La Nuova Zelanda si appresta a diventare la prima nazione al mondo nella quale esisterà una tassa specifica sugli allevamenti intensivi. E si tratta di questione non da poco anche per l’isola oceanica, che è grande produttrice di animali da allevamento. Un impregno preso dopo aver dichiarato l’emergenza climatica nel 2020, prevedendo dunque una serie di azioni per ridurre rapidamente le emissioni. È stata la prima ministra Jacinda Andern a dare notizia del piano, che entrerà in vigore dal 2025. Una scelta che arriva dopo tre anni di consultazioni, ma che già provoca lo scontento degli allevatori. Nello specifico verranno fissati annualmente i prezzi dei gas cosiddetti “a lunga vita” come l’anidride carbonica, basandosi sui prezzi delle emissioni nazionali di altri settori. Per la tassa sul metano invece, verranno effettuati calcoli partendo dai pareri della Commissione per il clima.
In Nuova Zelanda abitano 5 milioni di persone ma esistono 10 milioni di bovini da carne e da latte e 26 milioni di pecore, e non è un mistero quanto gli animali da allevamento producano ingenti quantità di gas (in particolare metano, ma anche protossido di azoto dalle urine). Ecco perché dalla dichiarazione di emergenza climatica a oggi è stata studiata una via d’uscita, tradotta in una manovra che però non piace a tutti i cittadini. I futuri “tassati”, organizzati nel Federated Farmers, si sono mobilitati contro la volontà del governo. A parere di allevatori e agricoltori, tassare gli allevamenti causerebbe gravi danni economici specialmente nelle realtà più piccole del Paese influenzando in negativo la produzione alimentare. Alcuni sono dunque pronti a contrastare il piano che mira a ridurre le emissioni di metano degli animali da allevamento del 10% entro il 2030 e fino al 47% entro il 2050, nonché uno degli step di uno schema d’azione ben più ambizioso, quello cioè di ridurre le emissioni di gas serra e rendere il Paese carbon neutral entro il 2050.
Una situazione che lascia presagire tensioni sociali analoghi a quelli che hanno recentemente attraversato l’Olanda, e che il governo neozelandese pare aver preso maggiormente in considerazione, dato che la proposta legislativa prevede incentivi finanziari destinati alle aziende che introdurranno tecnologie per ridurre le emissioni. Tuttavia la misura non è considerata abbastanza. Inoltre, i proventi delle tasse verranno reinvestiti nel medesimo settore degli allevamenti, per finanziare la conversione a nuove forme di allevamento maggiormente sostenibili. Una soluzione che scontenta anche gli animalisti, dato che il Paese non pare avere come obiettivo quello di diminuire il numero di bestie mandate al macello ogni anno.
Si tratta quindi, come nel caso olandese, di uno dei primi esempi di nazione che decide di muovere passi reali rivedendo la propria produzione per diminuirne l’impatto ecologico. Una vicenda da seguire con attenzione: dalla capacità dei governi di perseguire la transizione produttiva senza farla pagare ai cittadini passerà la sostenibilità anche sociale della stessa.
[di Francesca Naima]