Continuano ad arrivare dati allarmanti sul numero di piccole e medie imprese destinate a chiudere nei prossimi mesi, a causa dei costi sempre maggiori e della crescente difficoltà a stare sul mercato. Quello che però sembra essere un paradosso è che molti imprenditori affermano che saranno costretti a chiudere nonostante abbiano molti ordini già approvati o attività con una clientela che rimane numerosa. Perché quindi non riusciranno a rimanere aperti, nonostante il fatturato sia ancora alto?
I motivi possono essere di due tipi:
Il primo è che l’imprenditore, che negli anni buoni ha messo da parte un discreto patrimonio personale, ora non è disposto a rimettere in azienda parte di quei soldi accumulati per tenerla in piede. Spesso sono imprenditori anziani che non vedono comunque un futuro per la loro attività, perché non ci sarebbe un ricambio generazionale. O semplicemente non si fanno scrupoli a lasciare al proprio destino i propri collaboratori, dopo che per anni hanno chiesto loro di fare sacrifici perché “siamo una grande famiglia”. Lungi dal volerli giudicare moralmente, va comunque detto che queste persone appartengono di fatto alla categoria dei “prenditori” e non degli Imprenditori.
Il secondo caso invece è più drammatico. Sebbene il fatturato cresca i margini rimangono bassi (o si azzerano) poiché a fronte di costi maggiori non si ha la forza commerciale per alzare i prezzi. E questo dipende molto spesso dal fatto che queste aziende negli anni non hanno scelto i propri clienti, ma si sono fatti passivamente scegliere. Questo è un grosso problema, perché se la clientela che è arrivata corrisponde alla categoria di coloro che scelgono unicamente sulla base del prezzo, ora l’imprenditore sa che se li alzerà perderà automaticamente buona parte della clientela. Succede soprattutto nel caso si lavori principalmente per poche e grandi aziende. Chi vende sa di essere ricattabile, perché perdere anche solo uno di questi clienti significa rinunciare ad una fetta consistente di fatturato. Senza la quale non si può più fare fronte ai costi. La classica spirale autodistruttiva.
Purtroppo questo secondo caso è il più frequente, ed è il frutto di un errore strategico che parte da lontano. Ovvero dal non aver mai lavorato e investito per creare una propria reale unicità sul mercato. Nel momento in cui si offrono prodotti e servizi simili si è facilmente sostituibili. Ma se si è i soli (o tra i pochissimi) ad offrire qualcosa di speciale ecco che ci si può permettere il lusso di dettare le regole. E soprattutto di stabilire i prezzi.
La drastica selezione a cui assisteremo nei prossimi mesi, quindi, non sarà solo il frutto di una politica italiana inesistente, di un mercato finanziario in mano agli speculatori o dei conflitti geopolitici. Ma sarà anche la cartina tornasole di quella che era un situazione già precedentemente molto fragile.
Prenderne coscienza non renderà meno traumatica e dolorosa la situazione che vivranno tante famiglie, ma dovrebbe quanto meno far comprendere a chi gestisce un’azienda che il tempo dell’attesa passiva è finito. O troverà un modo per rendere unica la propria azienda o rischierà di finire tra coloro che saranno espulsi nei prossimi mesi dal mercato.
[di Fabrizio Cotza]
Quando l’aereo cade, la colpa è di chi muore. In tutti i casi il neoliberismo non ammette scuse, la colpa è di chi fallisce, sempre.