domenica 22 Dicembre 2024

ONU: la Cina mette in minoranza gli USA sulla questione uigura

Qualche giorno fa, il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite (OHCHR) si è rifiutato di discutere delle sue “preoccupazioni” riguardanti le eventuali violazioni dei diritti umani nello Xinjiang, regione autonoma della Repubblica Popolare Cinese che è fortemente accusata di perseguitare e sfruttare la minoranza etnica degli uiguri. Sebbene si parli addirittura di vero e proprio genocidio culturale, l’ONU ha voltato le spalle alla faccenda, mettendo in mostra gli equilibri di potere diplomatico e politico che la Cina riesce oggi a esercitare.

Il 6 ottobre 2020 i 47 membri del Consiglio si sono riuniti per votare l’eventuale analisi di un report pubblicato il 31 agosto 2022, un controverso documento in cui gli osservatori dell’organizzazione riportavano il fitto elenco degli abusi che Beijing avrebbe imposto al popolo di prevalenza musulmana uiguri. “Controverso” sia perché le denunce al suo interno, per quanto gravi, sono esposte in maniera estremamente cauta, sia perché le impressioni dei tecnici sono state presentate pubblicamente a pochi minuti di distanza dal termine del mandato di Michelle Bachelet, Commissaria per i diritti umani delle Nazioni Unite. L’impressione generale è che la politica si sia assicurata una gestione delle tempistiche tale da permetterle di svincolarsi dal difficile argomento, una lettura che viene assecondata dunque dalle statistiche riportate dalla UN Watch, organizzazione non governativa che ha riscontrato in Bachelet la tendenza a mostrarsi accomodante nei confronti delle dittature più influenti.

A prescindere che si voglia o meno dubitare della buona fede dell’ormai ex-Commissaria, l’intera faccenda ha minato la credibilità dell’OHCHR, la quale aveva in passato ricevuto pressioni dal Governo cinese per insabbiare le valutazioni espresse a riguardo della situazione in Xinjiang. La votazione tenutasi lo scorso giovedì rappresentava dunque una possibilità di riscatto per il Consiglio, un’occasione per lacerare ogni dubbio che ha ammantato negli anni l’intera faccenda, tuttavia i fatti raccontano un risultato diverso: 17 Governi hanno supportato la discussione, 19 si sono opposti, 11 si sono astenuti. L’ONU ha dunque ripudiato i contenuti di un suo stesso report, mettendo in luce gli effetti di una battaglia che è perlopiù rappresentativa degli scontri tra USA e Cina.

La mozione era infatti stata fortemente promossa dagli Stati Uniti e dalle nazioni vicine a Washington, ma il Partito Comunista Cinese ha praticato una campagna di lobby di tale efficacia che persino molte nazioni musulmane si sono rifiutate di discutere i contenuti del rapporto. Perché, vale la pena sottolinearlo, il Consiglio per i diritti umani non doveva decidere se aprire o meno un’indagine ufficiale, doveva semplicemente vagliare se fosse il caso di discutere la situazione degli uiguri in vista di quanto l’organizzazione stessa ha riscontrato.

Il riscontro ottenuto dal documento ha mostrato nuovamente la fiacchezza delle Nazioni, offrendo ai detrattori delle Nazioni Unite un arma con cui colpire il ventre molle dell’istituzione stessa. A essere preoccupanti sono anche le possibili ripercussioni all’interno delle nazioni musulmane che hanno ceduto all’influenza cinese: i cittadini di Paesi quali il Kazakistan manifestano vocalmente la loro posizione avversa alle politiche cinesi nello Xinjiang e lo scostamento tra classe dirigente e popolo potrebbe essere facilmente sfruttato dai fondamentalisti d’opposizione, se non direttamente dai terroristi d’ispirazione islamica. La decisione dell’Alto Commissariato di non analizzare la complicata situazione si dimostra dunque un fallimento su ampia scala. Gli unici che possono festeggiare sono forse i politici cinesi.

[di Walter Ferri]

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