Nelle ultime settimane sta facendo molto discutere la pubblicazione di un documento che mette in dubbio l’emergenza climatica in corso. Il rapporto – dal titolo “There is no climate emergency” (“Non c’è nessuna emergenza climatica”) critica l’attuale campagna mediatica in fatto di crisi climatica, definendola catastrofista. Il documento in questione in realtà non è uno studio, ma un breve appello, nel quale si afferma che il cambiamento climatico non ha origine antropica e che comunque procede più lentamente del previsto, che la CO2 è sostanza salvifica per la Terra e che non è vero che il surriscaldamento sta aumentando i disastri naturali. A fare rumore è stato appunto il modo in cui il documento è stato pomposamente presentato, ovvero come l’appello firmato da oltre 1.100 “scienziati ed eminenti studiosi della materia”. Eppure, basta spulciare la lista dei firmatari per accorgersi che diverse cose non tornano, a cominciare da un pesante indizio di conflitto d’interessi: l’elenco degli esperti che hanno firmato è infatti pieno zeppo di dipendenti a libro paga delle multinazionali fossili.
Di fronte a uno studio del genere, che pone in profondo dubbio il 99% delle ricerche scientifiche pubblicate bollandole come manipolazioni, c’è una prima domanda che è obbligatorio farsi: chi potrebbe avere l’interesse a far credere che non esista alcuna questione climatica? E se tra i firmatari dell’appello si trovano numerosissimi dipendenti e collaboratori delle industrie che sono accusate di esserne i maggiori responsabili e che hanno più da perdere dalla transizione energetica è ovvio che il dato pone una scure enorme sulla credibilità del lavoro.
Tra i firmatari figurano, ad esempio: l’australiano Mark Henschke, geologo esperto in attività estrattive Oil and Gas; gli olandesi Ton J.T. Grimberg, consulente finanziario professionista del settore idrocarburi, e Godard Hazeu, ex Direttore Tecnico della compagnia petrolifera statale olandese EBN. Poi, ancora dai Paesi Bassi, Jan Horstink, scienziato terrestre impegnato in progetti di esplorazione fossile, e Jan C. de Jong, esperto di ingegneria energetica con un’affermata carriera nell’industria dei combustibili inquinanti. Dalla Norvegia, Knut Åm, geoscienziato che ha ricoperto incarichi presso il Geological Survey of Norway, la Statoil (azienda petrolifera norvegese), nonché diverse posizioni nella Phillips Petroleum Company sia in Norvegia che negli Stati Uniti. Compare poi il britannico Neils C. Arveschoug, geofisico afferente alla start-up Oil E&P Company. Infine, dagli Stati Uniti, Jim Folcik, manager per le estrazioni fossili. Ma arriviamo in Italia, dove i potenziali conflitti di interessi appaiono ancor più espliciti. Tra i firmatari del Bel Paese figurano, infatti, tre profili direttamente afferenti alla multinazionale petrolifera ‘nostrana’ ENI: due geologi, Achille Balduzzi e Pino Cippitelli e, addirittura, il dirigente Franco di Cesare. A questo punto non dovrebbe sorprendere se nella carrellata di figure coinvolte comparisse anche Rinaldo Sorgenti, Vice Presidente di ASSOCARBONI. Ed è proprio così: a negare la crisi climatica c’è anche quindi l’Associazione che rappresenta oltre 40 aziende impegnate nell’utilizzo, produzione e vendita del carbone, la fonte energetica in assoluto più inquinante e impattante sul clima, l’ambiente e la salute pubblica.
Nel complesso, dovrebbe poi far discutere che il 16% delle firme appartenga a professionisti ormai in pensione e che quasi il 30% sia relativo ad un profilo la cui professione è (o è stata) legata alla geologia. Scienza di tutto rispetto, quest’ultima, che tuttavia, spesso, ha tra i suoi sbocchi più diretti e remunerativi proprio gli impieghi al servizio dell’industria fossile. Insomma, sebbene il Climate Intelligence Group (CLINTEL) – la fondazione redattrice del rapporto in questione – si auto dichiari indipendente, tutto fa pensare che non lo sia affatto, quantomeno nei curriculum dei suoi esponenti. E inoltre, a dirla tutta, non si può nemmeno affermare che questa possa contare su un numero significativo di adesioni. 1.200, in totale, compresi i 1.107 firmatari del discutibile documento. Un numero, quest’ultimo, che anche fosse costituito da soli scienziati, non sarebbe in ogni caso particolarmente degno di nota. In tutto il mondo, i soli ricercatori climatici e ambientali sono milioni e, almeno stando alle pubblicazioni scientifiche reperibili, il 99.9% è d’accordo che siano state le attività antropiche ed industriali e, in particolare, l’utilizzo incontrollato di fonti fossili, ad aver accelerato il cambiamento climatico. Una percentuale emersa dall’analisi di 88.125 studi sul clima e da una ricerca che ha aggiornato un precedente studio del 2013, dal quale era già emerso che il 97% degli studi pubblicati tra il 1991 e il 2012 supportava l’origine antropogenica di un più accentuato riscaldamento globale.
Per quanto riguarda la questione della crisi ambientale e climatica in atto la nostra redazione ha già specificato più volte la sua posizione, specialmente in un editoriale intitolato “La transizione necessaria e il gioco delle élite globali“. Piccolo riassunto: contrastare il modo in cui la crisi viene gestita politicamente ed economicamente e denunciare il fatto che diverse multinazionali vedono nella transizione energetica una gallina dalle uova d’oro non deve spingere a negare l’innegabile. L’obiettivo è informare e battersi affinché i cittadini esigano una transizione al servizio loro e non del solito 1%.
Eppure ci sono diversi studi seri che smentiscono o cmq mettono fortemente in dubbio l’origine antropica del cambiamenti scienziati come Franco Battaglia, Francesco Marino, Daniele Mazza, Franco Prodi, Carlo Rubbia, e tanti altri qualche dubbio e qualche prova la mettono sul piatto.
Ma basterebbe osservare in un qualunque programma lo spettro di emissione IR della CO2 in confronto all H2Ovap mettendo in relazione anche la qtà in ppm dei due per avere qualche serio dubbio sulla questione, come anche le non azzeccate previsioni di quasi tutti i modelli matematici che tentano di condurre tutto alla CO2 come amplificatore del cambiamento climatico.
Poi certamente ognuno ha la propria opinione o decide di nn considerare tali voci, un po’ come è successo in ambito covid con il nobel Montagner o pensare che tutto è voluto dalle aziende petrolifere e co. In quest’ultimo caso, nn si farebbe peccato a pensare che dall’altra parte, ci possa essere un un forte interesse a far percepire un’origine antropica del problema.
Condivido pienamente la “posizione della redazione” riguardo la questione della crisi ambientale e climatica.
Purtroppo c’è sempre più confusione e sospetto riguardo a studi scientifici, ultimamente manipolati e strumentalizzati spesso per fini politici ed economici. Bisogna mantenere lucidità e usare vera conoscenza e chiara logica.
Il copione è sempre lo stesso: si commissiona un finto studio/ricerca, pagando profumatamente pseudo-esperti, professionisti, opinionisti etc che dimostri che a) il tabacco allunga la vita oppure b) le radiazioni e.m. fanno bene al cervello oppure c) che il climate change è una bufala etc etc e il gioco è fatto, grazie ai social l effetto sui media viene moltiplicato e si riesce a ritardare il cambiamento di altri 5 o anche 10 anni…così va il mondo oggi e anche domani,vista la crescente disponibilità finanziaria delle multinazionali 🙁