La Francia è ormai in ginocchio da settimane dalla penuria di carburante presso le stazioni di servizio causata dallo sciopero indetto dal sindacato CGT (Confédération Général du Travail) che rappresenta i dipendenti dei colossi petroliferi TotalEnergies, francese e ExxonMobil statunitense e che prosegue da tre settimane: una stazione di rifornimento su tre a livello nazionale si trova priva di combustibili. I dipendenti delle compagnie petrolifere chiedono un aumento del 10% dei loro stipendi, soprattutto in considerazione degli extraprofitti delle multinazionali del settore e dell’inflazione che ha colpito tutta l’Europa. A fronte, infatti, di un continuo aumento dei prezzi, gli stipendi dei lavoratori rimangono invariati. Lo sciopero ha creato enormi disagi e problemi di ordine pubblico nel Paese, dove a volte si formano code di chilometri ai distributori di benzina e non sono mancati episodi di litigi e tensioni tra gli automobilisti per accaparrarsi l’ultima tanica di carburante o per saltare la coda: alcune categorie come quella di medici e infermieri hanno chiesto un accesso prioritario ai rifornimenti per poter giungere sul luogo di lavoro, mentre molti tassisti hanno dovuto sospendere l’attività perché non riescono a fare il pieno, creando così chilometri di code negli aeroporti di Parigi. Le regioni più colpite sono l’Hauts-de-France e l’Ile de France, dove rispettivamente è coinvolto il 48,4 per cento e il 33,9 per cento dei distributori.
Sulle sette raffinerie totali presenti sul suolo francese – un’altra si trova in Martinica – sei continuano a rimanere inattive a causa degli scioperi, comprese quelle di Notre-Dame-de-Gravenchon (Normandia) e Fos-sur-Mer (non lontano da Marsiglia) che lunedì hanno raggiunto un’intesa su un accordo quadro: ciò ha suscitato grandi preoccupazioni nell’amministrazione francese, tanto che il portavoce del governo, Olivier Veran, ha fatto sapere che «non permetteremo che il blocco continui». E difatti, la prima ministra, Elisabeth Borne, ha annunciato la precettazione «del personale indispensabile al funzionamento dei depositi». Le precettazioni sono iniziate ieri dalla raffineria Esso-Exxon Mobil di Gravenchon-Port-Je’rome, in Normandia, ma rischiano di indisporre ancora di più i manifestanti che vedono sotto attacco il loro diritto di sciopero. Con l’ordine di precettazione, infatti, chi non tornerà al lavoro potrà essere multato o addirittura arrestato e le forze dell’ordine sarebbero autorizzate a sanzionare i dipendenti dei due colossi petroliferi: per questa ragione, le proteste si sono ulteriormente inasprite e i manifestanti hanno deciso all’unanimità di continuare l’astensione dal lavoro che ha raggiunto oggi il ventiquattresimo giorno: si tratta di un record per il settore in questione.
La CGT ha definito illegali le precettazioni e il suo segretario, Thierry Defresne, all’uscita da una riunione con la direzione di TotalEnergies – la prima dall’inizio della crisi – ha spiegato che l’azienda «accetta lo sciopero nelle strutture, ma auspica il riavvio delle consegne degli stock prima ancora del riavvio degli impianti». Il presidente Emmanuel Macron, da parte sua, ha lanciato «un appello alla responsabilità», affermando che la precettazione era indispensabile: «Bisognava farlo, non si può lasciare il Paese bloccato perché qualcuno si vuole spingere sempre più in là», ha asserito. Secondo il capo dell’Eliseo, dunque, la situazione tornerà alla normalità la prossima settimana. Lo stesso ha anche spiegato che le aziende hanno realizzato profitti significativi, distribuendo molto ai loro azionisti; tuttavia, sono state molto lente in termini di redistribuzione ai loro dipendenti.
Alcune sigle sindacali francesi avevano raggiunto un accordo mediato dal governo lo scorso lunedì, ma non la CGT, a cui sono iscritti la maggioranza dei lavoratori del settore: i vertici del sindacato hanno reso noto che gli scioperi andranno avanti finché non saranno accolte le due richieste più importanti: aumento del 10% del salario per fronteggiare l’inflazione e una percentuale sugli extra-profitti registrati negli ultimi mesi da Total e ExxonMobil. Il timore è quello che – dopo la decisione di precettazione – le proteste e gli scioperi, invece di sedarsi, possano estendersi anche ad altri settori, per esempio quello dell’energia nucleare, e coinvolgere la maggioranza dei lavoratori a livello nazionale in segno di solidarietà, qualora non venissero soddisfatte le richieste degli scioperanti. A questo punto la crisi potrebbe coinvolgere l’intero settore energetico. Sono in molti, infatti, a soffrire le conseguenze dell’inflazione a causa del mancato adeguamento dei salari al carovita.
Inoltre, la situazione espone Macron ad un insuccesso politico che può facilmente essere cavalcato dagli avversari del partito: la Nuova Unione Popolare di Jean-Luc Mélanchon, ad esempio, ha convocato a Parigi una marcia, prevista il 16 ottobre, contro il caro vita e la riforma delle pensioni che cade proprio in uno dei momenti più incendiari per il Paese e che potrebbe, dunque, sfociare in un altro movimento come quello dei gilet gialli che preoccupa non poco il capo dell’Eliseo.
[di Giorgia Audiello]