatico russo Pavel Knyazev, in occasione dell’incontro. Secondo Knyazev gli Stati membri stanno “studiando attivamente meccanismi” che permettano lo scambio di informazioni finanziarie col fine di sviluppare un’alternativa affidabile per i pagamenti internazionali.
I BRICS, infatti, prevedono di costruire un’infrastruttura finanziaria congiunta che consentirà contrastare il dominio del dollaro e degli special drawing rights (diritti speciali di prelievo) del Fondo Monetario Internazionale (FMI). “Estendendo gli insediamenti in valuta locale, i paesi della SCO ridurrebbero il rischio di essere puniti dagli Stati Uniti con mezzi finanziari, come il congelamento dei beni in dollari USA coinvolti nel commercio dei paesi SCO”, ha dichiarato Dong Dengxin, Direttore del Finance and Securities Institute dell’Università di Wuhan.

Anche nell’ultimo incontro dei BRICS, la 14° riunione tenuta nel giugno scorso, è stato affrontato il tema economico-politico riguardante la supremazia statunitense del dollaro, e non certamente per la prima volta. Infatti, ben prima dello scoppio del conflitto russo-ucraino/NATO la questione era sul tavolo dei Paesi BRICS, consci del fatto che gli Stati Uniti detengono un potere economico-finanziario smisurato, potendo decidere, da un giorno all’altro, di congelare fondi di Stati sovrani che hanno la sola colpa di non voler seguire ciecamente le volontà di Washington e i suoi interessi. Con lo scoppio della guerra e le immediate sanzioni alla Russia, ciò è diventato ancor più palese e di urgente risoluzione.  A livello mondiale la risposta alle sanzioni occidentali non è stata come quella sperata dai committenti delle suddette sanzioni, le quali hanno invece accentuato una linea di condotta già in atto da qualche anno a questa parte e che ha visto molti Paesi stipulare accordi di commercio bilaterali basati sulle proprie valute anziché sul dollaro. Il conflitto ha mostrato però che questo non basta per mettersi al riparo dalla volontà egemone statunitense e che è necessario operare una più stretta collaborazione che dia vita ad una nuova moneta di riferimento globale oltre ad una nuova infrastruttura di organizzazioni internazionali che si smarchi da quelle attuali dominate dagli Stati Uniti.  A fronte di un rafforzamento del dollaro si assiste ad una forte svalutazione di tutte le valute a livello mondiale, tranne il rublo russo che, al contrario di quanto annunciato con la promulgazione delle sanzioni occidentali, ha rafforzato la sua posizione. La rupia indiana e lo yuan cinese hanno visto salire molto la svalutazione rispetto al dollaro, segnando un valore di forte controtendenza rispetto al rafforzamento che avevano stabilito nell’ultimo decennio.

Il paniere di valute su cui si baserebbe la nuova moneta targata BRICS attirerebbe le riserve valutarie degli stessi Paesi dell’organizzazione e molto probabilmente anche da nazioni orbitanti nella loro sfera di influenza, come i membri della Shanghai Cooperation Organization, alcuni Paesi dell’Asia meridionale e del Medio Oriente ma anche del Sud America e dell’Africa. Ricordiamo infatti che nell’ultimo summit tenutosi a giugno scorso, Iran, Argentina e Algeria hanno fatto richiesta formale di adesione al gruppo dei BRICS.
Il processo di allargamento è fortemente voluto dalla Cina che ha già presentato più volte l’opportunità di un progetto BRICS+, su cui si è paventata una possibile adesione di Arabia Saudita, Egitto, Senegal, Nigeria, Turchia, Indonesia.

A prescindere che l’allargamento venga compiuto o meno, ed eventualmente dai tempi di questo allargamento, ciò che pare certo è la comune volontà dei BRICS – e non solo – di smarcarsi dall’egemonia statunitense tramite una de-dollarizzazione del mercato finanziario mondiale con la nascita di un sistema finanziario alternativo alle istituzioni della globalizzazione neoliberale del Washington Consensus.

[di Michele Manfrin]

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