Un’intelligenza artificiale ha raggiunto le camere del potere. Non si è trattato, come spesso si teme, dell’avvento di un supercomputer in grado di sostituirsi alla classe politica, bensì di un robot di matrice “artistica” che ha esposto alla Camera dei Lord britannica la sua opinione sulle potenzialità delle IA nel settore creativo. L’espediente è stato elaborato in maniera scenografica e formale, un trionfo pubblicitario per Aidan Meller, creatore e gallerista della macchina in questione, meno per i diplomatici, ormai soggetti alle sferzanti ironie di quella stampa inglese che celebra l’arrivo di una qualsiasi forma di intelligenza all’interno del Parlamento.
Lo strumento, noto come Ai-Da, ha risposto a dubbi e domande dei Lord, i quali hanno avuto dalla loro parte la cortesia di consegnare la lista dei quesiti ben prima che si consumasse l’incontro, un’accortezza che ha permesso al modello di linguaggio del robot di preparare in anticipo dei riscontri di alta qualità. Come capita in occasione di tutte le interviste concordate, il dibattito si sarebbe dovuto consumare senza grossi colpi di scena, tuttavia la genuina ignoranza degli ascoltatori e alcuni intoppi nell’artista cibernetica hanno comunque assicurato il manifestarsi di imprevisti.
Nello specifico, Ai-Da ha reagito al cordiale saluto della Baronessa Liberal Democratica Lynne Featherstone divenendo totalmente inoperativa. Meller non è dunque più riuscito a ristabilire le funzioni della sua creatura e ha dovuto incerimoniosamente riavviarla. I presenti non hanno mancato di notare che per l’occasione l’uomo le abbia inforcato degli spessi occhiali da sole, una soluzione che i politici pensavano inizialmente fosse connessa alle videocamere innestate nei bulbi oculari dello strumento, ma che nei fatti serve a mascherare le espressioni perturbanti che i muscoli metallici assumono nel momento dell’accensione. «Smorfie interessanti», le ha chiamate Meller.
Featherstone ha cercato di comprendere quanto l’intelligenza artificiale fosse controllata dal suo operatore – dal «marionettista» –, ma è rimasta stupita nello scoprire che le sue possibilità esecutive della macchina siano più che altro connesse a una mole tanto imponente di dati da poter virtualmente toccare l’intero internet. Si tratta di un presupposto che ha «parzialmente terrificato» la diplomatica, se non altro perché il bacino di contenuti «si alimenta con tutti i film in cui le IA acquisiscono il controllo del mondo». Nonostante i vaghi timori dei legislatori, Ai-Da rappresenta oggi la versione contemporanea degli automati del 1800, è poco più che un fenomeno da baraccone da portare alle grandi “corti” per sollazzare un pubblico di entusiasti spettatori.
Tutt’altra faccenda sono gli algoritmi che alimentano la generazione di immagini, quelli rappresentano la parte più sofisticata dell’intelligenza artificiale in questione e sono la vera “insidia” che preoccupa coloro che operano nel settore creativo. I mezzi messi a disposizione da realtà quali Midjourney o Dall-E sono ormai vicini al potersi sostituire effettivamente agli illustratori e ai pittori più didascalici, tuttavia, come fa notare anche Ai-Da, questa “minaccia” non è dissimile da quella che la fotografia aveva rappresentato due secoli fa per i dipinti. Con il senno di poi, possiamo affermare che gli allarmismi inerenti all’estinzione del formato pittorico fossero quanto mai esagerate, quindi non è difficile credere che la tecnica a base IA sia destinata ad affiancare, più che sostituire, gli approcci convenzionali.
[di Walter Ferri]